WOODY PRENDE I SOLDI (E NON SCAPPA) - ALLEN ACCUSATO DI AVER CAMBIATO COPIONE, E TITOLO, DEL SUO ULTIMO FILM, DIVENTATO UN GIGANTESCO SPOT PRO BARCELLONA: PER UN FINANZIAMENTO DI 2 MLN DI EURO.
Gian Antonio Orighi per "La Stampa"
Woody Allen testimonial (a pagamento) del nazionalismo catalano. É polemica su «Vicky Cristina Barcelona», l'ultimo film del geniale regista newyorchese appena uscito nei cinema di Spagna. Non tanto per le scene osé che Penélope Cruz, Scarlett Johansson (che si scambiano un bollente bacio lesbico) e Rebecca Hall interpretano con Javier Bardem, il nuovo mito erotico hollywoodiano del macho latino.
Ma per una materia che studia una delle protagoniste, Rebecca Hall: identità catalana. Non solo: i sospetti si ingigantiscono perché la produttrice é la catalana Mediapro e l'autore di «Manhattan» ha ricevuto 1, 5 milioni di dollari dal Comune di Barcellona. E poi c'è chi sostiene che i pubblici denari abbiano persino influito nella trama della pellicola, un colossale spot di Barcellona a cominciare dal titolo.
«Barcellona paga Woody Allen», titola sul Mundo online uno dei columnist e blogger più viperini, Santiago González. Poi arriva l'affondo: «Come ha commentato il cyber-giornale E-noticies, Vicky, il personaggio che interpreta la Hall, doveva vestire i panni di una studentessa di cucina, ma "istituzioni pubbliche" hanno chiesto al cineasta americano che considerasse la possibilità di cambiare il copione affinché una delle due turiste statunitensi che arrivano a Barcellona (oltre alla Hall, la Johansson) studiasse identità catalana e non più gastronomia», aggiunge il giornalista.
La cosa più curiosa è che Identidad catalana, lo ricorda lo stesso quotidiano nazionalista barcellonese La Vanguardia, «per adesso non è ancora una possibilità della università regionale». In un Paese ove il separatismo catalano, come quello basco, è all'ordine del giorno, mentre si attende la sentenza del Tribunale Costituzionale sullo Statuto Speciale approvato dal Parlamento e che contempla la Catalogna «una nazione», dove sono continue le denunce di pulizia linguistica che discrimina nelle scuole pubbliche lo spagnolo, la «materia» ha provocato reazioni contradditorie di Allen.
Sabato scorso, alle première catalana (presenti tutti i più bei nomi dell'establishment regionale, dal presidente socialista Montilla all'iperfemminista ministra della Difesa Carmé Chácon), il regista gettava ancor più benzina sul fuoco estasiando i nazionalisti presenti all'Auditorium di Barcellona: «La differenza tra la cultura catalana e quella spagnola è conosciuta all'estero per cui ho scelto questo aspetto come presentazione di un tema intellettuale».
Peró ieri, dalle colonne del basco El Correo, che gli domandava perfido «Identità catalana? É uno scherzo con risonanze politiche. Conosce tanto la realtà spagnola?», Woody ha già cominciato a difendersi: «É pura casualitá. Non conoscevo le profonde differenze tra le identità locali e regionali in Spagna, non sapevo come fossero intense e che l'identità catalana fosse un tema cosí spinoso. Ignoravo che stavo facendo uno scherzo».
Ma il «giallo» non finisce qui. L'altro ieri il regista di «Match point» lodava Barcellona, «romantica, viva, piena di belleza visiva, esotica, stimolante. É incredibile, alle 3 di notte le strade sono piene. Ci sono molte cose che mi piacciono, che mia moglie adora. Non c'è dubbio che gli statunitensi vorranno conoscere la città dopo aver visto il mio film». Peccato che il 14 agosto, poco prima della première statunitense, Allen sbottasse da Los Angeles: «Sapevo che volevo raccontare una storia amorosa che partiva da un viaggio in Europa di due amiche americane , ma la trama è finita a Barcellona perché mi hanno offerto denaro, attori ed anche carisma».
La offerta arriva da Jaume Ruoures, il Paperone bollato dai concorrenti come «il maoista con la Ferrari», padrone della produttrice Mediapro, della tv La Sexta e del giornale zapaterista Público, il quale ha stipulato con Allen un contratto per altri 3 film che il regista girerà dal 2009 «in Francia, in Italia, in Spagna e forse ancora a Barcellona». Ed i soldi pubblici? Dal comune rosso-indipendentista (socialisti, eco-comunisti e separatisti di Sinistra repubblicana), che gli ha messo letteralmente la città a disposizione.
Già ai primi ciak era montata la polemica. L'opposizione popolare (centro-destra) aveva protestato sul finanziamento pubblico. «Vogliamo conoscere la cifra esatta che il municipio investirà nel film ed anche l'ammontare delle fatture del viaggio del sindaco Jordi Hereu per incontrare a New York il cineasta», tuonava il capogruppo Alberto Fernández.
E il giornale progressista barcellonese El Periódico de Catalunya spiattellava che la pellicola, ufficialmente denominata Summer Project 2007, si porterà a casa una cifra senza precedenti nella storia della cinematografia regionale: 500 mila dollari sborsati dagli assessorati alla Cultura ed Innovazione, 1 milione dal Comune, il 15% degli incassi al cinema provenienti dal ministero della Cultura se la pellicola superà i 300 mila spettatori nei primi 12 mesi di proiezione ed i diritti di ritrasmissione per la tv pubblica locale TvC.
Insomma, contributi che assommano al 10% del costo totale di 20 milioni di euro della pellicola. La ragione? La forniva un portavoce dell'Assessorato all'Innovazione: «Questo film rappresenta una magnifica campagna di promozione ed è uno spot eccellente». Ma perché includere persino il nome della città nel titolo? «Come ringraziamento per l'aiuto», prediceva già nel giugno 2007 E-noticies. Sarà un caso, ma è andata proprio
Dagospia 22 Settembre 2008
Woody Allen testimonial (a pagamento) del nazionalismo catalano. É polemica su «Vicky Cristina Barcelona», l'ultimo film del geniale regista newyorchese appena uscito nei cinema di Spagna. Non tanto per le scene osé che Penélope Cruz, Scarlett Johansson (che si scambiano un bollente bacio lesbico) e Rebecca Hall interpretano con Javier Bardem, il nuovo mito erotico hollywoodiano del macho latino.
Ma per una materia che studia una delle protagoniste, Rebecca Hall: identità catalana. Non solo: i sospetti si ingigantiscono perché la produttrice é la catalana Mediapro e l'autore di «Manhattan» ha ricevuto 1, 5 milioni di dollari dal Comune di Barcellona. E poi c'è chi sostiene che i pubblici denari abbiano persino influito nella trama della pellicola, un colossale spot di Barcellona a cominciare dal titolo.
«Barcellona paga Woody Allen», titola sul Mundo online uno dei columnist e blogger più viperini, Santiago González. Poi arriva l'affondo: «Come ha commentato il cyber-giornale E-noticies, Vicky, il personaggio che interpreta la Hall, doveva vestire i panni di una studentessa di cucina, ma "istituzioni pubbliche" hanno chiesto al cineasta americano che considerasse la possibilità di cambiare il copione affinché una delle due turiste statunitensi che arrivano a Barcellona (oltre alla Hall, la Johansson) studiasse identità catalana e non più gastronomia», aggiunge il giornalista.
La cosa più curiosa è che Identidad catalana, lo ricorda lo stesso quotidiano nazionalista barcellonese La Vanguardia, «per adesso non è ancora una possibilità della università regionale». In un Paese ove il separatismo catalano, come quello basco, è all'ordine del giorno, mentre si attende la sentenza del Tribunale Costituzionale sullo Statuto Speciale approvato dal Parlamento e che contempla la Catalogna «una nazione», dove sono continue le denunce di pulizia linguistica che discrimina nelle scuole pubbliche lo spagnolo, la «materia» ha provocato reazioni contradditorie di Allen.
Sabato scorso, alle première catalana (presenti tutti i più bei nomi dell'establishment regionale, dal presidente socialista Montilla all'iperfemminista ministra della Difesa Carmé Chácon), il regista gettava ancor più benzina sul fuoco estasiando i nazionalisti presenti all'Auditorium di Barcellona: «La differenza tra la cultura catalana e quella spagnola è conosciuta all'estero per cui ho scelto questo aspetto come presentazione di un tema intellettuale».
Peró ieri, dalle colonne del basco El Correo, che gli domandava perfido «Identità catalana? É uno scherzo con risonanze politiche. Conosce tanto la realtà spagnola?», Woody ha già cominciato a difendersi: «É pura casualitá. Non conoscevo le profonde differenze tra le identità locali e regionali in Spagna, non sapevo come fossero intense e che l'identità catalana fosse un tema cosí spinoso. Ignoravo che stavo facendo uno scherzo».
Ma il «giallo» non finisce qui. L'altro ieri il regista di «Match point» lodava Barcellona, «romantica, viva, piena di belleza visiva, esotica, stimolante. É incredibile, alle 3 di notte le strade sono piene. Ci sono molte cose che mi piacciono, che mia moglie adora. Non c'è dubbio che gli statunitensi vorranno conoscere la città dopo aver visto il mio film». Peccato che il 14 agosto, poco prima della première statunitense, Allen sbottasse da Los Angeles: «Sapevo che volevo raccontare una storia amorosa che partiva da un viaggio in Europa di due amiche americane , ma la trama è finita a Barcellona perché mi hanno offerto denaro, attori ed anche carisma».
La offerta arriva da Jaume Ruoures, il Paperone bollato dai concorrenti come «il maoista con la Ferrari», padrone della produttrice Mediapro, della tv La Sexta e del giornale zapaterista Público, il quale ha stipulato con Allen un contratto per altri 3 film che il regista girerà dal 2009 «in Francia, in Italia, in Spagna e forse ancora a Barcellona». Ed i soldi pubblici? Dal comune rosso-indipendentista (socialisti, eco-comunisti e separatisti di Sinistra repubblicana), che gli ha messo letteralmente la città a disposizione.
Già ai primi ciak era montata la polemica. L'opposizione popolare (centro-destra) aveva protestato sul finanziamento pubblico. «Vogliamo conoscere la cifra esatta che il municipio investirà nel film ed anche l'ammontare delle fatture del viaggio del sindaco Jordi Hereu per incontrare a New York il cineasta», tuonava il capogruppo Alberto Fernández.
E il giornale progressista barcellonese El Periódico de Catalunya spiattellava che la pellicola, ufficialmente denominata Summer Project 2007, si porterà a casa una cifra senza precedenti nella storia della cinematografia regionale: 500 mila dollari sborsati dagli assessorati alla Cultura ed Innovazione, 1 milione dal Comune, il 15% degli incassi al cinema provenienti dal ministero della Cultura se la pellicola superà i 300 mila spettatori nei primi 12 mesi di proiezione ed i diritti di ritrasmissione per la tv pubblica locale TvC.
Insomma, contributi che assommano al 10% del costo totale di 20 milioni di euro della pellicola. La ragione? La forniva un portavoce dell'Assessorato all'Innovazione: «Questo film rappresenta una magnifica campagna di promozione ed è uno spot eccellente». Ma perché includere persino il nome della città nel titolo? «Come ringraziamento per l'aiuto», prediceva già nel giugno 2007 E-noticies. Sarà un caso, ma è andata proprio
Dagospia 22 Settembre 2008