MEGLIO DISOCCUPATI CHE “BRUCIATI” DALLO STRESS DA LAVORO - LA “SINDROME DA BURNOUT” NON È SOLO STANCHEZZA O DEPRESSIONE. È UNA MALATTIA CHE IN EUROPA COLPISCE IL 22% DI CHI HA UN IMPIEGO

sindrome burnoutsindrome burnout

Paolo Griseri per “la Repubblica”

 

Colpisce categorie di lavoratori molto diverse: dal poliziotto al sacerdote, dall’insegnante al medico, all’addetta allo sportello dell’ufficio postale. Non è un banale malessere, è una malattia vera e propria. Che punisce chi si preoccupa di più, i tanti che si dedicano anima e corpo al proprio lavoro, i molti che sentono la responsabilità sociale del mestiere che fanno e dunque ne temono le conseguenze: se un errore rischia di far fallire un intervento chirurgico o provocare un incidente stradale.

 

Nel 1974 lo psicologo statunitense Herbert Freudenberger l’ha chiamata, «sindrome da burnout», la malattia di chi si brucia per gli altri e per il lavoro. Sei anni più tardi Freudenberger ha spiegato il meccanismo nel titolo del suo libro: “Sindrome da burnout: il prezzo alto che si paga per una grande realizzazione”. Insomma, il burnout è l’altra faccia dell’“I care”.

 

In Europa colpisce il 22 per cento dei lavoratori. Ma è una media. Ci sono categorie a rischio. Gli infermieri e i medici, certamente. Sorprendentemente, più di loro gli insegnanti. Specie quelli delle scuole di periferia. 

 

sindrome burnout 2sindrome burnout 2

L’evoluzione del male è ormai codificata. Si comincia con l’«entusiasmo idealistico», che spinge i lavoratori a dare tutto per un mestiere che quasi sempre è di aiuto agli altri. Ma con la fatica e il trascorrere del tempo comincia a insinuarsi un senso di frustrazione, di inutilità, fino all’apatia e al cinismo. Vere forme di disadattamento legate al carico emotivo che il lavoro si porta con sé, una passione che ti brucia e ti sfinisce talvolta fino alla depressione.

 

«Non è facile far capire che siamo di fronte a una malattia e non a semplice stress», spiega Sebastiano Calleri, che si occupa del burnout per la Cgil nazionale. «Per questo - aggiunge l’iniziativa della Francia è particolarmente significativa. Da noi le aziende si sono sempre opposte ».

 

burnout 5burnout 5

L’idea dei francesi è quella di definire il burnout una vera e propria malattia professionale. In Italia non è così. Una legge del 2008 regola quello che viene definito «stress da lavoro correlato ». I datori di lavoro hanno l’obbligo di compilare questionari rispondendo a domande sullo stato psico-fisico dei dipendenti. Ma non si va molto più in là. Il pm Raffaele Guariniello è uno dei massimi esperti italiani in materia di leggi sul lavoro. «In realtà - spiega - è relativamente più facile arrivare a un giudizio penale che riconosca la responsabilità dei datori di lavoro nelle sindromi da burnout che non sperare in un indennizzo assicurativo».

 

burnout 4burnout 4

Semplicemente perché il reato di lesioni parla di danni recati «nel corpo e nella mente» e dunque anche legati a un sovraccarico di lavoro dovuto a una cattiva organizzazione dell’azienda. Più difficile è chiedere l’indennizzo. Il burnout non è inserito tra le malattie tabellari dell’Inail, quelle per le quali si paga al lavoratore il risarcimento. «L’unica strada - dice Guariniello - è quella dimostrare che la malattia è dovuta a una situazione di costrittivtà organizzativa dell’azienda, uno dei casi previsti dalle tabelle». Tra il 2010 e il 2014 sono stati indennizzati in Italia solo 132 casi di questo genere. Ma, ammette il pm torinese, «stabilire i nessi di causa-effetto è tutt’altro che agevole. Non basta una radiografia per individuare questo tipo di malattie professionali».

 

Eppure il fenomeno è diffuso e le analisi sul campo lo dimostrano. Uno studio compiuto in due ospedali romani nel 2006 dimostrava che su 242 infermieri coinvolti nel questionario ben il 38 per cento aveva manifestato sintomi da burnout per esaurimento emotivo. Peggio di loro gli insegnanti, soprattutto quelli costretti a operare in situazioni socialmente difficili, come le periferie delle grandi città. Per dieci anni, tra il 1992 e il 2001, una Asl di Milano ha condotto una ricerca sulle domande di inabilità al lavoro presentate da 3.049 dipendenti della pubblica amministrazione, divisi tra insegnanti, impiegati, personale sanitario e operatori generici.

burnout 3burnout 3

 

«In controtendenza con gli stereotiopi diffusi - osserva Marco Bottazzi, medico dell’Inca Cgil - i risultati dimostrano che la categoria degli insegnanti è soggetta a una frequenza di patologie psichiatriche pari a due volte quella della categoria degli impiegati e a due volte e mezza quella del personale sanitario. È verosimile ritenere che la sindrome del burnout, quando trascurata, possa costituire la fase prodromica della patologia psichiatrica conclamata».

 

Ci sono anche altri mestieri a rischio. Calleri ricorda «gli autisti dei mezzi pubblici, i dipendenti delle case di cura, gli addetti al contatto con il pubblico sia negli uffici pubblici sia nelle banche e nelle strutture private. In generale la crisi ha finito per aggravare il fenomeno - aggiunge il sindacalista - perché si sono intensificati i turni di lavoro per chi è riuscito e non essere espulso dall’azienda». Un caso a parte è costituito dagli agenti delle forze dell’ordine. «In particolare - sottolinea Bottazzi - coloro che per mansioni si ritrovano regolarmente in situazioni particolarmente drammatiche come chi si occupa di omicidi o chi deve eseguire uno sfratto e si trova costretto dal ruolo a nascondere le proprie emozioni.

 

insegnanti precariinsegnanti precari

Questa incongruenza tra doveri della professione ed emotività osserva il medico - se reiterata e profonda può determinare un progressivo distacco dall’impegno lavorativo, eventualmente accompagnato da sintomi di affaticamento e disturbi piscosomatici ». La discussione aperta dal caso francese è destinata a coinvolgere rapidamente l’Europa. Perché anche le grandi aziende si stanno rendendo conto che la malattia sta mettendo a rischio il funzionamento dell’impresa.

 

Uno studio pubblicato a gennaio dall’istituto di indagine francese “Great place to work” porta ad esempio casi come quello di Microsoft France, dove «il comitato di direzione e i manager hanno seguito un corso diformazione di 3 ore per imparare a fronteggiare lo stress in azienda e a evitare le condizioni che lo favoriscono». Lo studio, condotto su un campione di un migliaio di dipendenti, dimostra che il 17 per cento di loro si ritiene «potenzialmente in situazione di burnout», mentre un altro 31 per cento sostiene di avere incontrato casi di sindrome di burnout tra i colleghi di lavoro.

 

insegnanti precariinsegnanti precari

Anche quando la crisi dovesse allentare la morsa sul Vecchio Continente, il problema della fatica e del rischio di bruciare se stessi sul luogo di lavoro, è particolarmente alto. Non solo perché le aziende tendono a richiedere sempre maggiori aumenti di produttività, ma anche perché ci si identifica sempre di più con la propria attività lavorativa. Considerandola non di rado una specie di missione. Nel 2007 fece scuola la ricerca condotta da Pierluigi Balzon, Giorgio Ronzoni e Marcantonio Caltabiano su un campione di 321 sacerdoti della provincia di Padova.

 

Scoprirono che la sindrome da burnout colpiva soprattutto i preti giovani che non si sentivano adeguati alle richieste di aiuto di chi viveva situazioni di disagio umano particolarmente difficili. Può capitare a tutti: sentirsi inadeguati è la premessa indispensabile per bruciare le nostre speranze. Burnout, appunto.

 

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni ursula von der leyen donald trump dazi matteo salvini

DAGOREPORT – LA LETTERINA DELL’AL CAFONE DELLA CASA BIANCA È UNA PISTOLA PUNTATA ALLA TEMPIA DEI LEADER EUROPEI, CUI È RIMASTA UNA SOLA VIA DI USCITA, QUELLA COSIDDETTA “OMEOPATICA”: RISPONDERE AL MALE CON IL MALE. LINEA DURA, DURISSIMA, ALTRIMENTI, ALLE LEGNATE DI TRUMP, DOMANI, ALL’APERTURA DELLE BORSE, SI AGGIUNGERANNO I CALCI IN CULO DEI MERCATI. LA CINA HA DIMOSTRATO CHE, QUANDO RISPONDI CON LA FORZA, TRUMP FA MARCIA INDIETRO - SE LA “GIORGIA DEI DUE MONDI” ORMAI È RIMASTA L’UNICA A IMPLORARE, SCODINZOLANTE, “IL DIALOGO” COL DAZISTA IN CHIEF, NEMMENO LE CIFRE CATASTROFICHE SULLE RIPERCUSSIONI DELLE TARIFFE USA SULLE  AZIENDE ITALIANE, TANTO CARE ALLA LEGA, HA FERMATO I DEMENZIALI APPLAUSI ALLA LETTERA-RAPINA DA PARTE DI MATTEO SALVINI – ASCOLTATE JOSEPH STIGLITZ, PREMIO NOBEL PER L’ECONOMIA: “TRUMP NON AGISCE SECONDO ALCUN PRINCIPIO ECONOMICO, NON CONOSCE LO STATO DI DIRITTO, È SEMPLICEMENTE UN BULLO CHE USA IL POTERE ECONOMICO COME UNICA LEVA. SE POTESSE, USEREBBE QUELLO MILITARE’’

steve witkoff marco rubio sergei lavrov

RUBIO, IL TAJANI STARS AND STRIPES – IL SEGRETARIO DI STATO AMERICANO NON TOCCA PALLA E SOFFRE IL POTERE DI STEVE WITKOFF, INVIATO DI TRUMP IN MEDIO ORIENTE CHE SE LA COMANDA ANCHE IN UCRAINA. IL MINISTRO DEGLI ESTERI USA PROVA A USCIRE DALL’ANGOLO PARLANDO DI “NUOVA IDEA” DELLA RUSSIA SUI NEGOZIATI IN UCRAINA. MA IL MINISTRO DEGLI ESTERI DI PUTIN, LAVROV, SUBITO VEDE IL BLUFF: “CONFERMIAMO LA NOSTRA POSIZIONE” – TRUMP AVEVA OFFERTO DI TUTTO A WITKOFF, MA L’IMMOBILIARISTA NON HA VOLUTO RUOLI UFFICIALI NELL’AMMINISTRAZIONE. E TE CREDO: HA UN CONFLITTO DI INTERESSE GRANDE QUANTO UN GRATTACIELO...

diletta leotta ilary blasi stefano sala pier silvio berlusconi

FLASH – IL BRUTALE AFFONDO DI PIER SILVIO BERLUSCONI SU ILARY BLASI E DILETTA LEOTTA (“I LORO REALITY TRA I PIÙ BRUTTI MAI VISTI”), COSÌ COME IL SILURAMENTO DI MYRTA MERLINO, NASCE DAI DATI HORROR SULLA PUBBLICITÀ MOSTRATI A “PIER DUDI” DA STEFANO SALA, AD DI PUBLITALIA (LA CONCESSIONARIA DI MEDIASET): UNA DISAMINA SPIETATA CHE HA PORTATO ALLA “DISBOSCATA” DI TRASMISSIONI DEBOLI. UN METODO DA TAGLIATORE DI TESTE BEN DIVERSO DA QUELLO DI BABBO SILVIO, PIÙ INDULGENTE VERSO I SUOI DIPENDENTI – A DARE UNA MANO A MEDIASET NON È LA SCURE DI BERLUSCONI JR, MA LA RAI: NON SI ERA MAI VISTA UNA CONTROPROGRAMMAZIONE PIÙ SCARSA DI QUELLA CHE VIALE MAZZINI, IN VERSIONE TELE-MELONI, HA OFFERTO IN QUESTI TRE ANNI…

giorgia meloni elly schlein luca zaia vincenzo de luca eugenio giani elly schlein elezioni regionali

PER UNA VOLTA, VA ASCOLTATA GIORGIA MELONI, CHE DA MESI RIPETE AI SUOI: LE REGIONALI NON VANNO PRESE SOTTOGAMBA PERCHÉ SARANNO UN TEST STRADECISIVO PER LA MAGGIORANZA – UNA SPIA CHE IL VENTO NON SPIRI A FAVORE DELLE MAGNIFICHE SORTI DELL’ARMATA BRANCA-MELONI È IL TENTATIVO DI ANTICIPARE AL 20 SETTEMBRE IL VOTO NELLE MARCHE, DOVE IL DESTRORSO ACQUAROLI RISCHIA DI TORNARE A PASCOLARE (IL PIDDINO MATTEO RICCI È IN LEGGERO VANTAGGIO) – IL FANTASMA DI LUCA ZAIA IN VENETO E LE ROGNE DI ELLY SCHLEIN: JE RODE AMMETTERE CHE I CANDIDATI DEL PD VINCENTI SIANO TUTTI DOTATI DI UN SANO PEDIGREE RIFORMISTA E CATTO-DEM. E IN CAMPANIA RISCHIA LO SCHIAFFONE: SI È IMPUNTATA SU ROBERTO FICO, IMPIPANDOSENE DI VINCENZO DE LUCA, E SOLO UNA CHIAMATA DEL SAGGIO GAETANO MANFREDI LE HA FATTO CAPIRE CHE SENZA LO “SCERIFFO” DI SALERNO NON SI VINCE…

marina pier silvio berlusconi giorgia meloni

NULLA SARÀ COME PRIMA: PIER SILVIO BERLUSCONI, VESTITO DI NUOVO, CASSA IL SUO PASSATO DI RAMPOLLO BALBETTANTE E LANCIA IL SUO PREDELLINO – IN UN COLPO SOLO, CON IL COMIZIO DURANTE LA PRESENTAZIONE DEI PALINSESTI, HA DEMOLITO LA TIMIDA SORELLA MARINA, E MANDATO IN TILT GLI OTOLITI DI GIORGIA MELONI, MINACCIANDO LA DISCESA IN CAMPO. SE SCENDE IN CAMPO LUI, ALTRO CHE 8%: FORZA ITALIA POTREBBE RISALIRE (E MOLTO) NEI SONDAGGI (IL BRAND BERLUSCONI TIRA SEMPRE) – NELLA MILANO CHE CONTA IN MOLTI ORA SCOMMETTONO SUL PASSO INDIETRO DI MARINA DALLA GESTIONE “IN REMOTO” DI FORZA ITALIA: D'ALTRONDE, LA PRIMOGENITA SI È MOSTRATA SEMPRE PIÙ SPESSO INDECISA SULLE DECISIONI DA PRENDERE: DA QUANTO TEMPO STA COGITANDO SUL NOME DI UN SOSTITUTO DI TAJANI?