
“L’ATTACCO ALL’IRAN È UN ERRORE CHE TRUMP HA COMMESSO PER RAGIONI DI EGO” – IL POLITOLOGO IAN BREMMER: “I BOMBARDAMENTI CONDOTTI DAGLI ISRAELIANI, CON L'AIUTO DEGLI AMERICANI, AVEVANO GIÀ RALLENTATO IL PROGRAMMA NUCLEARE IRANIANO DI ALMENO 9 MESI, FORSE DI ANNI. QUINDI TRUMP NON AVEVA BISOGNO DI ATTACCARE QUESTO FINE SETTIMANA, ANCHE PERCHÉ QUASI TUTTA LA COMUNITÀ INTERNAZIONALE ERA DALLA SUA PARTE. IL PRESIDENTE PERÒ VOLEVA EVITARE CHE ISRAELE SI PRENDESSE TUTTO IL MERITO DELL'OPERAZIONE, ANCHE PERCHÉ NEGLI ULTIMI TEMPI HA FALLITO I NEGOZIATI SULL'UCRAINA, GAZA E L'IRAN, E QUINDI AVEVA BISOGNO DI UN SUCCESSO MILITARE. LO HA FATTO PER EGO, NON PER NECESSITÀ DI SICUREZZA NAZIONALE…”
Estratto dell’articolo di Paolo Mastrolilli per “la Repubblica”
Ian Bremmer boccia l'attacco all'Iran: «È un errore che Trump ha commesso per ragioni di ego». […]«Invece di risolvere la crisi, il raid aumenta i rischi di escalation».
Perché il presidente ha attaccato ora?
«[…] La leadership iraniana aveva detto che non era disposta ad arrendersi, perché la rimozione del programma nucleare avrebbe messo a repentaglio la sua legittimità. […] Trump aveva chiarito che voleva la resa, altrimenti avrebbe attaccato, perciò lo ha fatto».
È stata la mossa giusta?
«Non credo, perché i rischi di escalation sono ora molto maggiori di quanto non vogliano ammettere gli Usa. […] I bombardamenti condotti dagli israeliani, con l'aiuto degli americani, avevano già rallentato il programma nucleare iraniano di almeno 9 mesi, forse di anni.
Quindi Trump non aveva bisogno di attaccare questo fine settimana, anche perché quasi tutta la comunità internazionale era dalla sua parte. Il presidente però voleva evitare che Israele si prendesse tutto il merito dell'operazione, anche perché negli ultimi tempi ha fallito i negoziati sull'Ucraina, Gaza e l'Iran, e quindi aveva bisogno di un successo militare. Lo ha fatto per ego, non per necessità di sicurezza nazionale, perciò penso sia un errore».
TRUMP ANNUNCIA L'ATTACCO AI SITI NUCLEARI DELL' IRAN
Che rischi corre ora?
«Ci sono pericoli di ritorsione per gli Usa, i soldati americani nella regione, la navigazione e il commercio dell'energia. Washington non vuole dire che è in guerra con Teheran, ma Israele lo fa. Gli americani vorrebbero evitare un'escalation senza freni, ma potrebbe non dipendere solo da loro. […]».
Che reazione si aspetta dall'Iran?
«La più probabile è che solleciti i suoi alleati a colpire i soldati americani, da Gibuti al resto della regione. La domanda è quanto saranno duri gli attacchi. […] Non credo invece che bloccheranno completamente lo stretto di Hormuz, perché l'Iran esporta ancora petrolio e ha bisogno di farlo».
Vede il rischio di terrorismo, negli Usa e in Europa?
«Certo. Finora il governo iraniano ha agito con molta moderazione e non ha fatto molto, nonostante il programma nucleare sia stato distrutto e molti leader militari uccisi. Il problema è che ora la pressione interna aumenterà ed elementi autonomi delle forze armate potrebbero agire di loro iniziativa, anche se Khamenei è ancora vivo, con attentati, omicidi, o attacchi informatici».[…]
«[…] gli israeliani, a partire da Netanyahu, non vogliono alcun negoziato. Il premier ha avuto diverse telefonate col presidente la settimana scorsa, facendo pressioni affinché interrompesse il negoziato. Anche se gli iraniani fossero disposti a tornare al tavolo, gli israeliani continueranno a colpirli per far saltare la trattativa».
Il regime rischia di cadere?
«No, non credo. […]». […]