1. “REPUBBLICA” ABBATTE PASSERA IN VOLO: “LA GRANDE FARSA DI ALITALIA È ALL’EPILOGO. “PATRIOTI” IN FUGA, FRANCESI INCERTI, EMIRI IN ATTESA. COMUNQUE VADA A FINIRE, E NON PUÒ FINIRE BENE, RESTERÀ AGLI ANNALI UNA GIGANTESCA OPERAZIONE DI FALSO “SALVATAGGIO”, PAGATA A SPESE DEI CONTRIBUENTI PER QUASI 4 MILIARDI DI EURO” 2. “BISOGNERÀ PUR RICORDARSI DI CHI GESTÌ LA GLORIOSA MISSIONE ‘FENICE’, PRETESA DA BERLUSCONI PER DIFENDERE ‘’L’ITALIANITÀ’’ NELLA CAMPAGNA ELETTORALE DEL 2008. SE SOLO CORRADO PASSERA AVESSE MESSO DA MINISTRO LA STESSA GRINTA CHE HA IMPIEGATO DA ‘’CEO’’ DI BANCA INTESA, OGGI OLTRE AL RIGORE AVREMMO ANCHE UN PO’ DI SVILUPPO” 3. PASSERA FANTASY! “MA QUALE VENDITA. QUESTA PUÒ ESSERE UNA GRANDE OCCASIONE PER L’ITALIA: DIVENTARE IL PRIMO AZIONISTA O UN AZIONISTA DI PESO DI AIRFRANCE” 4. RESTA DA VERIFICARE QUANTO LA FRANCIA SARÀ DISPOSTO A RINUNCIARE ALLA SUA GOLDEN SHARE (ZERO) E QUANTO VOGLIA DI MONETIZZARE HANNO I “PATRIOTI” DE’ NOANTRI

1- TANTE AGENDE PIENE DI NULLA
Dall'articolo di Massimo Giannini per "Affari & Finanza - la Repubblica"

La Grande Farsa di Alitalia è all'epilogo. «Patrioti» in fuga, francesi incerti, emiri in attesa. Comunque vada a finire, e non può finire bene, resterà agli annali una gigantesca operazione di falso «salvataggio», pagata a spese dei contribuenti per quasi 4 miliardi di euro. Bisognerà pur ricordarsi di chi gestì la gloriosa missione «Fenice», pretesa da Berlusconi per difendere «l'italianità» nella campagna elettorale del 2008. Se solo Corrado Passera avesse messo da ministro la stessa grinta che ha impiegato da «ceo» della «Banca delle Attività produttive», oggi oltre al rigore avremmo anche un po' di sviluppo.


2- «NEL MATRIMONIO CON AIRFRANCE L'ITALIA SAREBBE PRIMO AZIONISTA»
Osvaldo De Paolini per "Il Messaggero"

«Ma no, ma quale vendita. Questa può essere una grande occasione per l'Italia: diventare il primo azionista o comunque un azionista di peso del più importante carrier europeo. E' la naturale evoluzione che avevamo immaginato fin da subito e che, sebbene in tempi forse più lunghi, può ancora trovare realizzazione. Del resto, questa è la ragione per la quale nel 2008 stringemmo l'intesa con AirFrance-Klm».

Di politica il ministro Corrado Passera preferisce non parlare, troppo si è detto e troppo è stato scritto. O forse troppo poco. Ma quando la conversazione scivola sul caso Alitalia, improvvisamente si rianima e torna ad essere il fiume in piena che nell'estate di cinque anni fa, alla testa di 19 imprenditori italiani (alcuni convinti anche dal sostegno finanziario offerto dalla sua banca) evitò che la vecchia Alitalia finisse nel baratro dopo che AirFrance-Klm aveva ritirato la sua offerta.

Certo, la crisi ha giocato contro e le cose sono andate all'opposto di ciò che avrebbe voluto l'allora amministratore delegato di Intesa Sanpaolo. Tanto che oggi il nome Alitalia continua ad essere più maledetto che benedetto, al centro di trame oblique che spesso trascinano la stampa in un vortice di mezze verità capaci di trasformare un progetto industriale, che pure aveva una sua logica, nella solita storia all'italiana.

Dunque, secondo Passera l'avventura era destinata fin da subito a concludersi sull'asse Parigi-Roma, con la fusione tra le due compagnie già programmata per la primavera 2013, vale a dire allo scadere del blocco delle azioni. Racconta il ministro: «Per Alitalia, il progetto prevedeva una profonda razionalizzazione ma al contempo un incremento dei ricavi altrettanto robusto per consentire il mantenimento del più alto numero di posti di lavoro. La crisi e il forte balzo del prezzo del greggio non hanno aiutato e quindi, mentre sotto il profilo della ristrutturazione si è fatto un lavoro degno, i ricavi non sono seguiti in misura pari. Ciò spiega le perdite più alte del previsto e una certa difficoltà a procedere in linea retta».

Sono perciò vere le indiscrezioni che parlano di trattative possibili solo a fine 2013? «E' una decisione che spetta ai vertici delle due compagnie - spiega Passera - Non credo però che sarebbe sbagliato rinviare il perfezionamento degli accordi. Alitalia avrebbe così modo di rimettere mano ai costi, laddove possibile, riqualificando l'azione commerciale per ottenere ricavi adeguati».

L'obiettivo è chiaro: con numeri più equilibrati, sarà più agevole trattare con i francesi rapporti di concambio più favorevoli. Oggi Alitalia si presenta con un bilancio ancora fortemente in perdita (attorno a 700 milioni nel quadriennio 2009-2012 a fronte di un capitale versato di 1.160 milioni), ma chiunque comprende che il suo valore non può essere il semplice netto patrimoniale: la compagnia possiede infatti un sottostante come l'Italia, carico di tesori e potenzialità turistiche che pochi Paesi possono vantare. E' tuttavia evidente che se accanto a questi valori ci fosse un conto economico in pareggio, il confronto con i vertici di AirFrance avverrebbe su basi più paritarie.

Affinché Alitalia possa entrare in zona profittabilità, c'è però bisogno di una nuova iniezione di denari freschi. Che fare, visto che alcuni soci hanno già dichiarato che non intendono partecipare ad alcuna ricapitalizzazione? «Intanto - dice il ministro dello Sviluppo - non credo si tratti di somme esagerate. In secondo luogo, gli strumenti non mancano per sopperire ad eventuali defezioni. Anzi, non escludo che già si profili qualche idea. Poi, quando la compagnia sarà tornata in equilibrio, si potrà procedere alla fusione».

Ma come è possibile che la cordata italiana, per quanto favorita nello scambio azionario, possa arrivare a contendere il primato allo Stato francese quale azionista di riferimento della nuova realtà? «Il numero di azioni che la cordata italiana riceverebbe sarebbe di entità tale da configurare una partecipazione di indubbio rilievo. Per averne idea - aggiunge Passera - basta radiografare l'azionariato di AirFrance-Klm. E se qualche azionista minore deciderà di monetizzare le proprie azioni, nessuno lo impedirà e la sostanza non cambierà. Ripeto, con AirFrance-Klm l'Italia ha una grande occasione. Sarebbe davvero un peccato sprecarla».

Effettivamente, se si osserva la composizione dell'azionariato di AirFrance-Klm si scopre che il socio singolo più importante è lo Stato francese con il 15,9%. E poiché a oggi un valore della compagnia giudicato congruo per la fusione è nell'intorno di 3-3,5 miliardi, non è difficile credere alle parole di Passera. Resta naturalmente da verificare quanto lo Stato francese sarà disposto a rinunciare alla sua golden share qualora la cordata italiana diventasse davvero primo azionista singolo.

Di più il ministro non dice. Nè fa cenno alle tensioni che da settimane agitano il vertice di Alitalia, con un gruppo di azionisti che vorrebbe vendere subito al miglior offerente e il nucleo forte della cordata che invece vuole mantenere i patti stretti con AirFrance-Klm. Tra oggi e domani proseguiranno gli incontri e le prese di contatto tra singoli azionisti ed esponenti della politica nazionale (non solo Silvio Berlusconi), con lo scopo dichiarato di alzare la posta nell'ambito di un percorso che comunque appare segnato.

Intanto l'advisor Lazard continua la sua opera di assistenza ai francesi, pronti a scattare ove si dovessero accelerare i lavori per l'aggregazione; dal canto suo, Rotschild Italia attende la firma di un mandato esplorativo a largo raggio su incarico di una parte degli azionisti Alitalia: difficile oggi stabilire chi sta con chi e le vere intenzioni di ciascuno. C'è però un sentimento che li unisce in modo quasi animalesco: la rabbia contro la stampa che sta dipingendo la compagnia come una realtà sull'orlo del baratro e i suoi azionisti come una banda di speculatori cui è andata male.

«Basta con la grande bugia che siamo stati noi a mettere in fuga i francesi nel 2008 - protesta uno di loro - AirFrance mollò la presa perché sul finire della trattativa lo scenario economico mondiale era radicalmente mutato, con il petrolio che correva all'impazzata e loro costretti a coprirsi con futures a tassi altissimi.

Con tali novità, la loro proposta si sarebbe rapidamente tradotta in una voragine finanziaria. Altro che veti di Berlusconi: furono le condizioni inaccettabili poste dal sindacato che diedero loro l'estro per abbandonare il tavolo». Insomma, non si trattò di AirFrance o Cai, ma di Cai o niente. «Proprio così - s'infervora il nostro interlocutore - Anche sul piano dei numeri non ci siamo. Un po' tutti ripetono che Alitalia è costata ai contribuenti 3,2 miliardi e che di fatto ci è stata regalata, come se fosse responsabilità nostra quel disastro che veniva da lontano. Nessuno però dice che senza il nostro miliardo, ai contribuenti italiani sarebbe costata non meno di 8,2 miliardi e che in cassa integrazione ci sarebbero 11.500 lavoratori in più».

2- ALITALIA: IL MESSAGGERO,FUSIONE AIRFRANCE NO IN PIANO FENICE
(ANSA) - "La fusione tra Alitalia e Air France non era assolutamente programmata al momento in cui trovò esecuzione il Piano Fenice. Si tratta di una possibile evoluzione del progetto ma per nulla collegata agli accordi iniziali. L'affermazione del Ministro Corrado Passera, riportata dal Messaggero in edicola questa mattina, secondo la quale invece fin da subito si era immaginato questo epilogo, è frutto di un malinteso nato nel corso di una conversazione privata tra il ministro e il vice direttore del Messaggero Osvaldo De Paolini". Lo precisa il Messaggero in una nota.

3- ALITALIA: MISE, PASSERA NON SI E' ESPRESSO SU TEMPISTICHE
(ANSA) - "Come già chiarito dal Messaggero, l'articolo su Alitalia pubblicato stamane dallo stesso quotidiano riporta alcuni contenuti e affermazioni che non corrispondono al pensiero del ministro Corrado Passera". E' quanto riferisce all'Ansa il portavoce del ministero dei Trasporti precisando che: "in particolare, il ministro non ha mai sostenuto che la fusione tra Alitalia e Air France fosse programmata sin dall'inizio dell'operazione di salvataggio della compagnia di bandiera. Il ministro inoltre non si è mai espresso, in generale, relativamente alle tempistiche o al perfezionamento di eventuali accordi".

 

 

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