
“IL QUESTORE CI DISSE CHE FEDERICO SI ERA AMMAZZATO DA SOLO SBATTENDO LA TESTA SUL MURO: NON FU SOLO UNA MENZOGNA, FU CRUDELTÀ" - PATRIZIA MORETTI RACCONTA 20 ANNI SENZA SUO FIGLIO, FEDERICO ALDROVANDI, UCCISO DA 4 POLIZIOTTI NEL 2005 DURANTE UN CONTROLLO: “SOLO IL CAPO DELLA POLIZIA MANGANELLI CI CHIESE SCUSA - ALTRE PERSONE CONTINUANO A MORIRE PER MANO DELLE FORZE DELL’ORDINE. DOPO AVER SCONTATO APPENA 6 MESI DI CARCERE, GLI ASSASSINI DI MIO FIGLIO SONO TORNATI AL LAVORO. EVIDENTEMENTE LA POLIZIA NON LI RITENEVA INDEGNI DI INDOSSARE LA DIVISA…”
Amelia Esposito per il “Corriere della Sera” - Estratti
Nel gennaio 2006, Patrizia Moretti aprì un blog a cui diede il nome di suo figlio: Federico Aldrovandi. Poche parole, in principio, perché a spiegare bastava una fotografia: l’immagine del volto tumefatto e insanguinato di Federico, steso su un lettino all’obitorio. Negli anni a venire, Patrizia avrebbe mostrato quello scatto ovunque. In piazza, in tv, alle manifestazioni. Impossibile dimenticarlo. Impossibile dimenticare questa madre.
Fra pochi giorni saranno passati 20 anni da quando «Aldro» è morto. Ucciso a 18 anni durante un controllo di polizia. Incontriamo Patrizia Moretti a Ferrara. La sua città, la città che all’alba del 25 settembre 2005 ha perso un figlio che non doveva morire.
Patrizia, quella foto. Quanto coraggio e quanta forza sono serviti per mostrarla al mondo? Lei, in piazza Castello, con la gigantografia di Federico massacrato, e dietro un capannello di poliziotti.
«È stato molto faticoso, ma non avevo altra scelta. Quell’immagine era inequivocabile. I segni sul suo viso parlavano».
Fra i tanti: «ecchimosi marcata della regione fronto-temporale», il segno di una manganellata. Una ferita talmente eloquente da finire in una canzone delle Luci della Centrale elettrica («…e proteggimi le sopracciglia dai manganelli»). Ha mai pensato di arrendersi, Patrizia?
«Mai. Però ora è diverso».
(...)
Qual è l’ultimo ricordo che ha di Federico?
«Quella sera, prima che uscisse. Ero mezza addormentata sul divano, lui è venuto e mi ha dato un bacio. Ed è andato».
E qual è il ricordo che la commuove di più?
«Federico piccolo, poteva avere 4-5 anni. Io sto lavando i piatti, lui si avvicina, quasi si aggrappa a me e dal nulla mi fa: mamma, cosa succede quando si va in cielo? »
Lei cosa rispose?
federico aldrovandi da piccolo patrizia moretti con il marito e l'altro figlio
«Non ricordo, ma ora mi chiedo se fosse un segno. A volte sogno questa scena».
Sogna spesso suo figlio?
«Continuamente. Lo sogno soprattutto fra i 12 e i 14 anni, oppure da piccolissimo, quando lo tenevo in braccio».
(…)
Cosa l’ha sostenuta in questi anni?
«La solidarietà, la vicinanza di tantissime persone. Questa bellezza che è nata attorno a Federico. Non sono mai stata lasciata sola. Dai suoi amici, da tante persone comuni, da associazioni, da quel mondo che si è mobilitato per lui».
Per questo anniversario, da oggi al 27, sono in programma concerti, incontri, mostre e una fiaccolata in via Ippodromo, dove Federico è stato ucciso e dove gli sarà intitolato un giardino pubblico. Ferrara non lo dimentica. L’Italia non lo dimentica. La sua morte è stata uno spartiacque: dopo di lui, le vittime delle forze dell’ordine hanno smesso di essere considerate morti di serie B. Vedi Stefano Cucchi.
«Questa è un’altra cosa che mi conforta. Ho conosciuto Ilaria Cucchi tanti anni fa, nello studio dell’avvocato Fabio Anselmo. Venne con tutta la sua famiglia, volevano capire come muoversi e avevano scelto l’avvocato di Federico. Siamo rimaste in contatto, è una donna forte e spero che nel suo ruolo possa fare più di quello che posso io».
Anche lei è una donna forte. Se Federico è entrato non solo nella memoria collettiva ma anche nei cuori di tutti, è soprattutto merito suo. Aldro è diventato il figlio, il fratello di tantissime persone. Che uomo sarebbe oggi?
«Sarebbe la persona bella che era, a cui tutti volevano bene».
Cosa l’ha ferita di più nella fase delle indagini, quando vennero messi in atto depistaggi e coperture da parte della polizia?
«Cito due episodi. Primo. Il parroco che aveva celebrato i funerali chiese al vescovo di allora, monsignor Paolo Rabitti, di riceverci, per ascoltare le nostre ragioni e aiutarci: non ci ha mai chiamati, in compenso ha ricevuto molti poliziotti. Secondo. Io e il mio ex marito Lino venimmo convocati dall’allora questore di Ferrara, Elio Graziano; ci fece accomodare nel suo studio e, con aria contrita, guardandoci negli occhi, disse che Federico si era ammazzato da solo sbattendo la testa contro il muro. Non fu solo una menzogna, fu crudeltà».
Vi hanno mai chiesto scusa Graziano e gli altri dirigenti dell’epoca?
«Mai. Lo fece Antonio Manganelli quando diventò capo della polizia, fu l’unico».
I poliziotti che hanno ucciso Federico — Paolo Forlani, Monica Segatto, Enzo Pontani e Luca Pollastri — sono stati condannati. La magistratura ha fatto il suo. Può dire la stessa cosa delle istituzioni?
«No. E questo mi lascia l’amaro in bocca. Certo, ci sono state le dichiarazioni e le scuse. Ma nulla è cambiato. Altre persone continuano a morire per mano delle forze dell’ordine. D’altra parte, non dimentichiamo che, dopo aver scontato appena 6 mesi di carcere, gli assassini di mio figlio sono tornati al lavoro. Evidentemente la polizia non li riteneva indegni di indossare quella divisa».
LA MADRE DI ALDROVANDI CON LA FOTO DEL FIGLIO DURANTE IL SIT IN DEI POLIZIOTTI
L'APPLAUSO AGLI AGENTI CONDANNATI PER LA MORTE DI ALDROVANDI
federico aldrovandi
federico aldrovandi patrizia moretti