toto de curtis

A 50 ANNI DALLA MORTE DI TOTÒ - GOFFREDO FOFI: NON È VERO CHE TOTÒ NON FU APPREZZATO COME MERITAVA, MA AD APPREZZARLO NON ERA UNA SACCENTE BORGHESIA E PICCOLA BORGHESIA PERBENISTA, ERANO, TRA GLI INTELLETTUALI, QUELLI PIÙ LIBERI DAI DOGMI E DAGLI SCHIERAMENTI. E UNA MANCIATA DI REGISTI: MONICELLI, ROSSELLINI, PASOLINI, LATTUADA. E FELLINI, CHE PERÒ RINUNCIÒ VILMENTE…

 

 

Goffredo Fofi per ‘Avvenire

Goffredo FofiGoffredo Fofi

 

È facile oggi parlar bene di Totò.

 

Quando era in vita, i critici specificavano: è un buon comico e potrebbe fare grandi cose, come dimostra, per esempio, la sua interpretazione a fianco di Aldo Fabrizi in Guardie e ladri addirittura premiata a Cannes, ma Totò si lascia andare, forse per amore dei soldi, a troppe porcherie, a film rozzi e volgari; e nel loro dire era ovviamente sottinteso: per un pubblico volgare.

 

Non la pensavano allo stesso modo, quei tre o quattro registi che ne capirono appieno la diversità, l' eccezionalità, il valore. Mario Monicelli per primo, che si rammaricava di aver contribuito alla sua irreggimentabile umanizzazione strappandolo all' anarchia della maschera, e poi Pasolini (come dimenticare il fraticello di Uccellacci e uccellini, memore del Francesco rosselliniano, o la marionetta Jago condannata a essere cattiva di Che cosa sono le nuvole, con quel sublime finale che citava il Buñuel di Los Olvidados), Lattuada (emblematico in La mandragola il "dialogo" del fra' Timoteo di Machiavelli con la morte, con un teschio? Anche se tagliato dai produttori e che andrebbe recuperato nella sua interezza), Rossellini (un trasandato Dov' è la libertà? apologo crudele e anti-neorealista ideato dal fondatore del neorealismo, che metteva radicalmente in discussione l' illusione neorealista della vittoria del bene sul male, a partire dai disastri di una guerra che aveva pur fatto 60 milioni di morti e dalla constatazione del perdurare delle umane bassezze, comparabile solo con il racconto di Bassani Una lapide in via Mazzini), e infine Fellini, che rinunciò un po' vilmente a usarlo (per esempio nel ruolo del nonno della Masina in Giulietta degli spiriti) ma che ne capì tra i primi la grandezza.

TOTO'TOTO'

 

Non è vero che Totò non fu apprezzato come meritava, ma ad apprezzarlo non era una saccente borghesia e piccola borghesia perbenista, erano, tra gli intellettuali, quelli più liberi dai dogmi e dagli schieramenti della guerra fredda, e che avevano avuto a che fare con le avanguardie (Palazzeschi, per esempio, Savinio, Bontempelli, o un grande critico teatrale come Sandro De Feo; solo molto tardi dopo la morte i critici francesi scoprirono Totò, anche se Robert Benayoun, che veniva dall' area surrealista si accorse della sua genialità già negli anni cinquanta, semplicemente perché amava e frequentava l' Italia più vera) e tutto un enorme popolo di proletari e marginali, di artigiani e piccoli impiegati, di contadini ancora condannati all' analfabetismo, che nel dopoguerra si riconobbero nelle sue strampalate avventure dominate da sentimenti che ben conoscevano: la fame di cibo (gli spaghetti di Miseria e nobiltà!), di sesso (in un Paese di repressi e anche per questo ferocemente maschilista), di spazio ( Totò cerca casa, le farse dell' avanspettacolo come l' anonima Camera fittata a tre), di riconoscimento (una fame, questa, che riguardava soprattutto una piccola borghesia priva di certezze anche sulla propria identità: «Lei non sa chi sono io!»).

TOTO'TOTO'

 

Totò li (ci) vendicava tutti, con infantile e scatenata aggressività. Perché non era semplicemente 'umano', era qualcosa di più, era una maschera, era uno strano diavoletto venuto dal profondo di un' antropologia contadina (le atellane nate a due passi dalla sua Napoli) e sottoproletaria (il vicolo della grande città borbonica) che nella lotta per l' esistenza portava la bizzarria dei travestimenti e delle soluzioni, la quasi infinita varietà dell' 'arte di arrangiarsi'. «Che mestiere fai?» chiedeva Danilo Dolci nelle sue inchieste ai disoccupati delle piazze siciliane, e c' era chi, sconcertandolo, gli rispondeva «l' industriale»: uno che si industria!

 

TOTO'TOTO'

Ma la sua era anche, come scioccamente non vollero capire i critici cattolici, una comicità spesso e volentieri 'metafisica': la marionetta disarticolata che si ribella alle leggi della gravità, lo scatenarsi di un fisico che sembra voler uscire da sé, un' anima malvolentieri costretta a un corpo, la tensione verso qualcosa che non si sa cos' è ma che si sa che c' è; il 'nuovo nato' al mondo che così spesso incarnò nei suoi lavori teatrali, dall' ingenuo Gelsomino dei primi avanspettacoli al Figlio di Jorio, a Tarzan, all' Orlando curioso delle grandi riviste scritte con Michele Galdieri e interpretate a fianco di una partner come 'la Magnani'.

toto in quel di sanremototo in quel di sanremo

 

Sono certo che Antonin Artaud avrebbe certamente amato Totò se avesse potuto vedere un suo spettacolo, un suo film e gli avrebbe dedicato un capitolo del suo Teatro della crudeltà così come fece per i Fratelli Marx. L' attuale venerazione per Totò è però assai ambigua, perché viene da parte di un popolo che non può più tornare a essere quello degli analfabeti e dei proletari di un tempo, decisamente rovinato, avrebbe detto Pasolini, dalla televisione e dal benessere.

 

Eppure... eppure questi nostri anni dimentichi di tutto se non di un eterno presente da lotofagi, avrebbero bisogno nel loro nuovo disordine e nelle loro nuove ansie di sopravvivenza individuale e collettiva, del mondo, di un qualche nuovo Totò che, venendo da ieri, sapesse mostrarci le difficoltà e le paure dell' oggi.

 

TOTO MISERIA  E NOBILTATOTO MISERIA E NOBILTA

Di Totò avremmo bisogno, non dei comici da cabaret e da televisione, quelli che Totò non amava, i raccontatori di barzellette consolatorie, sui piccoli tic di una quotidianità alienata. Far ridere è un' arte, come ci hanno spiegato Rabelais e Shakespeare, Charlot e Ollio-e-Stanlio, Pirandello e Bergson. Un' arte rara e grave, di cui si è perso il segreto.

carlo croccolo totocarlo croccolo totototo cachet fiattoto cachet fiatTOTO' FRANCA FALDINITOTO' FRANCA FALDINITotO\'TotO\'TOTO' FALDINITOTO' FALDINITOTO'TOTO'

Ultimi Dagoreport

mauro gambetti papa leone mazza baseball san pietro pipi sagrato

DAGOREPORT: IL PISCIO NON VA LISCIO – PAPA LEONE XIV E’ FURIOSO DOPO IL SACRILEGIO COMPIUTO DALL’UOMO CHE HA FATTO PIPI’ SULL’ALTARE DELLA BASILICA DI SAN PIETRO – IL PONTEFICE HA ORDINATO UN RITO RIPARATORIO “URGENTE” E, SOPRATTUTTO, HA FATTO IL CULO AL CARDINALE GAMBETTI, ARCIPRETE DELLA BASILICA VATICANA, CON UN CONFRONTO “TEMPESTOSO”: E’ IL TERZO GRAVE EPISODIO IN POCO PIU’ DI DUE ANNI AVVENUTO NELLA CHIESA PIU’ IMPORTANTE DEL MONDO – NEL MIRINO FINISCONO ANCHE GLI UOMINI DELLA GENDARMERIA VATICANA, INCAPACI DI INTERVENIRE TEMPESTIVAMENTE E DI PREVENIRE GESTI SACRILEGHI DELLO SVALVOLATO DI TURNO – VIDEO!

spionaggio paragon spyware giorgia meloni fazzolari mantovano giorgetti orcel francesco gaetano caltagirone flavio cattaneo

DAGOREPORT - E TRE! DALLO SPIONAGGIO DI ATTIVISTI E DI GIORNALISTI, SIAMO PASSATI A TRE PROTAGONISTI DEL MONDO DEGLI AFFARI E DELLA FINANZA: CALTAGIRONE, ORCEL, CATTANEO - SE “STAMPA” E “REPUBBLICA” NON LI FANNO SMETTERE, VEDRETE CHE OGNI MATTINA SBUCHERÀ UN NUOVO E CLAMOROSO NOME AVVISATO DI AVERE UN BEL SPYWARE NEL TELEFONINO - COME NEL CASO DEGLI ACCESSI ABUSIVI ALLA PROCURA ANTIMAFIA (FINITI IN CHISSÀ QUALCHE SCANTINATO), I MANDANTI DELLO SPIONAGGIO NON POSSONO ESSERE TROPPO LONTANI DALL’AREA DEL SISTEMA DEL POTERE, IN QUANTO PARAGON FORNISCE I SUOI SERVIZI DI SPYWARE SOLO AD AUTORITÀ ISTITUZIONALI - A QUESTO PUNTO, IL CASO È CORNUTO: O SI SONO TUTTI SPIATI DA SOLI OPPURE IL GOVERNO MELONI DEVE CHIARIRE IN PARLAMENTO SE CI SONO APPARATI “FUORILEGGE”. PERCHÉ QUANDO IL POTERE ENTRA NEI CELLULARI DEI CITTADINI, NON C’È PIÙ DEMOCRAZIA…

matteo salvini roberto vannacci giorgia meloni massimiliano fedriga luca zaia

DAGOREPORT – GIORGIA MELONI HA GLI OCCHI PUNTATI SULLA TOSCANA! NELLA REGIONE ROSSA SARÀ CONFERMATO EUGENIO GIANI, MA ALLA DUCETTA INTERESSA SOLO REGISTRARE IL RISULTATO DELLA LEGA VANNACCIZZATA – SE IL GENERALE, CHE HA RIEMPITO LE LISTE DI SUOI FEDELISSIMI E SI È SPESO IN PRIMA PERSONA, OTTENESSE UN RISULTATO IMPORTANTE, LA SUA PRESA SULLA LEGA SAREBBE DEFINITIVA CON RIPERCUSSIONI SULLA COALIZIONE DI GOVERNO – INOLTRE ZAIA-FEDRIGA-FONTANA SONO PRONTI A UNA “SCISSIONE CONTROLLATA” DEL CARROCCIO, CREANDO DUE PARTITI FEDERATI SUL MODELLO DELLA CDU/CSU TEDESCA - PER LA MELONI SAREBBE UNA BELLA GATTA DA PELARE: SALVINI E VANNACCI POTREBBERO RUBARLE VOTI A DESTRA, E I GOVERNATORI IMPEDIRLE LA PRESA DI POTERE AL NORD...

matteo salvini luca zaia giorgia meloni orazio schillaci

FLASH! – L’”HUFFPOST” RIPORTA CHE SALVINI VUOL CONVINCERE LUCA ZAIA A PORTARE IL SUO 40% DI VOTI IN VENETO MA SENZA CHE IL SUO NOME BRILLI SUL SIMBOLO – PER ACCETTARE IL CANDIDATO LEGHISTA STEFANI, LA MELONA INSAZIABILE, PAUROSA CHE L’EX GOVERNATORE VENETO PORTI VIA TROPPI VOTI A FDI, L’HA POSTO COME CONDIZIONE A SALVINI – PER FAR INGOIARE IL ROSPONE, OCCORRE PERÒ CHE ZAIA OTTENGA UN INCARICO DI PESO NEL GOVERNO. IL MAGGIORE INDIZIATO A LASCIARGLI LA POLTRONA SAREBBE ORAZIO SCHILLACI, MINISTRO TECNICO IN QUOTA FDI, ENTRATO IN COLLISIONE CON I TANTI NO-VAX DELLA FIAMMA - AVVISATE QUEI GENI DI PALAZZO CHIGI CHE ZAIA SUI VACCINI LA PENSA ESATTAMENTE COME SCHILLACI…

monique veaute

NO-CAFONAL! – ARCO DI TRIONFO PER MONIQUE VEAUTE, QUELLA VISPA RAGAZZA FRANCESE CHE NEL 1984 GIUNSE A ROMA PER LAVORARE ALL’ACCADEMIA DI FRANCIA DI VILLA MEDICI - DA ABILISSIMA CATALIZZATRICE DI GENIALI E VISIONARIE REALTÀ ARTISTICHE INTERNAZIONALI, DETTE VITA A UN FESTIVAL CHE SCOSSE LO STATO DI INERZIA E DI AFASIA CULTURALE IN CUI ERA PIOMBATA ROMA DOPO L’ERA DI RENATO NICOLINI – L'ONORIFICENZA DI ''COMMANDEUR DE L'ORDRE DES ARTS ET DES LETTRES'' NON POTEVA NON ESSERE CONSEGNATA DALL’AMBASCIATORE FRANCESE SE NON A VILLA MEDICI, DOVE 40 ANNI FA TUTTO È NATO….