1. LA SORPRENDENTE AUTOCRITICA DI MARPIONNE SU “FABBRICA ITALIA” (“LO SBAGLIO PIÙ GRANDE, UN’IMBECILLAGGINE DI MISURA INTERNAZIONALE”) SI ACCOMPAGNA A UN’ENNESIMA PRESA PER IL CULO: UN POLO DEL LUSSO PER CONQUISTARE I MERCATI CINESI E RUSSI 2. UN POLO DEL LUSSO CHE PARTE DA NUMERI MISERANDI (A GENNAIO LA FERRARI HA VENDUTO 29 ESEMPLARI CONTRO I 42 DELL’ANNO SCORSO CON UN CALO DI QUASI IL 31%). LA MASERATI A GENNAIO HA VENDUTO 8 AUTO CONTRO I 19 DELLO STESSO MESE DEL 2012 3. EZIO MAURO NON HA INFIERITO SULLA MARCIA INDIETRO A PROPOSITO DI “FABBRICA ITALIA” E NEMMENO HA RICORDATO A MARPIONNE CIÒ CHE NELL’OTTOBRE 2010 DISSE A FAZIO A PROPOSITO DELLA FIAT “CHE POTREBBE FARE DI PIÙ SE POTESSE TAGLIARE L’ITALIA” 3. E NEMMENO GLI HA RICORDATO CHE UN ANNO DOPO, MARPIONNE SI INCAZZÒ QUANDO CONSOB E CISL GLI CHIESERO DETTAGLI SULLO STATO DI AVANZAMENTO DI “FABBRICA ITALIA”

Anche le mosche hanno smesso di volare durante i 90 minuti del dialogo che si è tenuto ieri al Teatro Carignano di Torino tra Sergio Marpionne e il direttore di "Repubblica" Ezio Mauro.

E non più di quattro sono stati gli applausi del pubblico sabaudo al manager che ha accettato di sottoporsi alle domande serrate del giornalista. Il consenso più forte si è manifestato quando il capo di Chrysler-Fiat ha sparato bordate nei confronti dei tedeschi che, ha detto, "ci guardano dall'alto in basso e dai quali non abbiamo da imparare nulla specialmente per ciò che riguarda l'Alfa Romeo".

A settembre il giornalista-guru del "Corriere della Sera" Massimo Mucchetti ,che oggi si è smarrito nel gorgo della politica, aveva insistito con un paio di articoli sulla possibilità che Volkswagen acquistasse il glorioso marchio. Per l'ennesima volta Marpionne ha negato questa eventualità e ha detto che bisogna "reinventare il futuro" dell'Alfa alla faccia di quei tedeschi che ai suoi occhi sono la bestia nera sui mercati internazionali.

Dopo questa orgogliosa rivendicazione l'italo-canadese ha sorpreso le madame torinesi e i manager accorsi per ascoltarlo con una autocritica che oggi viene sottovalutata dai grandi giornali. Eppure quella che è avvenuto ieri nella sala del grande teatro torinese costruito nel ‘600 come un teatrino di famiglia nobile, è una svolta che allarga il cuore a chi ha sollevato dubbi sul fantomatico progetto "Fabbrica Italia" presentato a Palazzo Chigi nel pomeriggio del 22 dicembre 2009.

Su questo progetto che il capo del Lingotto presentò ai ministri in 42 pagine con 59 slides sorsero subito delle perplessità, ma il coro degli apologeti lo giudicò la via della salvezza per l'azienda torinese. Ieri Marpionne sorseggiando una bottiglietta di tè freddo ha imboccato la strada dell'autocritica e ha giudicato "Fabbrica Italia" "lo sbaglio più grande, un'imbecillaggine di misura internazionale".

Se i torinesi non fossero così discreti e freddi, il teatro avrebbe dovuto venir giù per le urla sdegnate perché finalmente la matita rossa cancellava d'un colpo il sogno da 20 miliardi che ha illuso i cortigiani della Fiat e la schiera degli intellettuali che per anni hanno campato di rendita cantando le odi della Sacra Famiglia degli Agnelli e del manager arrivato dal cantone svizzero.

L'esercizio dell'autocritica è un esercizio inconsueto soprattutto per un manager che è riuscito con merito a scavalcare l'Oceano per prendere dalle mani di Obama il ferrovecchio di Chrysler e i quattrini necessari per rimetterlo in sesto. Con il garbo che lo distingue, il direttore di "Repubblica" Ezio Mauro non ha voluto infierire più di tanto sulla marcia indietro a proposito di "Fabbrica Italia" e nemmeno ha ricordato a Marpionne ciò che nell'ottobre 2010 disse nel salotto del reverendo Fabio Fazio a proposito della Fiat "che potrebbe fare di più se potesse tagliare l'Italia".

E nemmeno gli ha ricordato che un anno dopo, esattamente verso la fine di ottobre 2011, Marpionne si incazzò come una belva quando la Consob e quell'allegrone di Raffaele Bonanni della Cisl gli chiesero dettagli sullo stato di avanzamento di "Fabbrica Italia". In quei mesi la crisi dell'automobile era gia' scoppiata in modo drammatico, ma da Torino e da Detroit nessuno aveva il coraggio di spiegare che il progetto era nato come un bambino morto, assolutamente inadeguato a garantire la presenza della Fiat in Italia.

Quella di ieri va quindi segnata come una giornata storica e qualcuno dovrebbe avere il coraggio di chiedere conto all'indomito Marpionne non solo della spudorata e tardiva ammissione di una "imbecillaggine di misura internazionale", ma anche di un atto di riparazione che serva a riequilibrare l'atto di contrizione.

E qui si apre la seconda parte davvero interessante del dialogo tra il capo di Chrysler-Fiat e il direttore di "Repubblica" perché in realta' l'atto di riparazione Marpionne lo ha indicato con un altro scenario sul quale si potra' aprire una grande discussione.

Dopo aver ammesso che tutte le previsioni erano sbagliate per cui le industrie dell'automobile nel Vecchio Continente possono uscirne soltanto chiedendo all'Unione europea di distribuire in "modo equo" la presenza degli stabilimenti, il figlio del carabiniere Concezio ha tirato fuori il jolly che a suo avviso potrebbe salvare la presenza di 86mila dipendenti in Italia. La carta vincente questa volta non è un piano di 42 pagine simile a quello che nel pomeriggio del dicembre 2009 stordì i ministri e i sindacati, ma il polo del lusso dove dovrebbero confluire i marchi Ferrari, Maserati, Alfa Romeo.

Per sostenere la sua tesi non ha esitato a dire che in Italia, in Europa come in Cina e in altre aree del mondo la Fiat deve accettare la regola del mercato secondo la quale "chi ha i soldi compra". Forse il manager che vive l'impetuosa ripresa americana si è ricordato del motto evangelico secondo il quale "a chi ha sarà dato e sarà nell'abbondanza, mentre a chi non ha sarà tolto anche quello che ha". Questo motto è stato studiato alla Columbia University dal sociologo Robert K. Merton e viene indicato come "effetto San Matteo" poiche' indica nelle parole dell'evangelista la tendenza della ricchezza ad amplificarsi come una palla di neve che rotola su una superficie scoscesa.

Resta il fatto che il Marpionne di ieri è profondamente convinto di reinventare il futuro della Fiat sfondando con le auto di lusso sui mercati della Cina e della Russia dove la Fiat arriva ultima avendo accumulato errori e ritardi colossali. Giustamente Ezio Mauro, dopo aver cercato di evocare un po' di eguaglianza sociale rispetto alla brutale immagine della forbice tra i ricchi e i poveri, ha ricordato che la Fiat è sbarcata in Russia negli anni '60 ma per Marpionne è stato gioco facile ricordare che lui a quell'epoca non c'era e che anche gli errori compiuti in Cina da Gianni Agnelli a partire dal 1982 con una serie di joint-venture sventurate che sono durate fino al 2009, non gli devono essere attribuiti.

Se si vuole battere gli odiati tedeschi e i big dell'industria americana- ha detto con calore- bisogna mettersi alla caccia dei ricchi cinesi e delle mogli degli oligarchi russi che nel 2011 hanno comprato 300 Ferrari e 200 Lamborghini (un marchio che Marpionne considera peraltro irrilevante).

E ha aggiunto che la campanella dei mercati suona in una direzione diversa rispetto a quella che nel 2012 ha consentito alla Fiat di immatricolare soltanto 1,4 milioni di vetture di piccola cilindrata, il risultato più basso dal 1979.

Di fronte alla strategia del lusso, gli esperti di politica industriale e i sindacalisti meno incazzati di Landini (al quale Marpionne non ha risparmiato frecciate velenose), adesso dovrebbero mettersi a tavolino e fare un semplice ragionamento. Perché se è vero che la competizione con i colossi tedeschi e americani si è spostata sui target piu' alti della ricchezza. Allora c'è da chiedersi come sia possibile fronteggiare una sfida tanto grande con i numeretti sulle vendite di Ferrari, Maserati e Alfa Romeo.

Pochi giorni fa sono usciti dati eloquenti. Nel mese di gennaio la Ferrari di Luchino di Montezemolo ha venduto 29 esemplari contro i 42 dell'anno scorso con un calo di quasi il 31%. Da parte sua Maserati, l'azienda, nella quale pochi giorni fa Marpionne ha inaugurato con John Elkann il nuovo stabilimento di Grugliasco, sempre a gennaio ha venduto 8 esemplari contro i 19 dello stesso mese del 2012 con un calo del 58%. E per quanto riguarda l'Alfa ,che fa tanto gola ai tedeschi l'anno scorso se ne sono vendute soltanto 42.000.

Il Marpionne di ieri ha detto che comunque la strada è questa e ha annunciato che a marzo presenterà la Ferrari più costosa del mondo, un prodotto tutto italiano sul quale i tedeschi avranno tanto da imparare.

È cambiato il mondo: i ricchi sono sempre più ricchi, e come dice un proverbio veneto "el soldo fa soldo". Sembra questa la nuova ideologia evangelica e industriale del manager dal pullover sgualcito: L'autocritica su "Fabbrica Italia" e il sogno di un polo del lusso, che parte da numeri miserandi, spiegano la freddezza degli applausi di ieri pomeriggio al teatro Carignano di Torino.

Lo stile sabaudo rifiuta l'idea che si tratti di un'ennesima presa per il culo, di un pacco che serve a salvare quella credibilità conquistata con i successi di Marpionne della Chrysler. E deve essersene reso conto anche lui quando uscendo sulla piazza è sgattaiolato tra gli insulti degli operai del Lingotto e ha risposto con una gelida stretta di mano al tentativo di abbraccio dell'ex-uomo Fiat, oggi candidato di Monti, Ernesto Auci.

 

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