RAZZISMO? TRATTASI SOLO DI UNA GUERRA TRA SPACCIATORI E CAMORRISTI
I NIGERIANI NON PORTANO RISPETTO AL 'SISTEMA' E RICEVONO UNA DURA LEZIONE
I CASALESI NON ACCETTANO CHE LA MAFIA AFRICANA SPADRONEGGI A CASA LORO

Roberto Galullo per il Sole 24 Ore

'O Sistema e la mafia nera di nuovo faccia a faccia. Il volto bianco dei Casalesi e quello nero degli extracomunitari contrapposti dopo oltre 20 anni di convivenza nel nome degli affari. Vecchi e nuovi. In questo gioco di violenza e di colori allo specchio, l'anima nera dei Casalesi, sporca e spregiudicata, si contrappone innanzitutto a quella bianca dei nigeriani, mafiosi calcolatori che però odiano la violenza al punto da temere la scalata degli albanesi e la loro ferocia.

I santini della camorra contro le magie delle tribù Igbo, Yoruba, Bini ed Edo che con i riti woodoo tengono legati a filo doppio i criminali sguinzagliati in tutto il mondo, addestrati a Benin City e Lagos. Dietro la strage che ha portato all'eccidio di sei africani (da Ghana, Togo e Liberia) sulla statale domiziana - e che ieri ha fatto vivere a Castel Volturno un clima da guerra con gli extracomunitari in rivolta e il sindaco Francesco Nuzzo che denunciava l'isolamento e lo strapotere dei clan - ci sono gli affari miliardari del traffico di stupefacenti, ma non solo.

Da ieri gli investigatori sono al lavoro per capire che cosa ha rotto la tregua tra Casalesi e nigeriani che manovrano le pedine e i soldati africani nella prostituzione e nel traffico della droga. Finora sono stati rispettosi del potere e della supremazia dei clan, ai quali versano regolarmente una fetta d'introiti per spingere i propri traffici sulla costa e all'interno della Campania.

Sembra di essere tornati agli anni 80 quando a migliaia - spinti dalla fame - giunsero prima a Villa Literno e poi nei paesi al confine tra la provincia di Napoli e quella di Caserta per essere sfruttati come stagionali nell'agricoltura. Ma tra gli africani, i nigeriani dimostrarono subito di saperci fare e di non volersi accontentare dell'elemosina. «Non guardano in faccia a nessuno - si legge nella relazione 2007 della Direzione nazionale antimafia - e considerano per tradizione la ricchezza come un obiettivo da raggiungere a tutti i costi: a patto che la si distribuisca con familiari e bisognosi».

Dallo sfruttamento in agricoltura al traffico di droga - del quale la Nigeria è crocevia in Africa e luogo di stoccaggio di enormi quantità - il passo è breve. I Casalesi non sopportano che si spacci in una delle zone più belle della regione - il litorale domizio dove il turismo d'élite cerca radici e intanto specula sull'abusivismo edilizio. «Questi qui - dichiarerà un collaboratore di giustizia ai pm della Direzione distrettuale antimafia di Napoli - vendevano la droga e la gente non veniva più nei villaggi turistici».

Una lezione: ecco cosa ci voleva per far capire chi comandava in quell'area dove le famiglie Bidognetti, Schiavone e La Torre rappresentavano l'unica giustizia efficiente. «A Villa Literno - farà mettere a verbale un altro pentito - decidemmo di incendiare centinaia di roulotte di extracomunitari». La strage fu evitata per un nulla ma i nigeriani non mollavano. Anzi. Le ondate continue di disperati veri e falsi bisognosi costrinse i Casalesi a giungere a patti.

Erano i primi anni 90 ed ecco maturare il patto tra 'o Sistema e la mafia nera: i traffici di esseri umani e di droga avevano spiazzato il turismo che nel frattempo doveva fare i conti più con il mattone selvaggio (solo a Castel Volturno nel 2000 furono censiti 12mila immobili abusivi) che con la calata dal Nord dei ricchi in cerca di sole e svago.

«I clan - spiega il procuratore aggiunto di Torre Annunziata, Raffaele Marino, 57 anni, dal '99 a pochi mesi fa punta di diamante del pool anticamorra della Dda di Napoli dove ha seguito da vicino la mafia nigeriana - capirono che era inutile scontrarsi e, soprattutto, che c'era da lucrare».



Un matrimonio d'interesse, insomma, quello tra i nigeriani - che contano in patria 400 centrali del crimine, 136 delle quali specializzate nel traffico di droga e la metà con ramificazioni internazionali - e i Casalesi. La logica porta a giustificare il massacro con un regolamento di conti per ribadire chi detta legge.L'intuito,però,spinge a guardare oltre.

«Questo massacro -spiega Marino - non si giustifica con il tentativo dei nigeriani di rompere ilvincolo. Un'ipotesi verosimile è che i Casalesi abbiano voluto far pagare agli extracomunitari qualche sgarro e la lezione doveva essere quanto più eclatante possibile a costo di turbare popolazione e opinione pubblica.

Nella zona dove è accaduto il fatto di sangue operano alcuni tra i più pericolosi latitanti casertani che non possono permettere l'ulteriore degrado della loro forza e del loro carisma, proprio ora che i Casalesi appaiono in difficoltà e sono dunque vulnerabili».

La spiegazione è logica e verosimile ma sul litorale domizio - in cui l'urbanizzazione selvaggia nell'area di Pinetamare, denuncia il Wwf, a Sud della foce del fiume Volturno, avrebbe modificato totalmente la linea di costa e distrutto la duna costiera - in questo momento il business è un altro: la riqualificazione urbanistica e immobiliare per chilometri e chilometri dopo l'abbattimento delle torri del Villaggio Coppola.

In quell'area immensa si sta studiando la costruzione di darsene, un nuovo porto, alberghi, campi da golf, centri commerciali, c'è un progetto di disinquinamento delle acque e di rinascita dei villaggi turistici ma, soprattutto, c'è un ospedale privato che dovrà sorgere e che ha già respinto nel 2004 i tentativi d'infiltrazione della camorra. In quell'area la Campania che vuole girare pagina cerca anche di portare calore e affetto: è li che pulsa il quartier generale del Napoli calcio.

Eccolo il palco che ha bisogno di una sola compagnia (il clan dei Casalesi) e che può e deve fare a meno delle comparse (gli extracomunitari). «È un'ipotesi inquietante - spiega Marino - ma la strage potrebbe essere stata dettata da un'ondata di rigetto nei confronti dei neri che disturbano il business e i tentativi dei clan di allungare le mani sulla torta miliardaria della riqualificazione».

Ma la camorra non dovrà fare i conti solo con la mafia nera. La società civile campana sta faticosamente rivitalizzando gli anticorpi contro i clan. Per quell'area che dovrà rinascere, il 1 agosto 2003 è stato firmato un accordo di programma tra Regione, enti locali, Consorzio Rinascita e Fontana Bleu Spa. A presiedere il consorzio è stato chiamato Felice Di Persia, un ex magistrato napoletano che ha passato una vita a combattere i clan. In fin dei conti ha cambiato solo una scrivania: da quella che gli aveva messo a disposizione lo Stato a quella di un Consorzio di imprenditori che hanno deciso di scommettere sulla rinascita.



Dagospia 20 Settembre 2008