VAPORE DI FUMO – DIETRO LA CONTINUA DEMONIZZAZIONE DELLE SIGARETTE ELETTRONICHE SUI GIORNALI, BRILLA IL TERRORE DELLE GRANDE COMPAGNIE DEL TABACCO – LA E-CIG FUNZIONA E SOSTITUISCE ALLA GRANDE LA SIGARETTA CANCEROGENA: IN ITALIA 320MILA GLI “SVAPORATORI” PER UN BUSINESS DA 250 MILIONI DI EURO - MILLE PUNTI VENDITA (SOPRATTUTTO AL NORD), TABACCAI E PRODUTTORI FURIOSI…

Paola D'Amico per il "Corriere della Sera"

Quel vapore che arriva al palato al gusto di vaniglia, fragola, rum o cioccolato sembra conquistare fumatori incalliti e non fumatori. Il numero di amanti della sigaretta elettronica («svaporatori» in gergo) cresce a ritmi vertiginosi. Si calcola che gli affezionati in Italia siano già 320 mila, ma che almeno un milione e mezzo l'abbiano provata. E qualcuno azzarda: «È il fumo del futuro».

Mille i punti vendita concentrati nel nord del Paese, un'esplosione iniziata un anno fa e divenuta più evidente dopo l'estate, oltre una decina i brand nazionali freschi di registrazione: Smoke, A tutto svapo, All Smokers Club, Smooking... per un business da 250 milioni di euro in vertiginosa espansione. Un mercato che persino la neonata Associazione nazionale fumo elettronico (A.Na.F.E.) fatica a controllare.

Senza contare l'indotto che la moda del «fumo digitale» sta generando, completa di attività manifatturiere. Mentre cresce la pressione dell'Associazione tabaccai, perché il ministero della Salute metta ordine nella materia («Se accanto agli aromi si vendono flaconi con estratti di nicotina o tabacco anche in minime percentuali deve intervenire il Monopolio, devono essere i tabaccai a venderli», dice Francesca Bianconi, presidente di Assotabaccai/Confesercenti), la sigaretta elettronica amplia la platea dei suoi fan, complice uno slang divertente e un insieme di accessori decisamente trendy (custodie porta kit, caricabatterie usb, drip tip ovvero boccagli) di ogni foggia, colore e prezzi in linea con la crisi.

E l'Italia, senza tanto clamore, si prepara a sfondare sul mercato mondiale nella produzione di aromi, forte dell'esperienza maturata da aziende come la piemontese Flavour-art nel campo alimentare. In Francia è Le Monde a tratteggiare il profilo del consumatore: più donne che uomini, età media 30 anni, una quota consistente (il 5%) di persone che cominciano a fumare le sigarette elettroniche senza essere prima passati per quelle tradizionali.

Per l'Italia è l'A.Na.F.E. a elaborare un primo identikit dello «svaporatore» nazionale: tre su dieci sono fumatori abituali, fedeli alla sigaretta elettronica da oltre un anno, il 50% ha tentato almeno una volta di smettere e ricorre alla sigaretta elettronica come ultima spiaggia.

Ci sono, anche se non ancora censiti, non fumatori tra i fan dell'«aggeggino» brevettato nel lontano 1963 da un americano (Herbert A. Gilbert) e rispolverato dal cinese Hon Link nel 2003. La conferma sul campo. A Milano, come a Vicenza e a Torino, chi s'è lanciato nel business spiega: «L'ho venduto a persone che l'hanno trovato un gioco divertente, un hobby, e a genitori per i figli adolescenti, ovviamente a nicotina zero».

Roberto Bovone, 48 anni, milanese, ex pubblicitario, racconta di avere aperto con un amico l'attività «ma solo dopo aver provato da fumatore la sigaretta elettronica. Ho aperto Doctorsmoke e il business ci è scoppiato in mano». Un minuscolo locale, molto tempo da dedicare ad ogni cliente. Giovanni, muratore, 30 anni, è un uomo da «quaranta Marlboro al giorno. Mi sto liberando della nicotina. Per le sigarette spendevo un capitale ogni mese. Non era più sostenibile».

Patrizia M. ha 54 anni e lavora in banca. A convincerla non sono stati Paris Hilton né Kate Moss, né Katherine Heigl che ha «svaporato» in diretta al David Letterman Show, ma una collega di lavoro. I fan del fumo digitale sono solo il 2% dei fumatori in Italia. Abbastanza da preoccupare i tabaccai (oggi 57 mila): «Per la prima volta - spiega la presidente di categoria - l'aumento del prezzo del tabacco non ha pareggiato i conti con il calo dei consumi. Per questo, oltre che perché ci deve essere un controllo di qualità su ciò che viene messo in commercio, mentre ora quel business è assolutamente fuori controllo, chiediamo una norma chiara».

 

 

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