
“OGNUNO DI NOI HA ACCETTATO IN SILENZIO PICCOLI O GRANDI ABUSI NEGLI ANNI” – IL MEA CULPA DI MEDICI E INFERMIERI DEL REPARTO DI RADIOLOGIA DELL’OSPEDALE DI PIACENZA DOVE IL PRIMARIO EMANUELE MICHIELETTI ABUSAVA DA 15 ANNI DI ALCUNE COLLEGHE - “IL “SISTEMA MICHIELETTI” ERA NOTO E GLI ABUSI ALL’ORDINE DEL GIORNO - DALLE RIPICCHE SUI GRUPPI DI LAVORO E SUI TURNI, ALLE MANI SOTTO I VESTITI. SI SENTIVA INTOCCABILE: "SI ATTEGGIAVA A PADRE-PADRONE” – NONOSTANTE LA GRAVITÀ E I 32 ABUSI DOCUMENTATI IN APPENA 45 GIORNI, SOLO UNA GIOVANE DOTTORESSA HA DENUNCIATO…
Estratto dell’articolo di Alfio Sciacca e Stefano Pancini per il "Corriere della Sera"
«Tutti noi abbiamo dato per scontati atteggiamenti che solo a Piacenza sono la normalità. Gli abusi sono stati all’ordine del giorno. Dalle ripicche sui gruppi di lavoro e sui turni, alle mani sotto i vestiti».
La presa di coscienza sulla gravità di ciò che da anni avveniva nella Radiologia dell’ospedale di Piacenza in questi giorni corre veloce nei messaggi che si scambiano medici e infermieri del reparto o che ci hanno lavorato in passato. Tutti sapevano, ma in tanti hanno sottovalutato o preferito tacere. Per quieto vivere o per paura delle ritorsioni del primario Emanuele Michieletti, ora ai domiciliari per violenza sessuale aggravata e atti persecutori.
«Il “sistema Michieletti” — si legge in un messaggio — è assodato e ognuno di noi ha accettato in silenzio piccoli o grandi abusi negli anni».
Il primario viene descritto come un «padre-padrone» che disponeva a suo piacimento del personale, molestando o abusando sessualmente di infermiere e donne medico. Chi non si sottometteva veniva «punito» con turni disagiati e ferie negate o rinviate.
Un «sistema» che, stando a quanto accertato dalla Procura di Piacenza, andava avanti da oltre 15 anni. Almeno una decina le vittime dei 32 abusi documentati in appena 45 giorni di intercettazioni video e audio. Un primo caso di molestie sessuali risalirebbe, appunto, a 15 anni fa.
«Le risorse umane nel “sistema Michieletti” sono beni privati di cui disporre — si legge in un altro messaggio —, se sono donne l’abuso può essere anche fisico... C’è chi semplicemente se ne va prima o poi e se ne frega, ma chi rimane dovrebbe mettere mano finalmente a tutti i mali di questo sistema che al contrario degli stupri conosciamo bene, per avere quantomeno un po’ di amor proprio».
Messaggi pieni di indignazione che, al momento, resta confinata allo scambio tra colleghi, oppure a qualche dichiarazione sui giornali. «Si sentiva intoccabile, si atteggiava a padre-padrone ed era sempre circondato da alcune fedelissime, quasi avesse un suo harem», ha raccontato alla Libertà un’infermiera del reparto.
«Che nella sua stanza avvenissero degli incontri sessuali era più che un sospetto — spiega—, ma se per alcune colleghe le attenzioni sessuali sembravano non sortire imbarazzi, per altre erano molestie. Anche a me è accaduto di ricevere delle avance e l’ho respinto». Un andazzo ben noto da tempo. «Tutto, però, veniva minimizzato o dato per scontato».
Nonostante la gravità di questi racconti fino ad ora ad esporsi c’è solo una donna. […] Anche un’altra infermiera si era convita a denunciare, ma il giorno dopo ha fatto marcia indietro.
Per questo la Procura di Piacenza parla di «un clima di forte omertà all’interno del reparto che ha reso particolarmente complesse le indagini». […]
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