1. EMMA BONINO VA MALINO PER WASHINGTON: IL SUO INVITO A FAR SEDERE L’IRAN AL TAVOLO DI “GINEVRA 2” HA FORTEMENTE IRRITATO I CIRCOLI AMERICANI CHE RITENGONO PREMATURA E SOSPETTA LA SVOLTA DI TEHERAN (E’ PARTITO IL VALZER DEGLI AMBASCIATORI) 2. OLTRE A SCALARE IL GRUPPO RCS PER PORTARE IL “CORRIERE DELLA SERA” NELLE SUE MANI E IN QUELLE DEL COMPAGNO DI MERENDA LUCHINO DI MONTEZEMOLO (UNO STIPENDIATO FIAT-FERRARI CHE FARÀ FELICE ELKANN), DELLA VALLE DOVREBBE DEDICARE PIÙ ATTENZIONE AI CONTI E ALLA GESTIONE DI NTV (LE MOSSE-KILLER DI MORETTI) 3. DI FRONTE ALLE TENTAZIONE LA7 DI CARLETTO DE BENEDETTI SI È ALZATO IL MURO DEI FIGLI E DI EZIO MAURO CHE NON VOGLIONO ASSOLUTAMENTE SAPERNE (LA TV È GALEOTTA) 4. GRAZIE A NAGEL, BERNABÈ E PATUANO IN LOVE – MARIO GRECO CONVINTO CHE SOLO CON L’USCITA DI BERNABÈ, GENERALI RIUSCIRÀ A VENDERE LA PARTECIPAZIONE IN TELECOM

1. LA BONINO VA MALINO PER WASHINGTON - (E' PARTITO IL VALZER DEGLI AMBASCIATORI)
Nei corridoi della Farnesina è cominciato l'esame ai raggi X della ministra Emma Bonino e i risultati non sembrano esaltanti.

Quando l'esponente radicale ha raccolto l'eredità del discusso predecessore Terzi di Sant'Agata, la diplomazia si aspettava che la 65enne signora piemontese riuscisse a dare un'impronta alla nostra politica estera e ad eccitare l'apparato del ministero con qualche cambiamento significativo. In realtà la Bonino si è mossa finora con grande cautela e senza idee particolarmente originali. Sulla delicata questione dei marò italiani ha fatto dichiarazioni frettolose come il 15 maggio quando ha detto: "li riporteremo a casa con una soluzione equa e rapida".

E non si è sbilanciata piu' di tanto a difendere la causa di Finmeccanica dopo lo scandalo per le presunte tangenti sulle quali ieri si è aperto il processo a Busto Arsizio con la sorpresa del governo indiano che si è costituito parte civile. Forse la ministra non ha voluto mettere i piedi in due vicende che comunque toccano la credibilità del nostro Paese e ha preferito dirottare la sua attenzione su altre aree geopolitiche come la Siria e l'Iran.

Sullo sterminio di Assad ha avuto parole durissime, ma l'apertura più significativa è stata verso la vittoria del moderato e pragmatico Assan Rohani alle presidenziali iraniane. In questo caso non ha detto nulla di sconvolgente, ma a quanto pare il suo invito a far sedere l'Iran al tavolo di quella che i diplomatici chiamano "Ginevra 2" ha fortemente irritato i circoli americani che ritengono prematura e sospetta la svolta di Teheran.
Sarebbe comunque ingiusto dire che il capo della Farnesina finora non abbia fatto nulla. Qualcosa infatti si sta muovendo nelle ambasciate.

A Mosca andrà l'ambasciatore Cesare Maria Ragaglini, il diplomatico toscano che dopo le lauree all'università di Bruxelles e di Firenze ha iniziato la carriera nel '78 passando alcuni anni alla Farnesina per diventare nel 2009 rappresentante permanente per l'Italia alle Nazioni Unite. Qui si ricorda ancora il suo incontro nell'aprile dell'anno scorso con mille studenti ai quali cercò di trasmettere la sua passione per la diplomazia.

Prima di scegliere il nuovo ambasciatore a Mosca, la Bonino aveva già provveduto un mese fa a nominare il nuovo ambasciatore a Bruxelles presso l'Unione europea. La scelta è caduta su Stefano Sannino, un esperto di temi comunitari che per due anni è stato consigliere diplomatico di Romano Prodi a Palazzo Chigi.

Per due ambasciatori che arrivano ce ne è uno invece che sembra intenzionato a cambiare mestiere. È Riccardo Sessa, anche lui come Ragaglini di origini toscane, che nella Prima Repubblica era attaccato ad Andreotti come un francobollo. Nel suo curriculum ci sono le esperienze di capo missione a Belgrado durante il conflitto del '99, a Teheran dove ha lavorato per tre anni, e a Pechino. Adesso pare che lasci la diplomazia per diventare presidente di Fincantieri, la società che costruisce le navi ed è guidata da Vincenzo Bono.

Fino a dicembre la poltrona della presidenza è stata occupata da Corrado Antonini, un nome noto all'Iri per la lunga carriera svolta tra Finsider, Italsider e Fincantieri dove è arrivato nel 1974.
Anche Sessa, come l'ex-ambasciatore Castellaneta, che smania dalla voglia di arrivare al vertice di Finmeccanica, ritiene più proficuo cambiare casacca mettendo a frutto 40 anni di diplomazia.

Nei corridoi della Farnesina si chiedono quale sarà il destino del segretario generale, Michele Valensise, che ha dato manforte all'ex-ministro Terzi nel pasticcio indiano e per il quale era prevista un'ambasciata in un paese dell'Africa sub-sahariana. La Bonino ci sta pensando ma finora non ha preso alcuna decisione.

2. DELLA VALLE DOVREBBE DEDICARE PIÙ ATTENZIONE AI CONTI E ALLA GESTIONE DI NTV (LE MOSSE DI MORETTI)
Oltre a preoccuparsi di scalare il Gruppo Rcs per portare il "Corriere della Sera" nelle sue mani e in quelle del compagno di merenda Luchino di Montezemolo (uno stipendiato Fiat che farà felice Elkann), Dieguito Della Valle dovrebbe dedicare più attenzione ai conti e alla gestione di Ntv, la società dei treni nella quale si ritrova accanto al presidente della Ferrari, ai francesi di SCNF e a Banca Intesa.

Non sono conti brillanti come si evince dal bilancio 2012 approvato ieri dai 15 membri del consiglio di amministrazione che denuncia una perdita di 77 milioni di euro. Con infinita malizia i concorrenti delle Ferrovie dello Stato sostengono che sul bilancio è stato fatto un po' di lifting perché le perdite a loro avviso sarebbero state di almeno 130 milioni.

In realtà il problema di Dieguito e degli altri soci è quello di guardare avanti per capire come si potrà affrontare la guerra delle tariffe che ormai vede in lotta soggetti come le Ferrovie di Moretti, gli aerei di Easyjet e di Alitalia e la stessa Ntv.

È una guerra spietata che prima o poi lascerà sul terreno qualche cadavere ed è tale da preoccupare l'amministratore delegato Sciarrone e l'abbronzato presidente Antonello Perricone che si è lasciato alle spalle la voragine spaventosa di Rcs. Oggi si legge sul quotidiano "MF" che Ntv cercherà di fare nuovi business non solo con Italo, ma anche con nuove attività in Svizzera dove potrebbe fornire alle ferrovie locali il suo know-how.

Probabilmente questo superamento delle Alpi non basterà a portare equilibrio nel bilancio di quest'anno e l'annuncio ha il sapore di un diversivo che serve a creare una cortina fumogena.

La realtà è che servirebbero nuovi quattrini, magari con un aumento di capitale (favorito da Banca Intesa) di cui si parla da un anno, e con qualche idea innovativa sui servizi. Per conquistare 8 milioni di passeggeri, rispetto ai 6 trasportati l'anno scorso, la società di Luchino e Dieguito dovrebbe ridurre ancora le tariffe e soprattutto avere una disponibilità superiore di carrozze e di posti da destinare alla clientela business. Su questo target ha puntato quel diavolaccio di Moretti che dando per scontata l'archiviazione di un'Authority per i Trasporti è arrivato al punto di lasciare aperta la porta per un'integrazione tra la sua azienda e l'Alitalia.

Qualcuno ha definito questo progetto una scemenza, per altri invece è una furbata. Probabilmente l'ex-sindacalista di Rimini non ha mai pensato a un'integrazione societaria bensì al modello applicato da anni in Inghilterra dove la Virgin è scesa in campo offrendo un biglietto di pari tariffa per l'aereo o per il treno. In quel caso la Virgin si è spinta a costruire il pacchetto perché proprietaria di entrambi i mezzi di trasporto, ma il successo inglese ha eccitato la fantasia di Moretti.

A questo punto nel quartier generale di Ntv devono mettere da parte l'idea di partecipare alle gare regionali per il trasporto dei pendolari e incrociare le dita quando entro la fine dell'anno Moretti sparerà sui binari almeno due o tre treni superveloci.

3. DI FRONTE ALLE TENTAZIONI TELEVISIVE CARLETTO DE BENEDETTI SI È ALZATO IL MURO DEI FIGLI E DI EZIO MAURO
Carletto De Benedetti assiste abbastanza divertito al travaglio del Gruppo Rcs e del "Corriere della Sera".

Tutto ciò che accade dentro la corazzata di via Solferino aumenta lo spazio di mercato per il Gruppo Espresso e Repubblica, ma l'ipotesi che dal groviglio armonioso dei vecchi poteri salti fuori come vincitore unico lo scarparo marchigiano gli crea qualche inquietudine.

Da qui il recupero di un forte interesse per ciò che succede nel panorama delle emittenti televisive dove l'attenzione dell'Ingegnere è sempre rimasta puntata sulle sorti de "La7".

A maggio dell'anno scorso il suo nome circolava con insistenza tra i possibili acquirenti dell'emittente che poi Franchino Bernabè ha regalato a Urbano Cairo. Durante un telegiornale Enrichetto Mentana si spinse a dire che il destino de "La7" si sarebbe giocato in base al "fattore D", cioè tra tre imprenditori come De Benedetti, De Laurentiis, Della Valle. Dopo pochi giorni Carletto smentì categoricamente il suo interesse e disse urbi et orbi: "non la compro!".

Nonostante la questa ritirata sembra che non abbia del tutto archiviato il progetto di rimettere le mani nella televisione che Cairo sta gestendo con difficoltà per far quadrare i conti. L'interesse dell'Ingegnere è stato riconfermato nei giorni scorsi dall'uomo che sussurra ai potenti, quel Bisignani risorto che con una profezia da prendere con le pinze ha scritto nel suo libro: "alla fine De Benedetti rientrerà nella partita", e con un altro pizzico di pepe alla Nostradamus ha ricordato il ruolo svolto nella vendita de "La7" dallo studio legale Erede che oltre ad aver assistito Cairo nell'operazione "ha ottimi rapporti con De Benedetti".

Negli ambienti milanesi credono più ai soldi che alle profezie romane, ma di fronte all'eventualità che Della Valle si impossessi del "Corriere", hanno ripreso a circolare le voci su un interesse di Carletto (caricato a palla dal giornalista-confidente Gad Lerner).
Dall'Ingegnere non arriva alcuna conferma, anzi si dice che di fronte alle tentazioni televisive si è alzato il muro dei figli e di Ezio Mauro che non vogliono assolutamente saperne di competere con la Rai e con Mediaset.

4. GRAZIE A NAGEL, BERNABÈ E PATUANO IN LOVE - MARIO GRECO CONTRO
Avviso ai naviganti: "Si avvisano i signori naviganti che la giornata non è cominciata bene per Franchino Bernabè.

Alle prime ore è arrivata dall'America la bocciatura del titolo Telecom da parte di Citigroup e la Borsa ha reagito con un calo di oltre il 3%. Eppure il manager di Vipiteno sperava che dopo l'audizione di ieri al Senato sullo scorporo della Rete dove ha ventilato anche l'ipotesi che nella nuova società arrivino investitori stranieri, la Borsa reagisse positivamente.

Quella di oggi comunque è una giornata importante anche perché il capo di Telecom dovrà tener d'occhio la presentazione del Piano industriale di Mediobanca. Da Piazzetta Cuccia gli è stata riconfermata la volontà di non cedere la partecipazione in Telco e sembra che per misteriose ragioni il pallido Alberto Nagel abbia ricostituito un rapporto forte con Franchino mettendo fine alla guerra sotterranea che lo ha visto in alcune occasioni in contrasto con il suo amministratore delegato Marco Patuano (scelto per quella poltrona nel 2011 proprio da Nagel)).

Il nemico dei progetti di Bernabè non è quindi a Piazzetta Cuccia, ma alle Generali dove chi spinge come un forsennato per l'uscita di Bernabè da Telecom è l'amministratore delegato Mario Greco: Il manager delle assicurazioni e' più che mai convinto a cedere il 30,6% detenuto da Generali in Telco se la governance dei telefoni non sarà cambiata".

 

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