CAFONALINO – LA MACCHINA DEL TEMPO DELLA MITOLOGICA MARINA CICOGNA CI TRASPORTA A COLPI DI FOTO HIGH SOCIETY IN LIBIA, IN MEMORIA UN PAESE CHE ERA UN SOGNO TRA VILLE, PALME E PICNIC NEL DESERTO, MA CHE ORA NON ESISTE PIÙ - NIPOTE DEL CONTE “LIBICO” GIUSEPPE VOLPI, MARINA SCODELLA IL LIBRO ALLA FARNESINA TRA FOTO E RICORDI DI GIANNI AGNELLI E FLORINDA BOLKAN…

Foto di Luciano Di Bacco
Francesco Persili per Dagospia

Grande agitarsi di feluche e nobiltà, diplomatici, avvocati e convocati spontanei alla presentazione del libro "La mia Libia" della contessa veneziana nel salone della Farnesina.
Il ministro degli Esteri, Giulio Terzi coglie al volo l'assist che gli offre il titolo dell'opera fotografica di Marina Cicogna per ricordare come la sua visita a Tripoli sia stata non solo «un segno di solidarietà e amicizia ma anche di impulso» al percorso di «consolidamento democratico» della nuova Libia dopo la «rivoluzione di libertà contro Gheddafi».

Il titolare (per mancanza di prove) della Farnesina sottolinea «il legame speciale» che, al netto del passato coloniale e degli interessi economici legati a petrolio e gas, (r)esiste tra i due Paesi e rivendica, con il linguaggio ornato di grazia e oscurità della diplomazia, come la politica estera sia non solo rapporti di forza e valutazione di interessi ma emozione e partecipazione: «Oggi ho la sensazione che il mondo, anche per l'eroismo dei giovani delle primavere arabe, sia costretto a prendere posizione seguendo valori e non solo l'interesse nazionale».

Dopo il recupero delle atmosfere di quei tè nel deserto che all'inizio del Novecento riunivano il mondo italiano ed internazionale a Leptis Magna, il ministro degli Esteri in versione ‘'dottor Divago'' rammenta la sua esperienza da ambasciatore a Tel Aviv, l'incontro con gli ebrei di Libia e offre un ricordo potente dello scrittore e cantautore Herbert Pagani, della sua opera intellettuale e di resistenza al Colonnello che aveva cancellato nel proprio Paese tracce della presenza ebraica.

Non cancella nulla del passato, anzi restituisce istantanee di un «mondo di sogno» («anche se non vorrei sembrare Briatore», scherza Marina Cicogna), il memoir fotografico, edito da Edimond, della regina della mondanità, la più estetizzante - nipote del conte Giuseppe Volpi, ex governatore in Libia - che definisce il suo libro «una testimonianza di un Paese che in quella forma temo non esista più, e di uno stile di vita anche quello scomparso».

Archeologia del ricordo e lepidezze high society in quella dimora in stile arabo tra palme e ulivi evocata nella prefazione da Sergio Romano, jeep che lasciano la villa con bottiglie, ghiacci, cuscini e tovaglie di cotone per un picnic nel deserto, cosmopolitismo compassionevole e creature di sabbia e pietra. Ghadames, Leptis Magna, il teatro romano di Sabratha.

«La macchina del tempo in un altrove», copyright Ferzan Ozpetek, il regista-amico che ha scelto la copertina del libro, con una mano di donna - la mamma di Marina Cicogna - appoggiata a oggetti e tessuti locali per sfogliare metaforicamente la prima pagina di un baedeker di «beata incoscienza», amore per la cultura, serena convivenza tra etnie e religioni differenti.

Scatti che catturano non solo il suo amico Gianni Agnelli e Florinda Bolkan, alla quale è stata legata per 22 anni ma scrittori, collezionisti d'arte, uomini e donne di teatro e cinema. Un mare di glamour tra le falesie di un Mediterraneo che, come ricorda la produttrice cinematografica di Metti, una sera a cena, resta «la culla della nostra civiltà». Anche se oggi il Mare Nostrum non è solo la retorica del viaggio al «centro della nostra anima» ma un periplo di gommoni e uomini alla deriva. Una mappa di migrazioni che racconta di conflitti lontani, regimi militari, carestie, pulizie etniche.

Così il mare dell'incontro di popoli e culture diventa la frontiera liquida di tante odissee che appartiene ai fantasmi di Portopalo e alle vittime di ogni altro naufragio. Quei posti davanti al mare in cui nacque, secondo Marina Cicogna quello che fu il proto Obama, Settimio Severo, «il primo imperatore "nero" della storia», oggi non sono solo rovine da photo-collection ma raccontano l'esodo di esistenze escluse in mezzo alla vita che continua a scorrere tra fughe clandestine e il vento fatale di un sogno. Quel sogno di libertà che, troppe volte, non si lascia prendere. Tanto meno, fotografare.

 

 

 

Vella Cicogna Terzi Servadio e Negri Valeria Licastro Antonella Cinque Tavolo degli oratori Tiziana Rocca Sala Aldo Moro Rosi Greco Rosi Greco Anselma Dall Olio

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