volodymyr zelensky donald trump giorgia meloni emmanuel macron keir starmer

“BASTA ATTACCHI A TRUMP” – DIETRO LA SCELTA DI GIORGIA MELONI DI FAR ASTENERE I SUOI SULLA RISOLUZIONE SULL’UCRAINA CI SAREBBE IL TESTO, CONCERTATO DA POPOLARI E SOCIALISTI,  ZEPPO “DI INSULTI CONTRO GLI USA E TRUMP” – LA DECISIONE FA INCAZZARE MACRON E STARMER. LA PREMIER FA SAPERE AL PREMIER BRITANNICO CHE NON SARÀ ALLA CALL DEI “VOLENTEROSI” DI SABATO, SE NON CAMBIERÀ L’ORDINE DEL GIORNO, PER ORA INCENTRATO SULL’IPOTESI DI INVIARE CONTINGENTI DI PACE A KIEV – C’E’ UN’ALTRA GRANA PER MELONI: ENTRO MARTEDÌ LE FORZE DELLA MAGGIORANZA DEVONO PRESENTARE UN TESTO UNITARIO DA FAR VOTARE IN PARLAMENTO SUL PIANO URSULA. FDI, FORZA ITALIA E LEGA HANNO TRE POSIZIONI DIVERSE… - DAGOREPORT

Lorenzo De Cicco per repubblica.it - Estratti

 

 

DONALD TRUMP GIORGIA MELONI

Se Giorgia Meloni ha dato ordine ai suoi eurodeputati di non votare a favore della risoluzione per il sostegno all’Ucraina, ma di astenersi — mossa del tutto inedita per FdI — è perché il testo concertato da popolari e socialisti, per la premier, sarebbe stato zeppo «di insulti contro gli Usa e Donald Trump».

 

 

Così ragionava ieri la premier, sentendosi di continuo, dalle prime ore della mattina, con i suoi colonnelli a Strasburgo. I quali hanno prima chiesto il rinvio del voto sul testo per Kiev, per tenere conto delle intese di Gedda. Poi hanno provato a far votare al Ppe un emendamento che facesse da contraltare ai passaggi più critici nei confronti degli Stati Uniti, in cui si rilanciava l’idea della premier di un vertice urgente Ue-Usa, per rafforzare la cooperazione transatlantica. Entrambe le mosse si sono infrante davanti al muro dei popolari, in asse con il Pse.

DONALD TRUMP E GIORGIA MELONI A MAR-A-LAGO

 

A quel punto la presidente del consiglio ha deciso di sfilarsi dal sì, pur di non votare un atto che considera polemico con gli Usa e con l’inquilino della Casa bianca. E che secondo i meloniani avrebbe finito per «delegittimare anche gli sforzi diplomatici di Zelensky». E a proposito: Meloni non ha sentito direttamente il presidente ucraino, ieri, ma secondo fonti governative ci sarebbero comunque stati contatti con Kiev, con l’obiettivo di chiarire la posizione italiana nel pallottoliere di Strasburgo.

 

E il distinguo dei Fratelli. Secondo fonti governative, ci sarebbe stato anche un nuovo contatto con la Casa bianca, dopo il summit di Gedda, ma Palazzo Chigi non conferma.

 

GIORGIA MELONI DONALD TRUMP - IMMAGINE CREATA CON GROK

Le ultime mosse della premier hanno irritato altre cancellerie dell’Ue. Sia Parigi che Londra. Meloni ha fatto sapere al collega britannico Keir Starmer che non sarà alla call dei “volenterosi” convocata per sabato, se non cambierà l’ordine del giorno, per ora incentrato sull’ipotesi di inviare contingenti di pace a Kiev. Solo se cambiasse il perimetro del summit, allargandolo alla difesa in generale, potrebbe ripensarci ed apparire in video.

 

Chiusa la partita dell’Eurocamera, a destra va trovata la soluzione a un tetris decisamente più complicato. Entro martedì le forze della coalizione devono presentare un testo unitario da far votare in Parlamento in vista del consiglio europeo del 20-21 marzo. Le posizioni in maggioranza sono distanti, quasi opposte, sul Rearm Eu. Matteo Salvini ancora ieri picconava Bruxelles, «impegnata a rompere le palle» e che sarebbe «il più pesante dei dazi». Ecco perché secondo fonti di primo piano di FdI e di governo si starebbe lavorando a una risoluzione stringatissima. Una riga: «Sentite le comunicazioni del presidente del consiglio, il Parlamento approva». 

VERTICE DI LONDRA - ZELENSKY STARMER MACRON

 

(...)

 

La Lega però, nelle prime interlocuzioni di queste ore, ha fatto capire di non gradire una risoluzione così concisa e asettica. Vorrebbe specificare alcuni punti. Per esempio che l’Italia non manderà più armi a Kiev. Salvini ne discuterà oggi, nel consiglio federale convocato a tema «pace», che limerà anche gli ultimi regolamenti sul congresso di aprile.

 

Probabile che la premier e il vice del Carroccio, dopo le telefonate dei giorni scorsi, discutano della risoluzione a quattrocchi, a margine del Cdm convocato per le 17.30. L’altro vicepremier, Antonio Tajani, non ci sarà: nella notte è atterrato in Canada, per il G7 degli Esteri. Oltreoceano, domani avrà un bilaterale con il segretario di Stato Usa, Marco Rubio, per discutere di Kiev, ma anche dei dazi che preoccupano e della postura dell’Ue, che per Meloni non deve cercare il muro contro muro.

 

In linea generale, Tajani proverà a rilanciare l’idea della premier del vertice Ue-Usa, che per ora non ha il placet di Donald Trump, e soprattutto, in un summit in cui rischia di allargarsi ancora la frattura tra Washington e i partner europei, chiederà, come raccontava ieri in aereo, di «rinforzare la collaborazione tra gli Stati Uniti, l’Italia, la Germania, la Francia e il Giappone, l’Ue, perché abbiamo bisogno di grande coesione per costruire la pace».

Articoli correlati

CHE FIGURA DI MERDA PER IL PD MALGUIDATO DA ELLY SCHLEIN: A BRUXELLES HA TOCCATO IL FONDO

meloni salvini tajani

DONALD TRUMP ACCOGLIE GIORGIA MELONI A MAR-A-LAGODONALD TRUMP - MATTEO SALVINI - GIORGIA MELONI - MEME BY EDOARDO BARALDI macron starmer

 

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni matteo salvini adolfo urso abodi giorgetti tajani giorgio armani

UN PO’ PIU’ DI RISPETTO SE LO MERITAVA GIORGIO ARMANI DA PARTE DEL GOVERNO – SOLO IL MINISTRO DELL’UNIVERSITA’, ANNA MARIA BERNINI, HA RESO OMAGGIO ALL’ITALIANO PIU’ CONOSCIUTO AL MONDO RECANDOSI ALLA CAMERA ARDENTE DOVE, TRA SABATO E DOMENICA, SONO SFILATE BEN 16 MILA PERSONE - EPPURE MILANO E’ A DUE PASSI DA MONZA, DOVE IERI ERA PRESENTE AL GP, OLTRE AL VICEPREMIER MATTEO SALVINI, IL MINISTRO DELLO SPORT ANDREA ABODI, SMEMORATO DEL PROFONDO LEGAME DELLO STILISTA CON BASKET, CALCIO, TENNIS E SCI - A 54 KM DA MILANO, CERNOBBIO HA OSPITATO NEL WEEKEND TAJANI, PICHETTO FRATIN, PIANTEDOSI, CALDERONE E SOPRATTUTTO ADOLFO URSO, MINISTRO DEL MADE IN ITALY, DI CUI ARMANI E’ L’ICONA PIU’ SPLENDENTE – E IGNAZIO LA RUSSA, SECONDA CARICA DELLO STATO, DOMENICA ERA A LA SPEZIA A PARLARE DI ''PATRIOTI'' AL DI LA’ DI RITUALI POST E DI ARTICOLETTI (MELONI SUL “CORRIERE”), UN OMAGGIO DI PERSONA LO MERITAVA TUTTO DAL GOVERNO DI CENTRODESTRA PERCHE’ ARMANI E’ STATO UN VERO “PATRIOTA”, AVENDO SEMPRE PRESERVATO L’ITALIANITA’ DEL SUO IMPERO RIFIUTANDO LE AVANCES DI CAPITALI STRANIERI…

giorgia meloni mantovano alfredo giovanbattista fazzolari gian marco chiocci rossi

DAGOREPORT - CHI AVEVA UN OBIETTIVO INTERESSE DI BRUCIARE IL DESIDERIO DI GIORGIA MELONI, PIÙ VOLTE CONFIDATO AI SUOI PIÙ STRETTI COLLABORATORI, DI ARRUOLARE L’INGOMBRANTE GIAN MARCO CHIOCCI COME PORTAVOCE? - IN BARBA ALLA DIFFIDENZA DEI VARI SCURTI, FAZZOLARI E MANTOVANO, FU L’UNDERDOG DE’ NOANTRI A IMPORRE FORTISSIMAMENTE (“DI LUI MI FIDO”) COME DIRETTORE DEL TG1 L’INTRAPRENDENTE CHIOCCI, DOTATO DI UNA RETE RELAZIONALE RADICATA IN TUTTE LE DIREZIONI, DAL MONDO DELLA SINISTRA ALL’INTELLIGENCE DI DESTRA - BEN CONOSCENDO IL CARATTERINO DELL’EX DIRETTORE DE “IL TEMPO” E ADNKRONOS, BEN LONTANO DALLA DISPONIBILITÀ AD ACCETTARE ORDINI E DINIEGHI, OCCORREVA CORRERE AI RIPARI PRIMA CHE LA SGARBATELLA PROCEDESSE ALL’INFELICE NOMINA, FACENDO CIRCOLARE LA VOCE DEL SUO TRASLOCO DALLA DIREZIONE DEL TG1 A BRACCIO MEDIATICO DELLA PREMIER - NEL CASO, SEMPRE PIÙ LONTANO, DI VEDERE CHIOCCI A PALAZZO CHIGI, ALLORA VORRÀ DIRE CHE L’EQUILIBRIO DI POTERI ALL’INTERNO DELLA FIAMMA MAGICA È FINITO DAVVERO IN FRANTUMI...

marcello viola alberto nagel giorgia meloni francesco gaetano caltagirone luigi lovaglio mps mediobanca piazza affari

DAGOREPORT - MEDIOSBANCA! I GIOCHI ANCORA NON SONO FATTI. E LE PREMESSE PER UN FUTURO DISASTRO SONO GIÀ TUTTE SUL TAVOLO - AL DI LÀ DELLE DECISIONI CHE PRENDERÀ LA PROCURA DI MILANO SUL PRESUNTO “CONCERTO” DEL QUARTETTO CALTA-GIORGETTI-LOVAGLIO-MILLERI NELLA PRIVATIZZAZIONE DEL 15% DI MPS, IL PROGETTO TANTO AUSPICATO DA GIORGIA MELONI DI DARE VITA A UN TERZO POLO BANCARIO, INTEGRANDO MPS, BPM E MEDIOBANCA, SI È INCAGLIATO DI BRUTTO: LO VUOLE SOLO FRATELLI D’ITALIA MENTRE FORZA ITALIA SE NE FREGA E LA LEGA E' CONTRO, SAPENDO BENISSIMO CHE L’OBIETTIVO VERO DEL RISIKONE BANCARIO È QUEL 13% DI GENERALI, IN PANCIA A MEDIOBANCA, NECESSARIO PER LA CONQUISTA CALTAGIRONESCA DEL LEONE DI TRIESTE - AL GELO SCESO DA TEMPO TRA CALTA E CASTAGNA (BPM) SI AGGIUNGE IL CONFLITTO DI CALTA CON LOVAGLIO (MPS) CHE RISCHIA DI ESSERE FATTO FUORI PER ‘’INSUBORDINAZIONE’’ - ANCHE LA ROSA DEI PAPABILI PER I NUOVI VERTICI DI MEDIOBANCA PERDE PETALI: MICILLO HA RIFIUTATO E VITTORIO GRILLI NON È INTERESSATO - LA BOCCIATURA DELL’OPERAZIONE DI FITCH, CHE VALUTA MPS CON UN RATING PIÙ BASSO RISPETTO A MEDIOBANCA - LAST BUT NOT LEAST: È SENZA FINE LO SCONTRO TRA GLI 8 EREDI DEL VECCHIO E IL CEO MILLERI, PARTNER DEVOTO DI CALTARICCONE…