NOZZE BANCARIE COI FICHI SECCHI – MENTRE C’E’ CHI SPINGE PER CELEBRARE LE NOZZE TRA VENETO BANCA E POPOLARE DI VICENZA, CRESCONO I DUBBI. E SE CON TREVISO BANKITALIA AVESSE USATO LA MANO PESANTE SUI CREDITI E IL MATRIMONIO NON FOSSE ALLA PARI?

Carlotta Scozzari per Dagospia

Quello tra la Popolare di Vicenza e Veneto Banca è il matrimonio bancario del momento, l'operazione finanziaria di cui si parla di più a nordest e non solo. Ma le nozze, che sembrano già avere ricevuto la benedizione della Banca d'Italia, devono ancora essere celebrate e le posizioni dei futuri sposi non appaiono in piena sintonia. E' un po' come se uno dei due innamorati spingesse con entusiasmo per fare il grande passo e l'altro si trovasse invece a nicchiare.

Fuori di metafora, la sposa titubante potrebbe essere la Veneto Banca guidata dall'amministratore delegato Vincenzo Consoli, mentre lo sposo entusiasta potrebbe essere l'istituto vicentino presieduto da Gianni Zonin, che nel 2011 è stato assolto nel procedimento penale relativo alla scalata alla Bnl da parte di Unipol risalente al 2005.

E per farsi un'idea delle diverse posizioni dei vertici dei due gruppi bancari è sufficiente prestare attenzione alle loro parole. Lo scorso fine-settimana, interpellato sulle possibili nozze, che stando al tam tam mediatico dovrebbero celebrarsi "alla pari", cioè in base agli stessi rapporti di forza date le dimensioni analoghe dei gruppi, Consoli ha tagliato corto dicendo che "è un argomento di cui non parlo più".

Mentre il direttore generale della Popolare vicentina, Samuele Sorato, che qualcuno racconta punti a prendere il posto del presidente Zonin (che si trovava oltreoceano mentre lui parlava), ha dichiarato che si tratta di un "buon progetto che merita di essere analizzato perché potrebbe avere ricadute per il territorio e per il Paese".

Consoli, in recenti interviste, aveva lasciato intendere che preferirebbe che Veneto Banca restasse indipendente almeno fino a che, verso la fine dell'anno, non fossero completati i test sulle banche europee della Bce. Ma il gruppo con quartier generale a Montebelluna (Treviso) non può attendere tutto questo tempo perché la Banca d'Italia guidata da Ignazio Visco ha raccomandato che al più presto (pare già entro aprile) trovi un partner con cui convolare a giuste (?) nozze.

Ed è proprio nel lavoro svolto dagli esperti di Palazzo Koch che si annida l'origine dei mal di pancia dei trevigiani. Il fatto è che l'Authority di via Nazionale, negli ultimi anni, ha effettuato più ispezioni, sia ordinarie sia straordinarie, in Veneto Banca. Un lavoro, quello di Palazzo Koch, che nel bilancio del 2012 (l'ultimo disponibile) ha portato alla luce svalutazioni sui crediti deteriorati, il grande male del momento delle banche italiane, per quasi 500 milioni su un margine di intermediazione (vale a dire la voce "ricavi" degli istituti di credito) di 1 miliardo circa.

Anche la Popolare di Vicenza ha subito un'ispezione di Bankitalia, che però è stata meno dura di quella che ha riguardato la concorrente e si è limitata alla parte ordinaria, facendo emergere, nel 2012, svalutazioni dei crediti per poco più di 200 milioni su un margine di intermediazione di 1 miliardo.

Va ricordato che la classificazione dei prestiti delle banche è, per molti aspetti discrezionale, ma nell'ultimo anno l'Authority di via Nazionale ha lavorato duro per imporre un modello rigido che porti a una maggiore pulizia dei bilanci degli istituti di credito italiani.

Non a caso, l'esperienza italiana degli ultimi mesi (basti pensare a Carige, a Banca Marche e al Banco Popolare, solo per fare alcuni esempi) insegna che, quanto più è intensa e prolungata la permanenza degli ispettori di Palazzo Koch in un gruppo bancario, tanto è più probabile che cresca il livello di "spazzatura", e dunque di crediti marci, che affiora dai bilanci.

Insomma, il sospetto che aleggia a Treviso e dintorni è, però, che gli uomini di Visco abbiano usato, almeno per il momento, una mano più pesante in Veneto Banca che nella Popolare di Vicenza. Anche perché i due gruppi operano in un territorio, quello del nordest, che è praticamente lo stesso e dove le aziende sono state messe a dura prova dalla crisi (le numerose sovrapposizioni geografiche sono un altro degli aspetti che alimentano le perplessità di chi non è convinto dalla fusione).

Certo, esiste anche l'eventualità che la Popolare di Vicenza, che conta circa 5.500 dipendenti, sia stata più oculata nell'erogazione dei prestiti e per questo debba registrare meno svalutazioni sui crediti. Ma se invece si dovesse poi scoprire che in Veneto Banca, con i suoi 6.200 lavoratori, la pulizia dei bilanci è stata effettivamente più approfondita, forse bisognerebbe riflettere ancora un po' prima di celebrare un matrimonio "alla pari".

 

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