1. I LIGRESTI HANNO RUBATO IL RUBABILE, MA SONO FINITI VITTIME DI QUALCUNO PIÙ FURBO DI LORO: IL DUO UNICREDIT/MEDIOBANCA. LA PROVA È NELL’INTERVISTA A PELUSO 2. “NON SONO UN TRADITORE DEI LIGRESTI, HO PASSATO LE NOTTI IN PIEDI PER SALVARLI” 3. EPPURE FU IL FONDO AMBER, “PORTATO DA UNICREDIT” CHE AVEVA PIAZZATO PELUSO IN FONSAI ANCHE GRAZIE ALL'AMICIZIA DI MAMMA CANCELLIERI, A FAR PRECIPITARE LE ASSICURAZIONI NEL BARATRO. “LA LORO DENUNCIA FU UN FULMINE A CIEL SERENO” (CERTO) 4. POI, SEMPRE PER CASO, ARRIVA MEDIOBANCA (CHE HA COME AZIONISTA UNICREDIT) E ORCHESTRA L’OPERAZIONE CON UNIPOL (SUA DEBITRICE COME FONSAI) PER GARANTIRE I SUOI CREDITI, SILURARE I LIGRESTI, E DISTRUGGERE GLI ALTRI CREDITORI E PICCOLI AZIONISTI 5. PURE I PM LO SCRIVONO: “PELUSO È ANDATO IN FONSAI PER PULIRE I BILANCI, O PER FAR EMERGERE I BUCHI E COSÌ ESTROMETTERE GLI AZIONISTI DI RIFERIMENTO (I LIGRESTI)?”


1. I LIGRESTI AVRANNO RUBATO IL RUBABILE, MA SONO FINITI VITTIME DI QUALCUNO PIÙ FURBO DI LORO: UNICREDIT/MEDIOBANCA
Caro Dago,

ma non è che il caso Cancellieri serve per parlar d'altro? Peluso oggi al Corriere a proposito dell'intervento nel capitale Fonsai del fondo Amber, in occasione di un aumento di capitale orchestrato dallo stesso Peluso, dice che il fondo "lo portò Unicredit" che era lead manager dell'operazione. L'aumento fu fatto a forte sconto sul prezzo di borsa. Fu Amber a scatenare l'inferno societario su Fonsai poi seguito dalle inchieste, che estromisero i Ligresti.

E Peluso proveniva proprio dall'Unicredit che aveva finanziato generosamente i Ligresti sotto la gestione di Alessandro Profumo. E il "salvataggio" di Fonsai a opera di Unipol fu voluto da Mediobanca, di cui Unicredit è socio forte. Salvataggio voluto, come ormai è noto, per permettere ai due istituti di tutelare i loro crediti. Di certo i Ligresti hanno rubato il rubabile, ma non è che son finiti vittime di qualcuno più furbo di loro?
Con simpatia.
Andrea


2. IL FIGLIO DELLA CANCELLIERI: «I LIGRESTI NON HANNO CAPITO . NOTTI IN PIEDI PER SALVARLI» - PELUSO: NON SONO UN TRADITORE
Fabrizio Massaro per il "Corriere della Sera"

Non vuole parlare delle polemiche sulla madre, il ministro della Giustizia Annamaria Cancellieri, per l'interessamento verso Giulia Ligresti in carcere; ma del suo lavoro in Fonsai Piergiorgio Peluso, 45 anni, top manager di Telecom da un anno, dopo aver lasciato la compagnia assicurativa, parla eccome. Per difendere il suo operato e respingere le accuse dei Ligresti di essere stato l'emissario delle banche inviato per privarli della compagnia. «Non è così, ovviamente. Che queste accuse arrivino da Jonella e Giulia, che non hanno la più pallida idea di che cosa parlano, è sintomatico».

Allora raccontiamo com'è andata.
«Sono arrivato in Fondiaria a giugno 2011 dopo l'aumento di capitale, quando le banche posero il tema della discontinuità manageriale. Io avevo lavorato in Capitalia e UniCredit seguendo i più grandi gruppi, compreso quello Ligresti. E poi c'era la conoscenza famigliare, più con Antonino Ligresti che con Salvatore. Fondiaria nacque per me come una opportunità di carriera interessante».

Ma lei cominciò subito a ripulire i bilanci...
«Ad agosto scoppiò la crisi finanziaria, e con lo spread a 500-600 l'impatto sul portafoglio di una compagnia è immediato. A questo si combinò la crisi delle riserve, perché a fine settembre l'Isvap identificò un fabbisogno di riserve per circa 600 milioni. Poi c'era il mercato immobiliare, che pesava in Fonsai più del doppio che in ogni altra compagnia. Questa combinazione portò a un nuovo aumento di capitale.

E tutto questo non ha niente a che vedere con la predeterminazione di cui parlano i Ligresti, è inaccettabile. Stiamo parlando di un'azienda molto debole che ha avuto una situazione di collasso. L'indice di solvibilità era sceso a 75, quando la legge impone 100 e la compagnia si era posta il limite di 120. Insomma mancava il requisito per continuare l'attività associativa, l'Isvap poteva commissariarla un minuto dopo. Io me le ricordo le notti che passavo in ufficio cercando delle soluzioni alternative».

Giulia la accusa di aver fatto diventare azionista il fondo Amber, che subito dopo ha denunciato le operazioni tra la compagnia e i Ligresti, dando vita all'inchiesta.
«La consequenzialità di Amber può destare delle domande, lo ammetto. Ma anche noi siamo rimasti stupiti quando hanno fatto quelle domande. Io li ho conosciuti solo in quella occasione. Loro comprarono dei diritti che come Fonsai eravamo obbligati a vendere. Ce li portò Unicredit, perché era la banca che seguiva l'aumento di capitale. Erano normali investitori. Per me la denuncia sulle operazioni con parti correlate fu un fulmine a ciel sereno. Evidentemente Amber voleva forzare una situazione e ha scelto quella strada legale. Ma nessuno è mai entrato in Fonsai con l'ottica che dice adesso la famiglia».

Quando espose i problemi di Fonsai ai Ligresti, quale fu la reazione?
«Alla famiglia dissi: purtroppo la crisi è qualcosa che è più grande di noi, non siamo più in grado di gestirla. E provammo altre strade per recuperare patrimonio, visto che sapevo che per la famiglia l'aumento di capitale era l'extrema ratio. Cercammo di vendere pezzi di società, e cercai soci esteri: ma nessuno voleva sentire parlare di rischio-Italia in una Fonsai che aveva 30 miliardi di Btp in pancia. Fu l'Isvap che ci obbligò all'aumento di capitale, perché eravamo sotto i limiti regolatori e non ci lasciava ancora tempo. Pensare altro è la solita teoria del complotto».

E lei scelse di difendere la società.
«Lì ci fu la rottura, di fatto mi diedero del traditore perché capirono che avevo preso una strada per loro molto complicata. Ma anche in quel contesto la famiglia ebbe la possibilità di trovare soluzioni alternative. Aveva studiato in totale autonomia insieme con il suo advisor Banca Leonardo l'operazione con Palladio, con cui però poi loro stessi decisero di chiudere, per aprire con Mediobanca e dunque con Unipol. Io non sono mai stato coinvolto perché non ero più parte delle loro discussioni. Dunque nessun complotto, nessuna eterodirezione, tutte cose verificabili e documentate».

Lei contestò alla famiglia di «costare» 100 milioni.
«La frase va inserita in un contesto. Io feci una ricostruzione di tutto il costo allargato della famiglia, comprese le operazioni immobiliari e tutto il resto. Il mio obiettivo era arrivare a un accordo per una riduzione di quell'importo. Se per esempio l'avessi ridotto di due terzi, avrei avuto 60-70 milioni in più in cassa. Loro sarebbero rimasti con una remunerazione importante ma ridotta. Oramai era tanta la pervasività della famiglia che parlavamo di numeri insostenibili. Sono convinto che quell'azienda, con risparmi sui costi e un efficientamento dei rischi, è la più bella compagnia italiana. Unipol ha fatto un affare, in senso industriale; ha comperato un'azienda che, ristrutturata, è ottima».


3. FONSAI, DUBBI DEI PM SU RUOLO DI PELUSO. GIULIA LIGRESTI: ''E' PROTETTO DALLA MADRE''
(Adnkronos/Ign) - Piergiorgio Peluso, ex dg di Fonsai, viene messo sotto la lente dei pm di Torino i quali disponendo l'intercettazione del suo cellulare si chiedono se sia stato "il promotore di quella che è stata una vera e propria 'pulizia di bilancio'" oppure abbia agito "con l'intento di escludere l'azionista di riferimento (famiglia Ligresti) ovvero abbia fatto emergere lacune (e quindi falsità) relative ai bilanci relativi agli esercizi precedenti".

Peluso, figlio del ministro della Giustizia Annamaria Cancellieri, ha ricoperto il ruolo di direttore generale nel periodo "più delicato" attraversato da Fonsai, coinciso con la chiusura di bilancio 2011 che ha registrato una perdita di oltre un miliardo di euro.

Nel documento i pm Vittorio Nessi e Marco Gianoglio spiegano che l'intercettazione dell'utenza di Peluso è necessaria visto il suo ruolo e "anche alla luce delle relazioni che Peluso ancora intrattiene con alcuni indagati (ed in particolare con Emanuele Erbetta, ad di Fonsai nel periodo di interesse".

In un'intercettazione Giulia Ligresti commenta così con un'amica il suo operato: ''Sto Peluso è il figlio del ministro Cancellieri... Siccome lui è talmente protetto, figurati cosa gli daranno in Telecom".

"Sto Peluso che è entrato da noi un anno fa, gli hanno deliberato in consiglio una buonuscita di cinque milioni e mezzo, capito? Tutto è stato deciso dalle banche, noi ci fanno il mazzo..." afferma Giulia Ligresti in una conversazione intercettata.

"Se quei soldi fossero stati deliberati per te o per me o Paolo, per qualcuno, il giorno dopo - prosegue - dal consiglio veniva fuori una denuncia, per questo qui che è entrato, ha distrutto tutto eh, è venuto ha avuto il mandato come se tu entri in un'azienda e svalorizzi tutto, distruggi tutto, fai in modo che, che uno se la può prendere a zero, e poi si vedeva che era un mandato, è uscito appena fatto con cinque milioni e mezzo".

Per Giulia Ligresti si è creato un 'appesantimento ad hoc' sui conti Fonsai per estromettere l'azionista di riferimento e favorire il controllo da parte di un altro gruppo.

 

 

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