BANCHIERI NELL'ANGOLO - MENTRE PENSANO AI GUAI DI ZALESKI E SORGENIA, LE GRANDI BANCHE SI DIMENTICANO DEL NUOVO CONTRATTO DI LAVORO E I SINDACATI LI SPIAZZANO - PATUELLI TACE NON RISPONDE

Antonio Satta per "Mf - Milano finanza"

Il sindacato prova a spiazzare la controparte, rifiutando l'etichetta di baluardo della conservazione. Al tempo stesso propone un'alleanza tra «capitale e lavoro» per difendere il settore, «sotto attacco strumentale» della politica e non solo. Questo il senso della prima giornata del XX Congresso della Fabi, il principale sindacato dei bancari, e soprattutto è il nodo centrale del discorso introduttivo del suo segretario, Lando Maria Sileoni.

Un discorso che rappresenta una tappa del difficile percorso per il rinnovo del Contratto nazionale di lavoro del settore, partito a fine febbraio in un sostanziale dialogo fra sordi, per l'incompatibilità tra le rispettive posizioni.

Se uno dei punti irrinunciabili degli istituti è trasformare il modello di banca, partendo dalla multicanalità, la Fabi rilancia accettando anche una delle conseguenze implicite nel progetto, ossia riconvertire il lavoro del bancario al di là della tradizionale sfera finanziaria.

Serve, ha detto Sileoni, una banca che orienti il proprio modello di business verso «servizi ad alto valore aggiunto di consulenza alle imprese, tagliati sulle esigenze dei clienti», che «riporti i giovani allo sportello», che «tuteli i salari dei dipendenti», che punti su «prodotti innovativi a elevato contenuto etico, economico e sociale», che si muova in anticipo e affronti i colossi digitali sul loro stesso campo «quello della raccolta ed elaborazione dati».

Sileoni ha citato, infatti, Google, Amazon, eBay, PayPal, sfidando le banche a rispondere all'offensiva di questi gruppi sui servizi di pagamento, ma anche nel mercato dei Big Data. Il sindacato, è il messaggio, non ha paura di affrontare una rivoluzione dei profili professionali, delle competenze, delle modalità di lavoro e anche della struttura del salario, ma - hadetto Sileoni - l'Abi deve capire che «la professionalità si paga».

Alla controparte il sindacato ha infatti ribadito ieri che rifiuta l'alternativa tra mantenimento degli attuali livelli occupazionali (300 mila addetti) e gliaumenti salariali. In primo luogo perché quando nel 2020 sarà concluso il percorso di riorganizzazione delle reti incominciato nel 2000 i posti di lavoro in meno saranno 68 mila, ma anche perché con il nuovo modello pensato dai sindacati «non solo aumenterebbero i ricavi, ma si creerebbero nel tempo almeno altri 20 mila posti di lavoro», riuscendo pure a «potenziare le procedure di controllo, di discussione, di vincolo per rendere più difficili tutti i processi di espulsione, sia di manodopera sia di attività».

A questo proposito Sileoni ha contestato anche uno dei cavalli di battaglia del vicepresidente Abi, Francesco Micheli, capo delegazione delle banche nella trattativa sul contratto. Micheli sostiene che in Italia il costo del lavoro nel settore è fra ipiù alti d'Europa, Sileoni gli risponde che se al totale si tolgono i guadagni di dirigenti e manager il primato si dissolve. «Gli stipendi di certi manager stridono violentemente contro il buonsenso, contro le difficoltà economiche della povera gente, e stridono vergognosamente rispetto ai tagli dei posti di lavoro degli ultimi anni».

Non si è parlato, comunque, solo di contratto nella relazione di Sileoni. Spazio anche alla difesa del voto capitario nelle banche popolari, «un modello di partecipazione democratica», contro cui Bankitalia ha imbastito una guerra ideologica «che noi contrasteremo», e opposizione all'ipotesi di bad bank, ventilata dal governatore Ignazio Visco.

«La discarica delle sofferenze, invocata da più parti, può anche rappresentare il pericolo di una strage d'imprese», mentre nel nuovo modello di banca, «anche la gestione dei portafogli deteriorati potrebbe rappresentare, contrariamente al passato, un'area di business, nella quale allocare personale di grande qualità, in grado di gestire tematiche della vita di una banca e dei suoi clienti».

Più in generale l'auspicio della Fabi è che Bankitalia si occupi solo di Vigilanza e non faccia più il regista delle fusioni e degli assetti bancari «come avvenuto da Fazio in poi». Al presidente dell'Abi, Antonio Patuelli, citato e ringraziato più volte, Sileoni ha lanciato l'appello a ritrovare il clima di condivisione degli anni passati e anche una proposta provocatoria: «Vogliamo finalmente aprire la governance delle banche ai rappresentanti dei lavoratori, in una nuova logica di una condivisa responsabilità di gestione?».

Nel merito del contratto, però, Patuelli non è voluto entrare, mentre ha raccolto l'invito a fare fronte comune contro gli attacchi «demagogici» al sistema finanziario nazionale. E rivolgendosi direttamente al premier Matteo Renzi, Patuelli s'è augurato che «si renda conto che la nazionale delle banche gioca per l'Italia tutta e penalizzarle soprattutto quest'anno è una contraddizione in termini».

 

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