"STIAMO ENTRANDO IN UNA DELLE FASI PIÙ DELICATE DELLA PANDEMIA" - IL DOTTOR REMUZZI: "MEGLIO VACCINARE UN GRANDE NUMERO DI PERSONE CON UNA DOSE SINGOLA CHE UN PICCOLO CAMPIONE CON DUE DOSI. SI PUÒ IPOTIZZARE DI NON FARE IL RICHIAMO PRIMA CHE SIANO PASSATI 120 GIORNI. IL LIVELLO DI PROTEZIONE INDOTTO DALLA PRIMA DOSE DEL VACCINO È COMUNQUE MOLTO ALTO. IN QUESTA DISCUSSIONE SUL MES NON SI TROVANO 2-3 MILIARDI DA DESTINARE A UN SITO ITALIANO PER PRODURRE VACCINI?"

Marco Imarisio per il "Corriere della Sera"

 

remuzzi 9

«Stiamo andando bene, perché esistono già tre vaccini sicuri ed efficaci, e presto ne arriveranno molti altri. Ma se non facciamo tutti uno sforzo in più, non è certo che finirà bene, per lo meno a breve termine».

 

Professor Remuzzi, cosa la preoccupa di più?

«Anche quando funzionano, i lockdown mascherati e le zone di diverso colore sono pur sempre l'ammissione di un fallimento nella lotta al virus. Il vaccino invece è la soluzione. Insieme all'immunità naturale, ma quella nessuno può dire quando arriverà».

il vaccino pfizer arriva allo spallanzani

 

Servono sforzi maggiori?

«Non bisogna perdere un minuto. Stiamo vaccinando 400 mila persone alla settimana. Immaginiamo pure di arrivare a 700 mila. Non basta».

 

Essere tra i più veloci in Europa non basta?

«Se in Italia le cose dovessero andare come stanno andando in Inghilterra o in Germania, rischiamo i mille morti al giorno. L'obiettivo di arrivare a 50 milioni di persone vaccinate entro la fine di marzo è utopico. Ma abbiamo il dovere di credere che sia possibile. E poi serve una strategia a medio termine. Altrimenti, il tema dei vaccini ce lo porteremo dietro per anni».

VACCINO PFIZER 1

 

Cosa bisogna fare?

«Il primo problema è la produzione. Pfizer ha già detto che non ce la fa a coprire il fabbisogno. Bisognerebbe estendere l'accordo che AstraZeneca ha fatto con Serum Institute of India ad altre compagnie, e mettere insieme tutti i siti produttivi del mondo. Oltre che in India e in Cina, ce ne sono in Sudamerica, Usa, Germania, e la Francia si sta attrezzando».

 

Una regia unica?

«Qualcosa del genere. Insieme, si possono fare miliardi di dosi e un piano affidato all'Oms e alle organizzazioni internazionali dei vaccini permetterebbe di far arrivare il vaccino dove serve di più».

giuseppe remuzzi

 

In questo scenario l'Italia dove si colloca?

«Abbiamo un'industria farmaceutica che ci colloca al primo posto in Europa e fra i primi al mondo dopo India e Cina: fabbrichiamo l'11% della produzione mondiale di farmaci. Ma siamo fuori da questo gioco enorme».

 

Non è tardi per pensarci?

«Se il Covid sparirà nella sua forma più acuta, sarà perché i suoi vaccini resteranno a lungo nelle nostre vite. Per anni, forse decenni. Con rispetto, mi chiedo: ma in questa discussione sul Mes non si trovano 2-3 miliardi da destinare a un sito italiano capace di produrre i vaccini?».

VACCINO PFIZER 2

 

Autarchia vaccinale?

«Al contrario. Si tratta di partecipare a uno sforzo globale in cui ogni Paese mette a disposizione la propria capacità produttiva. Anche perché davanti a questa emergenza, l'Europa ha finalmente dato prova di esistere».

 

Allora dov' è il problema?

«Essere solo finanziatori e acquirenti, e non produttori in senso stretto, ci mette in una posizione di debolezza rispetto agli altri. Non riusciamo a contribuire. Se gli altri Paesi fossero come noi, non ci sarebbe alcuna disponibilità di vaccini. Servono orgoglio e lungimiranza. Da qui ad aprile si gioca molto del nostro futuro prossimo».

VACCINO PFIZER

 

Quanto pesa il ritardo di AstraZeneca?

« Lancet ha pubblicato al riguardo un lavoro convincente. Zero casi di Covid grave in quelli che hanno fatto quel vaccino rispetto a chi ha fatto il placebo. In sostanza, abbiamo tre vaccini sicuri ed efficaci. Se L'Ema approva Astrazeneca, in Italia ci avvicineremmo ai 15 milioni di dosi per i prossimi mesi. Questo è lo scenario più favorevole. Ma non sono sicuro che basti, soprattutto se si fanno due dosi ravvicinate. Stiamo entrando in una delle fasi più delicate della pandemia».

 

La sua proposta?

giuseppe remuzzi a piazzapulita 1

«Meglio vaccinare un grande numero di persone con una dose singola che un piccolo campione con due dosi. Si può ipotizzare di non fare il richiamo prima che siano passati 120 giorni. Il livello di protezione indotto dalla prima dose del vaccino è comunque molto alto».

 

A lei sembra così alto il 50 per cento dell'immunità?

«Alcuni lavori scientifici, ultimo quello appena pubblicato sul New England Journal of medicine e riferito al vaccino Pfizer, e la presa di posizione del comitato inglese su vaccini e immunizzazione, dimostrano come la quasi totalità dei contagi avviene nei primi 10-12 giorni dalla somministrazione della prima dose. Dopo, si ha una protezione molto alta, fino al 90%».

STABILIMENTO PFIZER DI PUURS

 

La seconda dose non serve?

«Bisogna farla, ci mancherebbe. Ma non c'è evidenza che fare il richiamo subito o dopo qualche mese sia diverso. A mio parere, quando si partirà con una vera e propria campagna vaccinale, sarebbe meglio aspettare 120 giorni per la seconda puntura».

 

Al contrario di molti suoi colleghi lei è d'accordo con la proposta lanciata da Biden?

«Ne vedo i vantaggi. Potremmo intanto arrivare a giugno con un campione importante di popolazione vaccinato per metà. E con l'aiuto dell'estate, ricordiamoci che sempre di un virus stagionale stiamo parlando, potremmo tirare qualche somma».

 

La scoperta di un paziente positivo già a novembre cosa significa?

quartier generale pfizer a new york 2

«Dimostra che il virus è con noi da molto tempo. E in parte aiuta a capire i numeri abnormi della Lombardia durante la prima ondata. Ma purtroppo questa malattia ci ha dimostrato più volte che con lei è bene non fare previsioni».

 

Non finirà presto, vero?

«Abbiamo capito da tempo che la bacchetta magica non esiste. Per questo l'Italia deve trovare il modo per entrare nel pool dei produttori di vaccini. Come sta pensando di fare la Francia. Con l'impegno delle autorità si può e si deve fare. È il momento di essere ambiziosi, e coraggiosi».

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