donald trump scaffali vuoti

EFFETTO TRUMP: GLI SCAFFALI DEI SUPERMERCATI AMERICANI RISCHIANO DI RIMANERE VUOTI – I CAPI DEI COLOSSI DELLA DISTRIBUZIONE (WALMART, HOME DEPOT E TARGET) HANNO FATTO PRESENTE AL “COATTO DELLA CASA BIANCA” CHE, A CAUSA DEI DAZI SUI PRODOTTI CINESI, DA GIUGNO NEGLI USA MANCHERANNO I PRODOTTI PER IL NUOVO ANNO SCOLASTICO, E POI SARÀ IL TURNO DI QUELLI NATALIZI  QUESTO AVRA’ COME EFFETTO DOMINO UNA RECESSIONE, A CAUSA DEI LICENZIAMENTI A CATENA NELLE FILIERE COINVOLTE – NELL’ULTIMO MESE IL TRAFFICO DI CONTAINER DALLA CINA AGLI USA È CROLLATO DEL 45% RISPETTO A UN ANNO FA – IL FRONTE DEI BRICS CONTRO TRUMP

DAI QUADERNI AL NATALE: ALLERTA SCAFFALI VUOTI IN AMERICA SENZA UN ACCORDO SUI DAZI

Estratto dell’articolo di Federico Fubini per il “Corriere della Sera”

 

donald trump e la guerra dei dazi

Ad Atene, durante la crisi dell’euro nel 2015, l’intransigenza del governo contro Bruxelles iniziò a vacillare quando negli scaffali dei supermercati comparvero i primi spazi vuoti. Alcuni distributori greci faticavano a importare certi prodotti a causa dei dubbi fra i fornitori quanto alla moneta con cui sarebbero stati pagati.

 

E gli Stati Uniti naturalmente non assomigliano alla Grecia, in niente. Ma il danno politico per il governo inferto da immagini degli scaffali vuoti nei supermercati potrebbe essere altrettanto pesante. Anche per Donald Trump.

 

Il problema

I DAZI DI TRUMP - ILLUSTRAZIONE

Si tratta di un problema che il presidente, per il momento, non riconosce. Lui stesso ha raccontato in un’intervista a «Time» di aver ricevuto otto giorni fa alla Casa Bianca i presidenti-amministratori delegati dei tre maggiori gruppi americani della grande distribuzione nel Paese: Ted Decker di Home Depot, Doug McMillon di Walmart e Brian Cornell di Target. «Le dirò cosa pensano — ha detto Trump a “Time”, parlando dei dazi imposti su 185 Paesi e in particolare contro la Cina —. Quegli amministratori delegati pensano che quello che sto facendo sia esattamente la cosa giusta».

 

Altre ricostruzioni filtrate negli ultimi giorni raccontano invece una versione diversa dello stesso incontro alla Casa Bianca. I manager della grande distribuzione avrebbero presentato a Trump una lista di prodotti che rischierebbero di mancare dagli scaffali americani già da giugno, se Washington e Pechino non arrivano rapidamente a una distensione dopo le ritorsioni delle ultime settimane.

 

Oggi i dazi americani sono al 145% su tutte le importazioni cinesi, salvo un’esenzione sull’elettronica di consumo strappata da Apple e altri gruppi tecnologici che producono nella Repubblica popolare. I dazi cinesi sui prodotti americani sono saliti invece al 125%. Così la prima e la seconda economia del mondo sono vicine a un embargo reciproco e ora dovrebbero trovare una via d’uscita.

 

Le esenzioni

CAPPELLO MAKE AMERICA GREAT AGAIN MADE IN CHINA

Sulla base del precedente per i prodotti digitali, le grandi catene dei supermercati stanno insistendo per ottenere anche loro esenzioni su certe categorie di «made in China».

 

[…]  senza chiarezza entro breve tra Washington e Pechino, non partiranno gli ordinativi alle fabbriche cinesi per i prodotti del rientro scolastico americano fissato fra inizio agosto e inizio settembre; e senza una tregua commerciale entro l’inizio dell’estate, resterebbe paralizzata anche la filiera commerciale delle festività di fine anno, dai giocattoli alle decorazioni.

 

Soprattutto, uno stallo nei negoziati e la persistenza dell’embargo rischia di provocare meccanicamente una recessione in America. Non per un oggettivo stato di crisi, ma per i licenziamenti a catena che innescherebbe nelle filiere coinvolte.

 

xi jinping e donald trump - illustrazione the economist

Torsten Slok, capoeconomista del fondo newyorkese da 750 miliardi in gestione Apollo Global Management, stima che l’infarto nel commercio di beni fra la Cina e gli Stati Uniti sia iniziato nella prima settimana di aprile e dovrebbe farsi sentire negli Stati Uniti fra metà e fine maggio: a quel punto inizieranno a mancare i prodotti che sarebbero dovuti arrivare nei porti americani dopo 20-40 giorni di navigazione e che erano attesi per la distribuzione nelle città nell’ultima decade di maggio. Le perdite di posti nel trasporto su gomma e nel commercio al dettaglio sarebbero immediate e pesanti.

 

xi jinping donald trump

Ieri Scott Bessent, il segretario al Tesoro, non è apparso del tutto convinto nell’escludere un rischio del genere. «Non temiamo nell’immediato di vedere scaffali vuoti» ha detto, sapendo che oggi stanno ancora arrivando i prodotti partiti dai porti cinesi prima del “Liberation Day” (2 aprile) che ha avviato la spirale dei dazi. «Penso che la situazione non sia sostenibile da parte cinese, quindi potrebbero decidere di chiamarmi».

 

L’anno scorso il surplus commerciale sugli Stati Uniti ha generato l’1,84% del prodotto lordo della Repubblica popolare, secondo una stima basata sui dati doganali di Pechino. L’America nel 2024 valeva il 14,6% dell’export cinese, mentre il continente europeo il 20%. E sempre l’anno scorso gli Stati Uniti hanno derivano dalla Cina il 13% di tutte le loro importazioni.

donald trump e la guerra dei dazi

 

In questo stallo però c’è chi si porta avanti. Il gigante dell’e-commerce asiatico Shein (di Singapore) in questi giorni sta aumentando fino al 377% i listini dei suoi prodotti, molto diffusi nelle famiglie a basso reddito negli Stati Uniti: è la reazione alla fine delle esenzioni doganali per i piccoli acquisti postali e triplica il prezzo dei prodotti per l’igiene domestica, per la cucina o del make-up. […]

 

CONTAINER, GIÙ DEL 45% IL TRAFFICO VERSO GLI USA

Estratto dell’articolo di Giuliana Ferraino per il “Corriere della Sera”

 

xi jinping vladimir putin vertice brics 2024 foto lapresse

[…] le azioni del presidente americano rischiano di ritorcersi contro gli Stati Uniti. Qualche segnale già si avverte, con meno container nei porti americani e meno merci sui cargo. A metà aprile, il calo delle prenotazioni di container standard dalla Cina agli Usa erano inferiori del 45% rispetto a un anno fa, secondo il servizio di tracciamento dei container Vizion.

 

Un sondaggio della Camera di commercio internazionale in più di 60 Paesi dopo l’annuncio dei dazi ha mostrato l’aspettativa di un impatto permanente sul commercio, a prescindere dall’esito dei prossimi negoziati, il cui esito non è scontato. «Credo che spetti alla Cina allentare la tensione, perché ci vendono 5 volte di più di quanto vendiamo noi a loro, e quindi queste tariffe del 120%, 145% sono insostenibili», ha detto il segretario al Tesoro americano, Scott Bessent durante un’intervista alla Cnbc .

 

 

MEME SU XI JINPING E DONALD TRUMP

Invece immagina che «l’India sarebbe uno dei primi accordi commerciali che firmeremmo. Quindi tenete d’occhio questo spazio», ha aggiunto lasciando intravvedere una strategia di riallineamento dei rapporti asiatici.

 

Mentre a Washington si moltiplicano dichiarazioni tese e aperture selettive, a Rio de Janeiro un fronte alternativo prende forma: il blocco dei Brics, che oggi rappresenta quasi metà della popolazione mondiale e il 39% del Pil globale, è riunito per definire una risposta comune contro il protezionismo trumpiano.

 

Il gruppo dei ministri degli Esteri di Brasile, Russia, India e Cina e Sud Africa, allargato ad Arabia Saudita, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Etiopia, Indonesia e Iran, negozia «una dichiarazione per riaffermare la centralità e l’importanza del sistema commerciale multilaterale», ha dichiarato il capo negoziatore brasiliano Mauricio Lyrio.

 

MEME SUL CROLLO DEL VALORE DEL DOLLARO BY TRUMP

In questo contesto di accelerazione della frammentazione dell’economia globale e crescente crisi di credibilità del dollaro, non sorprende che a Rio si affronti anche la delicata questione delle transazioni in valuta non americana all’interno dei Brics, già affrontata nell’ultimo vertice del blocco a Kazan, in Russia, lo scorso ottobre. […]

DONALD TRUMP BANDERUOLA AL VENTOantonio guterres vladimir putin vertice brics 2024 foto lapresse xi jinping vladimir putin vertice brics 2024 foto lapresseMETTI IL DAZIO TOGLI IL DAZIO - MEME SU TRUMP

Ultimi Dagoreport

maurizio belpietro giorgia meloni francesco saverio garofani

A CIASCUNO LA SUA “VERITÀ” - L’ARTICOLO PUBBLICATO DAL QUOTIDIANO DI BELPIETRO SUL "PIANO DEL QUIRINALE PER FERMARE LA MELONI” È PRATICAMENTE IDENTICO ALLA MAIL RICEVUTA DA MOLTI ALTRI QUOTIDIANI, DA UN ANONIMO CHE SI FIRMAVA "MARIO ROSSI", CHE HANNO DECISO DI IGNORARE LA VICENDA PERCHÉ NON VERIFICABILE - PERCHE' BELPIETRO HA DECISO DI DARE SPAZIO E RISALTO A UNA STORIA COSI' AMBIGUA? HA IN MANO ANCHE UN AUDIO O CI SONO ALTRE RAGIONI? DI CERTO, L'EX ALLIEVO DI VITTORIO FELTRI È UN PO' IN DIFFICOLTÀ: LE COPIE VENDUTE DAL SUO GIORNALE CALANO E "LA VERITÀ" STA DIVENTANDO POST-VERITÀ, CON LO SPAZIO CONCESSO A COMPLOTTISTI, NO VAX E PUTINIANI - FORSE CREARE UN PO’ DI CACIARA CON IL GAROFANI-GATE SERVE A RIPORTARE IL QUOTIDIANO SOTTO I RIFLETTORI - DI SICURO HA FATTO UN FAVORE A GIORGIA MELONI. DEL RESTO, FU LEI NEL 2023 A OPPORSI ALLA VENDITA DEL GIORNALE AD ANGELUCCI, E A TROVARE IN FEDERICO VECCHIONI, AD DI "BONIFICHE FERRARESI" E CARO A LOLLOBRIGIDA, IL "SALVATORE" PRONTO A RILEVARE IL 25% DELLA SOCIETA' EDITRICE BY BELPIETRO - DA ALLORA FIOCCANO INSERZIONI DELLE PARTECIPATE E PEZZI PRO-GIORGIA...

matteo salvini giorgia meloni donald trump vladimir putin sergio mattarella

DAGOREPORT - COME MAI GLI ARTICOLI DELLA “VERITÀ” SUL “PIANO DEL QUIRINALE PER FERMARE LA MELONI” ARRIVANO IL GIORNO DOPO LA RIUNIONE DEL CONSIGLIO SUPREMO DI DIFESA, DI CUI GAROFANI È SEGRETARIO, IN CUI SI È RIBADITA LA LINEA DI “PIENO SOSTEGNO ITALIANO ALL’UCRAINA”? - LA LINEA PRO-KIEV DI GIORGIA MELONI SI E' AFFIEVOLITA DA TEMPO (HA MESSO IN “PAUSA” L'ADESIONE DELL'ITALIA AL PIANO PURL PER LE ARMI USA A KIEV) E SALVINI E' IL SOLITO "FIGLIO DI PUTIN" CHE SI OPPONE A OGNI SOSTEGNO A ZELENSKY - NON SOLO: MATTARELLA, ORMAI DA ANNI, INFIOCINA I SOVRANISMI DI MEZZO MONDO, HA PIU' VOLTE CRITICATO TRUMP, PUTIN, ORBAN, NETANYAHU E AFD (GUARDA CASO TUTTI AMICI DI MELONI E SALVINI) - SE L'AUDIO DI GAROFANI ESISTE, E CERTIFICA UN "COMPLOTTO" E NON UN SEMPLICE RAGIONAMENTO POLITICO, PERCHÉ BELPIETRO NON LO PUBBLICA? IL COLLOQUIO DELL'EX DEPUTATO DEL PD È STATO CARPITO AL RISTORANTE IN UNA "CHIACCHERATA TRA AMICI". SE ESISTE L'AUDIO, CHI LO HA REGISTRATO? UN AMICO? UN PRIVATO CITTADINO CHE HA RICONOSCIUTO GAROFANI, NONOSTANTE FOSSE UN VOLTO POCO NOTO? O IL CONSIGLIERE DI MATTARELLA ERA "ATTENZIONATO"? DA CHI?

tommaso foti galeazzo bignami

CHIAGNI E FOTI – A VOLERE QUEL FENOMENO DI GALEAZZO BIGNAMI COME CAPOGRUPPO DI FDI ALLA CAMERA FU TOMMASO FOTI, CHE SCELSE IL CAMERATA BOLOGNESE COME SUO SUCCESSORE. QUANDO CI FU IL PASSAGGIO DI CONSEGNE, FOTI ASSICURÒ CHE NON AVREBBE POTUTO SCEGLIERE UN SUCCESSORE MIGLIORE (PENSA COM'ERANO GLI ALTRI PRETENDENTI) - DI SICURO BIGNAMI NON È MAI STATO TROPPO ISTITUZIONALE NEGLI INTERVENTI IN AULA: SPESSO PROVOCATORIO, OGNI VOLTA CHE PARLA IRRITA L'OPPOSIZIONE. PARE CHE UNA TELEFONATA DA PALAZZO CHIGI E UN CONSIGLIO “PATERNO” BY FOTI LO AVESSERO INDOTTO A MAGGIOR EQUILIBRIO. SINO A IERI…

sergio mattarella guido crosetto galeazzo bignami adolfo urso giorgia meloni

FLASH! - SULLA QUESTIONE GAROFANI-BELPIETRO, RIMBOMBA IL SILENZIO ASSORDANTE DI GUIDO CROSETTO. CHE LA LINEA DEL MINISTRO DELLA DIFESA E COFONDATORE DI FRATELLI D’ITALIA SIA PIÙ IN SINTONIA CON IL COLLE CHE CON I CAMERATI DI “PA-FAZZO” CHIGI DI VIA DELLA SCROFA, NON È UNA NOVITÀ. D’ALTRONDE, NEL 2022 FU MATTARELLA A VOLERE CROSETTO ALLA DIFESA, DOPO AVER BOCCIATO IL NOME DI ADOLFO URSO PROPOSTO DA MELONI. ED È SEMPRE STATO CONSIDERATO UN “INTERLOCUTORE” DEL COLLE, TANT’È CHE GUIDONE SMISE DI PARTECIPARE  AI CONSIGLIO DEI MINISTRI POICHÉ TUTTI DAVANTI A LUI TENEVANO LA BOCCUCCIA CHIUSA…

maurizio belpietro giorgia meloni galeazzo bignami francesco saverio garofani sergio mattarella

GIORGIA MELONI NON ARRETRA! DOPO L'INCONTRO AL QUIRINALE CON MATTARELLA, LA DUCETTA HA RIBADITO LA VERSIONE DEL CAMERATA GALEAZZO BIGNAMI: “RAMMARICO PER LE PAROLE ISTITUZIONALMENTE E POLITICAMENTE INOPPORTUNE DI FRANCESCO SAVERIO GAROFANI” – AL CONSIGLIERE DI MATTARELLA SARÀ SFUGGITA UNA PAROLA DI TROPPO, MA DA UNA BANALE OSSERVAZIONE POLITICA SUL CENTROSINISTRA AL GOLPE QUIRINALIZIO, CI PASSA UN OCEANO – PERCHÉ BELPIETRO NON PUBBLICA L'AUDIO IN CUI GAROFANI EVOCAVA UN “PROVVIDENZIALE SCOSSONE” (AMMESSO CHE LO "SCOSSONE" NON SI RIFERISSE AL CENTROSINISTRA)? SE LO FACESSE, LA QUESTIONE SAREBBE CHIUSA: PER GAROFANI SAREBBE DIFFICILE RESTARE AL SUO POSTO – IL QUIRINALE AVEVA FATTO SAPERE CHE DOPO L’INCONTRO CI SAREBBE STATO UN COMUNICATO. PER ORA L’HA FATTO LA MELONI: CI SARÀ UN’ALTRA NOTA DAL COLLE? - BIGNAMI INSISTE: "CI HA SORPRESO LA REAZIONE SCOMPOSTA DEL PD, GAROFANI HA CONFERMATO I CONTENUTI E NON HO VISTO PIATTI VOLARE DAL QUIRINALE..."