FOSSATI E’ IN ALIERTA: PER DARE L’OK ALLA VENDITA DI TIM BRASIL A TELEFONICA, NON VUOLE MENO DI 10 MILIARDI - IL FUTURO DI TELECOM? UNA SINERGIA CON MEDIASET PER SVILUPPARE LA CONVERGENZA TRA TLC E TV

1 - TIM BRASIL SUL MERCATO, CONSOB VUOLE NOTIZIE
Sara Bennewitz per "la Repubblica"

La prospettiva di una vendita di Tim Brasil a un veicolo controllato dai suoi rivali carioca - ovvero Telefonica, Claro e Oi - ha fatto volare le quotazioni sia di Telecom Italia (+,6,9% a 0,75 euro) sia di tutti gli operatori coinvolti nella partita. Nonostante le smentite ufficiali di Telecom (e ufficiose di Telefonica), il mercato è sempre più convinto che una soluzione del conflitto d'interesse spagnolo passa dalla vendita delle attività italiane in Brasile.

Del resto, proprio per difendere la leadership in Sudamerica, Cèsar Alierta pagò un premio nel 2007 per liquidare la Olimpia di Tronchetti Provera. La Consob, a scanso di equivoci, chiede a Telecom e agli spagnoli chiarimenti sul caso entro lunedì.

Da quando l'Antitrust carioca ha dato a Telefonica 18 mesi per risolvere la sua posizione ambigua di primo azionista del suo principale rivale, i tempi si sono fatti serrati. Non a caso Telecom, al cda convocato il 16 gennaio per l'esame dei preliminari 2013, si appresta anche a riformare la sua governance in tema di parti correlate, demandando a un comitato di soli indipendenti il compito di vagliare eventuali offerte per Tim Brasil.

Se ancora un proposta formale non c'è, tutti gli attori e i loro advisor sembrano convergere sul prezzo da proporre. Del resto per Telefonica, Claro e Oi, questa è un'opportunità unica per consolidare un mercato cruciale per i loro bilanci, mentre per Telecom il sacrificio dell'unica attività che ancora cresce potrebbe essere giustificato solo da un'offerta molto generosa.

E in proposito anche i più scettici starebbero convenendo che mettere sul piatto quei 9 miliardi per la quota di Telecom, può essere un buon affare per tutti anche se la cifra equivale a un multiplo di 7,5 volte il mol 2016. Chi paga il prezzo eliminerebbe un pericoloso concorrente; e chi lo incassa vedrebbe realizzato un premio del 60% rispetto agli attuali valori.

E se Marco Fossati (azionista al 5% di Telecom con Findim) sostiene che si può arrivare a incassare anche 10 miliardi, Tim Brasil potrebbe raggiungere la cifra che manca cedendo le torri carioca. Dismissione su cui Telecom è già al lavoro. Dati gli attuali valori di Tim Brasil, il valore delle attività brasiliane pesa 8 centesimi sulle quotazioni di Telecom. Ma di fronte a un'offerta da 9 miliardi per il 67% della quota, ai soci italiani verrebbero proposti circa 20 centesimi ad azione. A quel punto non solo Telecom avrebbe risolto alla radice il problema dei suoi debiti, ma avrebbe anche le risorse per investire non solo in Italia.

2 - ALIERTA ORA SPINGE PER LO SPEZZATINO MA IL CDA E FOSSATI ALZANO LE BARRICATE
Giovanni Pons per "la Repubblica"

Finita una battaglia se ne apre subito un'altra. L'assemblea di Telecom del 20 dicembre scorso ha fatto suonare diversi campanelli d'allarme per Telefonica, il principale socio di Telco. Gli spagnoli non si aspettavano che il 23% del capitale della società li considerasse in conflitto di interesse per le sovrapposizioni in Brasile e poi di non riuscire, come in passato, a nominare due nuovi consiglieri al posto di quelli uscenti.

Il rischio per Telefonica è dunque di perdere progressivamente la presa sul Consiglio di amministrazione che scade in aprile e che potrebbe essere rinnovato con una lista di maggioranza non proposta da Telco. Dunque ora la parola d'ordine è schiacciare l'acceleratore per sollecitare un'offerta sostanziosa per Tim Brasil da sottoporre a questo cda o al prossimo. Un'offerta talmente allettante in termini monetari che sarebbe quasi impossibile da rifiutare.

Ma i tasselli che Alierta e i suoi alleati devono ancora mettere insieme non sono pochi. Innanzitutto l'offerta deve effettivamente arrivare. E mettere insieme 9-10 miliardi di euro per il 67% di Tim Brasil - cui si aggiungerà l'esborso per l'Opa - non sarà una passeggiata. Certo, l'accelerazione è data anche dal fatto che in questo momento la liquidità sui mercati abbonda e una preda come Tim Brasil, senza debiti in un mercato con tassi di crescita interessanti, può attirare più di un fondo di private equity.

Alierta, però, sa benissimo che l'attuale cda sta alzando il livello di guardia. L'ad Marco Patuano ha detto prima di Natale che non porterebbe all'attenzione del cda un'offerta inferiore a 9 miliardi e che comunque, per vendere, occorre anche avere una strategia alternativa. Non per niente i rumors riferiscono di diversi incontri tra Alierta e Gabriele Burgio, ex ad della società spagnola Nh Hoteles, candidato a guidare Telecom nel 2007 e oggi riproposto nella lista Telco nel caso l'attuale cda fosse stato revocato dall'assemblea.

Potrebbe essere lui il grimaldello di Telefonica per mandare in porto l'operazione Tim Brasil. Di certo non Mauro Sentinelli, indipendente dell'attuale cda che nelle ultime riunioni si è espresso negativamente sulla vendita della controllata brasiliana poiché relegherebbe Telecom al solo mercato italiano considerato ormai maturo. Sentinelli e gli altri indipendenti nel cda del 16 gennaio voteranno per valutare qualsiasi offerta per Tim Brasil con la procedura delle parti correlate "rilevanti".

Poi ci sono azionisti di minoranza combattivi, come la Findim di Marco Fossati, che non ritiene Tim Brasil debba essere venduta ora, in quanto ha ancora potenziale di crescita da esprimere. Fossati, dunque, cercherà di alzare l'asticella, opponendosi con il suo 5% a un incasso per Telecom inferiore ai 10 miliardi e cercherà di convincere gli altri investitori istituzionali a fare lo stesso.

Non si esclude, inoltre, che sia la stessa Telco a proporre che un'eventuale cessione di Tim Brasil venga rimessa al giudizio dell'assemblea, in modo da non avere contraccolpi successivi in termini di responsabilità. Se la maggioranza del mercato dovesse dare via libera, allora la strada per Telefonica sarebbe spianata.

E i passi successivi potrebbero prevedere, primo, la fusione con una Telecom molto meno indebitata; e secondo un'alleanza industriale, se non un matrimonio, con Mediaset per sviluppare la convergenza tra tlc e tv che i due gruppi stanno già sperimentando insieme in Spagna.

 

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