CATRICALA’ PREME PER LO SPINOFF DELLA RETE TELECOM, MA SUL RAFFORZAMENTO PATRIMONIALE E’ BUIO PESTO: ACCORDO DI TELEFONICA CON LE BANCHE MA NON CON I SOCI ITALIANI

1. TELECOM, PRONTO IL DOSSIER SCORPORO - CATRICALÀ: «PER IL GOVERNO LA SEPARAZIONE È UN OBIETTIVO IMPORTANTE»
Andrea Biondi per "Il Sole 24 Ore"

L'argomento è scivolato in secondo piano, oscurato dalle manovre sui destini dell'assetto azionario. Ma il progetto di scorporo della rete Telecom Italia non si è fermato nei mesi estivi. E a quanto risulta al Sole 24 Ore il documento con informazioni più dettagliate richiesto dalla stessa Agcom è sostanzialmente pronto. Manca solo la presentazione da parte del gruppo all'Autorità che potrebbe averlo sul proprio tavolo in occasione della seduta di Consiglio del 30 settembre, la prossima in calendario.

Il progetto di spin-off della rete va dunque verso un'accelerazione. A luglio, con la positiva conclusione della pre-istruttoria, l'Agcom aveva richiesto alla società presieduta da Franco Bernabè un'integrazione alla prima informativa ricevuta a fine maggio, comunicando l'intenzione di avviare «nel mese di settembre l'analisi coordinata dei mercati d'accesso».

Nel frattempo, dal via libera del Cda di Telecom al progetto di scorporo - che per arrivare a regime richiede comunque almeno 18 mesi - vari eventi hanno sparigliato le carte. Primo fra tutti la querelle sul prezzo dell'unbundling (il costo d'affitto che gli operatori alternativi pagano all'ex monopolista per l'ultimo miglio della rete fissa).

Agcom ha abbassato le tariffe 2013 attirando gli strali di Telecom, con i vertici che hanno ribadito con forza il legame fra piano di scorporo della rete e decisioni sui prezzi del rame. Nella partita è poi entrata anche la Ue che ha criticato la delibera Agcom.

«Ci vorrà qualche giorno per il pronunciamento del Berec, poi comincerà la fase del dialogo a tre fra Agcom, Berec e Commissione Ue, per chiudere entro un mese, un mese e mezzo, il dossier», ha commentato ieri a margine di un convegno il presidente Agcom, Angelo Marcello Cardani. Il quale, però, sul tema dello scorporo ha voluto mettere le mani avanti: «Non abbiamo nessuna carta allo studio. Siamo in stand-by. Aspettiamo la documentazione da Telecom».

Sul possibile spin off c'è tuttavia da mettere agli atti un'importante presa di posizione del viceministro allo Sviluppo, con delega alle Tlc, Antonio Catricalà. «Per il Governo - ha detto Catricalà - lo scorporo della rete di Telecom è un obiettivo molto importante» che comunque «va perseguito nell'ambito del libero mercato». In questo quadro, «la Cdp può avere un ruolo da protagonista, ma l'investimento deve risultare profittevole» perché la Cassa depositi e prestiti «non dà aiuti di Stato».

A ogni modo, anche se «i tempi non sono prevedibili» l'operazione di spin off «non è mai stata abbandonata. Non c'è mai stata rinuncia da parte di Telecom», ha detto Catricalà definendo Telecom «un asset importantissimo, i soci sono forti, il business è molto importante, c'è la rete che vale moltissimo». Il governo, ha chiosato il viceministro, «non deve preoccuparsi.

Il rinvio del cda di qualche giorno non è un allarme ma il modo corretto di arrivare alla riunione con il più largo consenso dei soci». Il tutto con una convinzione di fondo: «Se c'è un problema di rafforzamento della compagine azionaria sarà risolto da Telco con saggezza».


2. TRE OPZIONI: NUOVO SOCIO, CESSIONE IN BRASILE O AUMENTO
Antonella Olivieri per "Il Sole 24 Ore"


Tre scenari per il rafforzamento patrimoniale Telecom, non più rinviabile. Mentre continua il balletto del riassetto dell'azionariato, la sabbia nella clessidra scorre veloce. Le agenzie di rating che hanno messo il merito di credito del gruppo sotto osservazione potrebbero non aspettare neppure i dati del terzo trimestre per calare la mannaia che precipiterebbe il debito Telecom a livello junk, "spazzatura", e le sorti della compagnia - che ha sulle spalle un peso da 40 miliardi - in un circolo vizioso dal quale rischierebbe di non riuscire più a sollevarsi. Un rischio, da evitare a qualsiasi costo, che il 3 ottobre, quando si riunirà il cda Telecom, dovrà essere affrontato.

In questi giorni, al posto del consiglio che non è mai stato convocato, sono in corso riunioni informali a Milano per fare il punto della situazione. L'ad Marco Patuano ha lavorato a un piano di riorganizzazione del gruppo, per il quale si è confrontato anche con l'azionista Telefonica (recandosi in visita a Madrid), che ha già seguito un percorso analogo. La riorganizzazione allo studio prevede la societarizzazione dell'attività di customer care (che Telefonica ha dato in outsourcing), dei servizi corporate e dei servizi retail, in aggiunta alla già ipotizzata newco della rete d'accesso.

Nulla a che vedere dunque con logiche finanziarie di possibili alleanze ad hoc e/o cessioni. Ma questa sarebbe solo una parte del piano industriale messo a punto che, per il resto, secondo fonti sindacali prevederà investimenti consistenti per l'ammodernamento della rete fissa domestica, anche questo tema non più rinviabile che, oltretutto, sta a cuore al Paese.

Il tutto dovrebbe essere corredato dalla quantificazione delle risorse necessarie per sostenere il piano e, per quanto si voglia infiocchettare il pacchetto, evitare il pericoloso declassamento. La risposta che ancora manca è chi ci metterà il quattrino.

Gli scenari possibili sono tre. Il primo è la cessione di Tim Brasil ventilata dai report degli analisti e che, secondo fonti ben informate, non dispiacerebbe agli spagnoli perchè caverebbe loro le castagne dal fuoco almeno in Brasile.

Telecom, rispondendo alla Consob brasiliana, ha detto di non essere a conoscenza di alcuna proposta in tal senso, perchè non è intenzione del management di privarsi dell'asset sudamericano che ancora garantisce la crescita e nessuna offerta per la quota detenuta in Tim Brasil sarebbe comunque presa in considerazione per meno di 10 miliardi, vale a dire il doppio rispetto agli attuali prezzi di mercato.

Il secondo e terzo scenario dipendono dall'evoluzione dell'azionariato, assetto che sarà più chiaro dopo il 28 settembre quando scade il termine per le disdette anticipate al patto Telco. Nel caso in cui Telco sopravviva pur in formazione ridotta (allo stato è lo scenario meno probabile), è ipotizzabile che il management proponga un aumento di capitale riservato all'ingresso di un nuovo socio.

Invece, nel caso in cui dallo sfaldamento di Telco nasca un nuovo azionariato - vorrebbe dire che i soci italiani (Mediobanca, Generali, Intesa-Sanpaolo) avrebbero trovato un altro interlocutore cui cedere la loro quota, che complessivamente arriva al 12% - potrebbe essere considerato anche un aumento di capitale di mercato.

Quel che non torna in quest'ultimo scenario sono i tempi, dal momento che se anche tutti i soci italiani dessero disdetta passerebbero sei mesi prima della consegna fisica delle azioni e nel frattempo resterebbero in vigore tutte le regole Telco, che assegnano la prelazione agli spagnoli in caso di offerta da parte di un soggetto esterno per le quote in uscita.

 

 

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