adriana asti

ASTI LA VISTA! - MEMORIE, AMORI E DOLORI DI ADRIANA ASTI: “DA BAMBINA HO SUBITO MOLESTIE DA PARTE DI UNA CAMERIERA FRIULANA E NESSUNO DELLA MIA FAMIGLIA DISSE NULLA - LA MIA CARRIERA IN TV FINI’ PER TINTO BRASS. OSPITE NELLA MIA TRASMISSIONE “SOTTO IL DIVANO”, LESSE UNA POESIA CHE DICEVA ‘LA ROSA VIEN DI MAGGIO, LA VIOLA VIEN COL GIASSO E LA MONA CON IL…”

Roberta Scorranese per il “Corriere della Sera”

 

adriana asti

C' è una sovrana bellezza nel candore con cui Adriana Asti accavalla le gambe, spegne una sigaretta e scoppia a ridere: «La mia autobiografia? Una palla mortale». Non è vero. Un futuro infinito è uno dei libri autobiografici italiani (a fine mese in libreria) che valga la pena di leggere: c'è tutta l' ironia, la stravaganza naïve di una donna che ha attraversato ottantasei anni di vita a piedi nudi, con la leggerezza che, alla lunga, pratica una sorta di affrancamento dal tempo. E la casa nel cuore di Roma che ci accoglie con barbagli gialli e rosa - riflessi di stoffe color pastello - è elegante ma non convenzionale.

 

Teme più la noia o le convenzioni?

adriana asti

«La noia, potrei morirne. Ma non la noia in sé, bensì le persone noiose. Questo è perché io sto benissimo da sola, anche adesso».

 

A diciassette anni lei scappò di casa unendosi a una compagnia di giro. Più che una scelta, il teatro è stato un destino?

«Un'urgenza, direi. La verità è che volevo andar via da casa. Famiglia milanese, benestante, molto chiusa. Mia madre in vita sua ha detto pochissime parole e io me le ricordo tutte».

 

Per esempio?

«Colpevolizzava il mio carattere allegro. "Ma che cosa avrà da ridere questa bambina?", si chiedeva vedendo il mio buonumore. Quando passarono quegli attori stravaganti non ebbi dubbi, anche se non sapevo recitare. Mio padre mi lasciò andare convinto che sarei tornata per incapacità di resistere alla vita. Invece».

 

È vero che da bambina lei subì molestie da parte di una cameriera friulana?

«Verissimo. E nessuno della mia famiglia disse nulla, sebbene improvvisamente quella donna venne allontanata. Ma c'è di più. In casa nessuno valorizzava il mio corpo. Il medico che mi fece nascere, il dottor Acerbi, nel vedermi esclamò: "Uh, che muster d' una tusa!", che mostro di bambina. Sono nata prematura di un mese, prima dello sviluppo sembravo uno scricciolo. Ecco perché in seguito, quando mi spogliai per la prima volta in teatro, mi sentii appagata».

 

adriana asti

Fu Visconti a spogliarla in «Old Times» di Harold Pinter, provocando l' indignazione del pubblico e dello stesso premio Nobel londinese. Ma lei si è spogliata anche al cinema.

«Ah non rinnego nessuno di quei film. Paolo il caldo , La schiava io ce l' ho e tu no e così via. Mostrarmi nuda e vedere che c' era un fiume di uomini che mi ammiravano, mi corteggiavano, per me era un risarcimento. So che avrei dovuto scandalizzarmi, ma era quello che provavo».

 

Quanto ha contato questo candore quasi infantile nel successo con gli uomini?

«Moltissimo. Ho sempre avuto innumerevoli corteggiatori pur non essendo una bellezza classica. E sul lavoro mi ha aiutata: io per anni ho calcato il palcoscenico senza saper recitare».

 

Ma come? Lei ha lavorato con i più grandi registi, da Patroni Griffi a Bob Wilson, per non parlare dei premi che ha ricevuto!

adriana asti

«Ma è vero, non sapevo fare l' attrice agli inizi. Però la mia sensibilità disarmante mi faceva capire che quello era il mio posto . Che ci stavo bene. Il successo è arrivato dopo qualche anno. Prima ci fu la chiamata di Strehler, poi i testi di autori importanti, i grandi teatri, le tournée. Ma oggi, dopo decenni di psicanalisi, dico che la cosa più importante è sentirsi bene in un posto. Se ti senti a casa, quello è il tuo destino».

 

Analisi freudiana con Cesare Musatti.

«Fu lui a sconsigliarmi di fare figli. Aveva capito che io stessa ero troppo figlia per essere madre. E sono sempre stata d' accordo con lui».

 

Il matrimonio con l' artista Fabio Mauri, finì dopo un paio d' anni.

«Vede, quello non era il mio posto . Lui era una persona molto intelligente, misticheggiante, avvertiva i miracoli. E aveva una buona famiglia tradizionale, cosa che io non reggevo: mi ricordava la mia. Un giorno me ne andai».

 

giorgio ferrara adriana asti

Ma prima allagò la casa di Roma in cui sua suocera stava prendendo il tè con le amiche.

«Sì, mi venne d' impulso. L' acqua è velocissima, sa? Basta aprire i rubinetti e dopo poco, bluf , tutto è sommerso. Ma anche mio padre, una volta, allagò la nostra casa di Milano. L'acqua arrivava alle caviglie e lui prese a giocare con le barchette. Era una specie di scherzo».

 

E sì che da bambina ne ha viste tante.

«Frequentavo le scuole dalle suore tedesche. Mentre in Germania accadevano cose terribili, loro ci facevano copiare in bella calligrafia i discorsi di Hitler e ricamare delle svastiche».

 

ADRIANA ASTI 11

E poi le fughe. Da casa, dal matrimonio. Il legame con Giorgio Ferrara, però, dura da quarantacinque anni. È «il suo posto»?

«Sì e sa che cosa ho imparato? Che per far funzionare un matrimonio contano gli spazi.

Se si hanno case grandi tanto da potersi ricavare degli angoli tutti per sé, le cose vanno bene».

 

Bisogna essere ricchi, insomma?

«Di certo i ricchi sono più felici».

 

Quando è stata la volta in cui si è sentita potente, seduzione del nudo a parte?

«Nell' accezione comune, mai. Però ricordo la volta in cui capii che avevo imparato a recitare. Fu nel 1954 con Il ventaglio di Goldoni al teatro La Fenice di Venezia, nella parte della signora Candida. Mi resi conto che mi divertivo, che recitare per me non era più un incubo».

 

Gassman, Buñuel, Sontag, Pasolini. La sua vita è stata una gimkana tra uomini e donne straordinarie. A proposito, lei piace alle donne?

«Moltissimo».

 

E le donne a lei piacciono?

ADRIANA ASTI PASOLINI

«Ci ho pensato qualche volta, ma ho concluso che mi piacciono gli uomini. Però la vuole la verità vera? Vorrei incontrare qualcuno come me e stare con me. Ecco».

 

(ride) Le piacevano anche gli uomini tirannici come Luchino Visconti?

«Un signore crudele. Ci voleva tutti alla Colombaia, la sua villa a Ischia, ma ci sottoponeva a regole ferree: pranzo e cena a orari fissi, non potevamo ricevere nessuno e persino se volevi prenderti una granita in centro dovevi chiedergli il permesso. Ma a lui si perdonava tutto».

 

Perché era un genio?

«Non era un genio. Era un uomo straordinariamente attraente».

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Anche Pasolini piaceva a tutti?

«Era diverso: a lui tutti volevamo bene. Iris, la mia cameriera, si preoccupava quando arrivava l' estate perché tutti sapevamo che lui usciva a tarda sera e rientrava solo al mattino. D' altra parte, Pier Paolo scelse sua madre per interpretare la Madonna anziana nel suo Vangelo . Ah quanto si impara con la psicanalisi».

 

Musatti le salvò la carriera?

«Nel 1955, mentre recitavo nel Crogiuolo di Arthur Miller a Roma, iniziai a vomitare. Inspiegabilmente. Per giorni, mesi. Dovetti smettere di lavorare: era chiaramente un disturbo nervoso. Così andai da lui. Ma all' epoca ci si vergognava ad andare da uno psicanalista, così uscivo con i libri sotto il braccio, in modo che i vicini pensassero che andavo a studiare. Guarii. E ho imparato a guardare meglio gli altri».

 

Nel suo libro lei parla benissimo di Tinto Brass, uomo intelligente e gentile.

«Sul set di Caligola , il suo film mai proiettato in Italia, lui arrivava con moglie e figli e commentava le orge: "Tinta - chiedeva alla moglie -, come la metteresti tu quella gamba?"».

 

ADRIANA ASTI 1

Siete rimasti in contatto?

«No. Peraltro lui fu l' involontaria causa della fine della mia carriera televisiva ( ride ). La Rai mi affidò una trasmissione, Sotto il divano . Invitai Tinto, che mi chiese di recitare una poesia. Faceva così: La rosa vien di maggio,/ la viola vien col giasso,/ la mona vien col casso. Ci chiusero il programma qualche giorno dopo».

 

Oggi porta in scena le sue «Memorie di Adriana» e, paga di un successo che non si spegne, vive felicemente tra Parigi e Roma.

«Parigi è la città in cui hai sempre la sensazione che stia per accadere qualcosa di straordinario. Roma è la bellezza pura. Ma qui ho imparato una cosa: che non sempre la vita è rinuncia, impegno, fatica: qualche volta si può anche oziare. Cioè stare a guardare. Perché no?».

 

Qual è il suo desiderio più grande?

«Andarmene senza dar dolore a nessuno».

 

ADRIANA ASTI

E, da atea, come immagina il suo «futuro infinito»?

«Lo vorrei come il mio presente. Ma non mi faccia pensare al paradiso: lo immagino un posto pieno di gente, un caos tremendo. Tipo un affollamento da stazione termale d' inverno».

 

E che cosa diventeremo allora?

«Mah, dicono che ci dissolveremo un po' come si dissolve l' energia. Ma in fondo, chissenefrega dell' energia. Io preferisco il far nulla».

E balugina un' altra sigaretta.

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