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“L’OPERAZIONE MPS-MEDIOBANCA È LA PIÙ INCOMPRENSIBILE SCALATA MAI VISTA” – L’ECONOMISTA ALESSANDRO PENATI: “HA POCA LOGICA ECONOMICA E DIVENTA COMPRENSIBILE SOLO SE SI CONSIDERA IL VALORE PER CALTAGIRONE E MILLERI DELLA SCALATA OCCULTA A GENERALI. CON L’OPS, ACQUISIREBBERO DI FATTO IL CONTROLLO SULLA GESTIONE DI MEDIOBANCA, AGGIRANDO IL DIVIETO DELLA BCE, E ARRIVEREBBERO A COMANDARE ANCHE NEL GRUPPO ASSICURATIVO” – “IL NAZIONALISMO ECONOMICO DEL GOVERNO PORTEREBBE AD AVERE IL CONTROLLO MISTO PUBBLICO-PRIVATO DI DUE DELLE POCHE GRANDI SOCIETÀ QUOTATE ITALIANE A CAPITALE DIFFUSO, PERDENDO CREDIBILITÀ SUI MERCATI INTERNAZIONALI…”

Estratto dell’articolo di Alessandro Penati per “Domani”

 

ALESSANDRO PENATI

Schiacciata tra i grandi gruppi tecnologici americani, l’imperialismo economico cinese e quello militare di Putin, l’Europa va incontro a una crisi esiziale, come ha chiaramente ammonito Mario Draghi. Una crisi da affrontare promuovendo la crescita delle imprese tramite fusioni e acquisizioni transfrontaliere […] e creando un grande mercato unico dei capitali.

 

Il governo Meloni sta facendo esattamente l’opposto. Ha invocato il golden power per fermare l’Opa di UniCredit su Bpm anche se l’offerta è tra due banche italiane quotate: offrendo però in questo modo al governo tedesco una ragione in più per osteggiare l’acquisto di Commerzbank sempre da parte di UniCredit.

 

FRANCESCO GAETANO CALTAGIRONE - FRANCESCO MILLERI

Il governo è intervenuto perché l’Opa di UniCredit intralciava il suo progetto di creare attorno a Mps, dove detiene l’11 per cento, un “polo bancario” a capitale misto pubblico-privato su cui potesse continuare a esercitare la sua influenza.

 

Così, dopo aver profuso miliardi di fondi pubblici per salvare la banca senese, invece di uscirne definitivamente, ha infatti orchestrato, o perlomeno favorito, l’ingresso in Mps di Bpm, Anima, e del duo Caltagirone e Delfin (di seguito “CD”): assieme hanno il 36 per cento.

 

[…] l’operazione del Tesoro attorno a Mps [era] […] strumentale all’obiettivo di CD di raggiungere il controllo di Generali.

 

giorgia meloni e giancarlo giorgetti foto lapresse 1

L’Opa di UniCredit su Bpm ha dunque intralciato i piani di CD e del governo. Che così hanno sparigliato facendo lanciare a Mps un’Ops ostile su Mediobanca con l’obiettivo dichiarato di creare un terzo “campione nazionale” in ambito bancario (anche se ne abbiamo già due).

 

È la peggio concepita e incomprensibile scalata mai vista, se non si considerasse che il vero obiettivo è il sostegno a CD nel loro tentativo di conquistare Generali.

 

Sulla carta l’Ops di Mps ha infatti poca logica economica. Non si è mai visto che una società che vale 70 per cento del patrimonio (pre Ops) scali una che ne vale 120 con un’offerta interamente in azioni: per i soci di Mps, e quindi anche per il Tesoro, significa infatti subire una perdita dovendo pagare con “moneta” svalutata l’acquisto di una “cara”.

MPS - MEDIOBANCA - UNICREDIT - BANCO BPM - GLI INTRECCI

 

Per questa ragione avviene sempre il contrario, anche perché chi compera una banca che vale meno del patrimonio può beneficiare del “badwill” (la differenza tra valore di mercato e patrimonio) che può essere portato a incremento del capitale: è quello che ha fatto Intesa con l’Opa su Ubi traendone grande profitto.

 

PHILIPPE DONNET ALBERTO NAGEL

[…] Un’Ops che però diventa comprensibile se si considera il valore per CD della scalata occulta a Generali. Mediobanca è sempre stata criticata da CD per non essere stata capace di sviluppare l’investment banking all’estero, mentre l’Opa la trasformerebbe in una tradizionale banca commerciale focalizzata sulla raccolta dei depositi, sulla distribuzione di prodotti finanziari e sull’erogazione dei prestiti tramite una rete radicata sul territorio nazionale: evidentemente era una critica pretestuosa.

 

Con l’Ops, CD acquisirebbero di fatto il controllo sulla gestione di Mediobanca, con il 29 per cento del nuovo gruppo assieme al Tesoro e Bpm, aggirando in questo modo il divieto della Bce della presenza di imprenditori alla guida di banche; e con il 12 per cento di Mediobanca in Generali, assieme al loro 16, arriverebbero a comandare anche nel gruppo assicurativo.

 

LUIGI LOVAGLIO - FOTO LAPRESSE

Lo Stato, non contento dello sterminato numero di partecipazioni in società quotate, avrebbe anche il 5 per cento del nuovo gruppo bancario, potendo così rientrare in un settore da cui l’Europa l’aveva fatto uscire.

 

In tutto questo la Consob tace. Evidentemente non ravvede alcuna azione di concerto di CD, né ritiene utile alla trasparenza chiedere ad Anima, in quanto Sgr che deve tutelare esclusivamente gli interessi dei risparmiatori […] di rendere noto quante azioni detiene di tutti gli attori coinvolti nelle tre offerte in corso ed eventuali movimentazioni (umanamente, non vorrei trovarmi nei panni dei suoi gestori).

GLI AZIONISTI DI GENERALI

 

Non so dire se una Ops così mal congegnata possa avere successo, anche se c’è un prezzo per tutto; o se nei machiavellici piani di governo e CD è previsto qualche altro colpo di scena. Ma poco importa, perché il danno ormai è fatto.

 

Dopo gli investimenti pubblici e l’interventismo nelle telecomunicazioni per la creazione della futuribile società della rete, il governo dimostra di voler espandere ulteriormente la partecipazione dello Stato nel capitale delle imprese e giocare un ruolo attivo nel mercato dei capitali: un nazionalismo economico e un interventismo dello Stato che porterebbe ad avere il controllo nazionale misto pubblico-privato di due delle poche grandi società quotate italiane a capitale diffuso tra gli investitori istituzionali esteri, perdendo credibilità sui mercati internazionali.

 

MPS MEDIOBANCA

Avremmo un mercato dei capitali sempre più a carattere nazionale, dove cresce l’interferenza dello Stato, quindi più asfittico perché segmentato dal resto d’Europa. E un ritorno delle regole opache, con un pericoloso intreccio tra interessi pubblici e privati, dove Palazzo Chigi diventa la nuova banca di investimento di riferimento per il paese. Un altro piccolo passo verso la crisi esiziale dell’Europa.

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