GANGS OF CASERTA: IL RAZZISMO NON C'ENTRA NIENTE (IL QUALUNQUISMO SÌ) - 'STO POMPATISSIMO JAKI SARÀ CAPACE UN GIORNO DI INDOSSARE LA CAMICIA SOPRA LA GIACCA? - MA DE SETA A VERSAILLES NON CI VA.
1 - GANGS OF CASERTA
Da Il Foglio
La guerra tra bande criminali che ha trovato nell'episodio pazzesco di Castel Volturno un apice clamoroso ricorda quelle che si combattevano nelle metropoli americane negli anni Trenta. Anche lì le bande avevano una base etnica, gli "italiani" contendevano il controllo dei racket agli "ebrei" o ai "polacchi", salvo poi ammazzarsi tra loro quando era in discussione la gerarchia tra i clan. Il razzismo non c'entrava niente. La lotta si svolgeva tra famiglie criminali reclutate preferenzialmente all'interno delle più recenti fasce d'immigrazione, e tra queste si stabilivano delle gerarchie di potere, fragili e violente.
Qualcosa di simile accade nel casertano, dove i clan locali, spesso in guerra tra loro, cercano di ottenere la sottomissione dei nigeriani, che a loro volta tendono a comandare su altre etnie africane minori. Si tratta di una questione criminale, antica e incancrenita, alla quale l'immigrazione clandestina ha aggiunto una nuova fascia di sfruttamento e di dominio. La rivolta degli spacciatori nigeriani non ha nulla della lotta di liberazione.
Come tutte le questioni di ordine pubblico, anche questa richiede, in primo luogo, la restaurazione dell'autorità dello stato. Rimandare al loro paese i clandestini, mettere in galera i boss della banda dei Casalesi e delle altre. E' difficile, richiede uno sforzo eccezionale delle forze dell'ordine e, se necessario, anche di quelle armate. Il resto sono solo chiacchiere indebitamente dette sociologiche, in realtà solo qualunquistiche.
2 - 'STO POMPATISSIMO JAKI SARÀ CAPACE UN GIORNO DI INDOSSARE LA CAMICIA SOPRA LA GIACCA?
Andrea Marcenaro per Il Foglio
Magari fosse vero. Magari fosse vero quel che scrive Tropea su John Elkann, vale a dire che è un nipote perfetto e che, con l'ultimo riassetto della finanziaria di famiglia, il successore dell'Avvocato ha riassunto in sé poteri superiori perfino a quelli del nonno. Magari. Se fosse vero che Jaki, come veniva chiamato da ragazzo, ha mostrato di avere un sorprendente acume, e che ha bruciato le tappe, che riconosce e rispetta i ruoli, viaggia molto, si muove con discrezione, ma è in grado di decidere al momento giusto. E se addirittura fosse vero che John, a dispetto del suo aspetto di ragazzo, non soltanto possiede un palmarès invidiabile, la qual cosa si sa, ma che già si cominci a raccontare in giro quanto lui sia duro, o meglio ancora, quanto sia duro e determinato, bè, magari fosse vero. Se lo fosse, vorrebbe dire che sta per avvicinarsi il momento in cui - crisi o non crisi - avremo di nuovo un italiano capace di indossare la camicia sopra la giacca.
3 - MA DE SETA A VERSAILLES NON CI VA
Riccardo Chiaberge per il Domenicale de "Il Sole 24 Ore"
C'est la faute à Voltaire. Con furore giacobino, dalle colonne dell'Espresso, il critico Cesare De Seta muove all'assalto della reggia di Versailles, colpevole di ospitare nei suoi «solenni spazi» una monografica dell'artista americano Jeff Koons.
Una inammissibile profanazione, che fa rivoltare nella tomba il povero re Sole. Per tacere degli infelici Luigi XVI e Maria Antonietta: come se non fosse bastato tagliargli la testa, ora gli mettono pure le dita negli occhi. Tutta quella robaccia made in Usa in casa loro!
Scrive De Seta,in un crescendo di orrore: «Moon domina la Galleria degli specchi, Rabbit lo si vede nel Salone dell'Abbondanza, Lobster nel Salone di Marzo...» Opere che provocano disgusto, e che non valgono niente sul piano artistico, ma neppure in termini monetari. Per esempio Delphin del 2002, sostiene De Seta, «è identico per forma e per la qualità di plastica gonfiata al delfino blu che la mia nipotina ha voluto che le comprassi in una festa di paese a Capri: l'ho pagato 5 euro e la bimba se l'è portato a casa».I collezionisti sono avvertiti: se il loro mercante di fiducia gli propone un delfino di Koons per qualche milione di euro, lo mandino al diavolo.
Potrebbe essere quello della nipotina di De Seta.
Una cosa è sicura, comunque: il critico napoletano «si guarderà bene dall'andare a Versailles nei tre mesi programmati per la mostra». La voce si è già diffusa a Parigi, generando un'ondata di euforia collettiva: «Allons enfants! Monsieur De Seta ne vient pas!». I custodi della reggia sono in allarme: non si era mai vista una simile ressa, da quei fatidici giorni di luglio del 1789. Lobster e brioches per tutti!
Dagospia 22 Settembre 2008
Da Il Foglio
La guerra tra bande criminali che ha trovato nell'episodio pazzesco di Castel Volturno un apice clamoroso ricorda quelle che si combattevano nelle metropoli americane negli anni Trenta. Anche lì le bande avevano una base etnica, gli "italiani" contendevano il controllo dei racket agli "ebrei" o ai "polacchi", salvo poi ammazzarsi tra loro quando era in discussione la gerarchia tra i clan. Il razzismo non c'entrava niente. La lotta si svolgeva tra famiglie criminali reclutate preferenzialmente all'interno delle più recenti fasce d'immigrazione, e tra queste si stabilivano delle gerarchie di potere, fragili e violente.
Qualcosa di simile accade nel casertano, dove i clan locali, spesso in guerra tra loro, cercano di ottenere la sottomissione dei nigeriani, che a loro volta tendono a comandare su altre etnie africane minori. Si tratta di una questione criminale, antica e incancrenita, alla quale l'immigrazione clandestina ha aggiunto una nuova fascia di sfruttamento e di dominio. La rivolta degli spacciatori nigeriani non ha nulla della lotta di liberazione.
Come tutte le questioni di ordine pubblico, anche questa richiede, in primo luogo, la restaurazione dell'autorità dello stato. Rimandare al loro paese i clandestini, mettere in galera i boss della banda dei Casalesi e delle altre. E' difficile, richiede uno sforzo eccezionale delle forze dell'ordine e, se necessario, anche di quelle armate. Il resto sono solo chiacchiere indebitamente dette sociologiche, in realtà solo qualunquistiche.
2 - 'STO POMPATISSIMO JAKI SARÀ CAPACE UN GIORNO DI INDOSSARE LA CAMICIA SOPRA LA GIACCA?
Andrea Marcenaro per Il Foglio
Magari fosse vero. Magari fosse vero quel che scrive Tropea su John Elkann, vale a dire che è un nipote perfetto e che, con l'ultimo riassetto della finanziaria di famiglia, il successore dell'Avvocato ha riassunto in sé poteri superiori perfino a quelli del nonno. Magari. Se fosse vero che Jaki, come veniva chiamato da ragazzo, ha mostrato di avere un sorprendente acume, e che ha bruciato le tappe, che riconosce e rispetta i ruoli, viaggia molto, si muove con discrezione, ma è in grado di decidere al momento giusto. E se addirittura fosse vero che John, a dispetto del suo aspetto di ragazzo, non soltanto possiede un palmarès invidiabile, la qual cosa si sa, ma che già si cominci a raccontare in giro quanto lui sia duro, o meglio ancora, quanto sia duro e determinato, bè, magari fosse vero. Se lo fosse, vorrebbe dire che sta per avvicinarsi il momento in cui - crisi o non crisi - avremo di nuovo un italiano capace di indossare la camicia sopra la giacca.
3 - MA DE SETA A VERSAILLES NON CI VA
Riccardo Chiaberge per il Domenicale de "Il Sole 24 Ore"
C'est la faute à Voltaire. Con furore giacobino, dalle colonne dell'Espresso, il critico Cesare De Seta muove all'assalto della reggia di Versailles, colpevole di ospitare nei suoi «solenni spazi» una monografica dell'artista americano Jeff Koons.
Una inammissibile profanazione, che fa rivoltare nella tomba il povero re Sole. Per tacere degli infelici Luigi XVI e Maria Antonietta: come se non fosse bastato tagliargli la testa, ora gli mettono pure le dita negli occhi. Tutta quella robaccia made in Usa in casa loro!
Scrive De Seta,in un crescendo di orrore: «Moon domina la Galleria degli specchi, Rabbit lo si vede nel Salone dell'Abbondanza, Lobster nel Salone di Marzo...» Opere che provocano disgusto, e che non valgono niente sul piano artistico, ma neppure in termini monetari. Per esempio Delphin del 2002, sostiene De Seta, «è identico per forma e per la qualità di plastica gonfiata al delfino blu che la mia nipotina ha voluto che le comprassi in una festa di paese a Capri: l'ho pagato 5 euro e la bimba se l'è portato a casa».I collezionisti sono avvertiti: se il loro mercante di fiducia gli propone un delfino di Koons per qualche milione di euro, lo mandino al diavolo.
Potrebbe essere quello della nipotina di De Seta.
Una cosa è sicura, comunque: il critico napoletano «si guarderà bene dall'andare a Versailles nei tre mesi programmati per la mostra». La voce si è già diffusa a Parigi, generando un'ondata di euforia collettiva: «Allons enfants! Monsieur De Seta ne vient pas!». I custodi della reggia sono in allarme: non si era mai vista una simile ressa, da quei fatidici giorni di luglio del 1789. Lobster e brioches per tutti!
Dagospia 22 Settembre 2008