POVERA TELECOM! - PER BERNABE' LA STRADA SCELTA DA TELCO "PORTA A UN DEPAUPERAMENTO" - GRANDI INTESE! MUCCHETTI FA ASSE CON GASPARRI PER CHIEDERE AL GOVERNO LO STOP A TELEFONICA

1-«Telecom solo italiana sarà più povera, non potevo restare»
Massimo Sideri per il "Corriere della Sera"

La strada scelta da Telco per Telecom Italia «è incerta quanto a esito finale», e «porta a un depauperamento della società che diventerà un soggetto solo italiano». Franco Bernabè - intervenuto ieri al convegno dell'associazione dei piccoli azionisti Telecom, l'Asati, a cui ha affidato le proprie deleghe per l'assemblea del 20 dicembre - ha spiegato così i motivi che lo hanno indotto a lasciare il gruppo: «È una strada che non potevo condividere».

Bernabè ha anche lanciato un «incoraggiamento» all'amministratore delegato Marco Patuano «a continuare a lavorare nell'interesse di Telecom». Tuttavia, in seguito, l'ex presidente ha ripercorso i giorni che lo hanno portato a rassegnare le dimissioni ricordando che «per risolvere i problemi della società c'erano due vie di uscita: un aumento di capitale o introdurre un investitore strategico che apportasse denaro fresco con una modesta diluizione degli azionisti presenti.

Né l'una né l'altra sono però state accettate», ed «è stata scelta una strada che non risolve i problemi». L'ex presidente si è detto «non contrario alla fusione con Telefonica, se fatta dentro un grande progetto europeo» ma così «non si capisce il punto di arrivo di questo processo».

Al convegno è intervenuto anche Marco Fossati, azionista con il 5% di Telecom che anche se l'assemblea del 20 dicembre non farà decadere l'attuale consiglio, la sua battaglia per spingere Telco fuori dal controllo del gruppo italiano continuerà. I toni in vista dell'assemblea rimangono infatti accessi.

Fossati, alla vigilia di un nuovo consiglio atteso per oggi a Milano e in attesa che l'Antitrust brasiliano, il Cade, prenda decisioni contro Telefonica che potrebbero rivelarsi dirompenti, ha attaccato senza mezzi i termini il board e le strategie messe in campo da Patuano. L'azionista ha parlato di un consiglio «che sta distruggendo valore» e che «se ne deve andare».

Sempre ieri un appello al governo affinché prenda una posizione netta sulla proposta di legge di riforma dell'Opa è arrivato dai senatori rispettivamente del Pd e di Forza Italia, Massimo Mucchetti e Maurizio Gasparri. «Il governo dica finalmente una parola chiara, si sta avvicinando il momento in cui bisogna decidere», ha detto Gasparri sempre al convegno organizzato dal presidente dell'Asati, Franco Lombardi.

Secondo Mucchetti «la storia di Telecom era una storia già scritta, bastava solo avere voglia di leggerla. Quanto all'Opa - ha concluso - ogni limite ha una pazienza per citare Totò. Ora è necessario che il governo si faccia sentire».


2-Su Telecom Italia le larghe intese sono contro Letta
Giorgio Meletti per "Il Fatto Quotidiano"

Il momento chiave è quando Franco Lombardi, presidente dell'Asati (piccoli azionisti Telecom Italia) strilla al senatore Massimo Mucchetti del Pd: "Il governo dov'è?". Il presidente della commissione Industria del Senato non si scompone: "Non lo chieda a me, che in questa vicenda sono uno dei pochi ad averci messo la faccia".

A quel punto Maurizio Gasparri di Forza Italia soccorre Mucchetti e si dichiara d'accordo su un'azione comune per stanare il governo Letta sulla riforma dell'Opa (offerta pubblica d'acquisto) necessaria a fermare la scalata spagnola a Telecom Italia. Mucchetti ringrazia: "Do atto a Gasparri di non aver fatto il furbo dopo l'uscita dalla maggioranza". Insomma, nel caotico quadro politico resiste una larga intesa per tentare di fermare la mega-lobby Mediobanca-Generali-Intesa Sanpaolo intenta a regalare a Telefónica España la rete internet italiana.

Tutto questo avviene in un insolito convegno organizzato ieri pomeriggio a Roma dall'Asati, in un clima da Comitato di liberazione nazionale: si sono scoperti alleati l'azionista di minoranza Marco Fossati, Michele Azzola della Cgil di settore, un ex eccellente come Vito Gamberale (il padre di Tim), e l'ex presidente Franco Bernabè. Tutti uniti contro gli spagnoli che "distruggeranno Telecom" in un convegno chissà perché sponsorizzato da Telecom Italia.

Il tema è bollente. Il governo si occupa quotidianamente del salvataggio della privatissima Alitalia ma non si cura di Telecom Italia perché è privata. Anche ieri il sottosegretario alle Comunicazioni Antonio Catricalà, ha insistito: "Coinvolgere Palazzo Chigi nella vicenda Telecom mi sembra eccessivo, anche perché non c'è tavolo di crisi".

La ragione che ha spinto Fossati a chiedere per il 20 dicembre l'assemblea con la revoca del consiglio d'amministrazione all'ordine del giorno è proprio che il combinato disposto degli interessi di Telefónica España e di quelli di Mediobanca, Generali e Intesa rischia di danneggiare l'azienda, cioè l'infrastruttura decisiva per l'economia italiana.

I tre colossi finanziari italiani, che detenevano in tutto il 54 per cento di Telco, a sua volta azionista di controllo di Telecom con il 22,4 per cento, hanno dato a Telefónica España di salire al 100 per cento entro il 2015. Proprio ieri ha dato ragione a Fossati l'Iss, società di consulenza americana per i fondi d'investimento, consigliando loro di appoggiare l'ex proprietario del Brodo Star perché "la revoca del board attuale avrà molto probabilmente un effetto positivo sul valore di lungo termine per gli azionisti".

Bernabè, rompendo il silenzio dopo due mesi dalle sue dimissioni, spiega ciò che disse al cda Telecom al momento dell'addio: la società ha bisogno di un aumento di capitale per investire sulle rete, ma il capo di Telefónica, Cesar Alierta, ha bloccato tutto perché non ha soldi da mettere e non vuole che ce li mettano altri sennò perderebbe il controllo. La frettolosa vendita di Telecom Argentina e l'emissione di un bond convertendo in azioni (su cui è aperta un'inchiesta assai insidiosa della Consob) sono i primi effetti perniciosi della febbre spagnola.

Da qui la contromossa targata Mucchetti-Gasparri: una riforma della legge sull'Opa (Offerta pubblica di acquisto). Attualmente la cosiddetta legge Draghi obbliga chi acquisisca il pacchetto di controllo di una società quotata a offrire lo stesso prezzo a tutti gli azionisti, ma solo per pacchetti di controllo superiori al 30 per cento del capitale (il pacchetto Telco è il 22,4 per cento).

La proposta Mucchetti, presentata senza successo come emendamento alla legge di stabilità, prevede che l'obbligo di Opa scatti comunque se passa di mano il "controllo di fatto", inteso come la capacità di imporre all'assemblea degli azionisti l'elezione di propri uomini nel cda.

Con questa norma, Telefónica dovrebbe spendere qualche miliardo di euro per acquisire il controllo di Telecom. Adesso ce la sta facendo con qualche centinaio di milioni, il che lascia sospettare che non si preoccuperebbe poi tanto se andasse in malora un concorrente insidioso, soprattutto in Brasile. L'emendamento Mucchetti è in attesa di un nuovo provvedimento a cui agganciarsi, "ma il governo sembra volersi chiamare fuori dalla partita", nota il senatore Pd. Per cui si giocherà in Parlamento la sfida alle potenti lobby finanziarie in campo.

 

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