
LA CANNES DEI GIUSTI – “TWO PROSECUTORS”, ULTIMA OPERA DEL CELEBRATO REGISTA UCRAINO SERGEY LOZNITZA, HA RICOSTRUITO UN PO’ L’IMMAGINE DEL FESTIVAL DOPO UN INIZIO NON DI GRANDISSIMO LIVELLO. È UNA SORTA DI FAVOLA MORALE MOLTO IRONICA E DARK SUI BEI TEMPI DELLE PURGHE D’ANTEGUERRA E SUL CONCETTO DI GIUSTIZIA COMUNISTA AI TEMPI DI STALIN E, OVVIAMENTE, AI TEMPI DI PUTIN - E’ UN RITRATTO PRECISO DI QUEL CHE PUÒ DIRE OGGI COMPORTARSI SECONDO UN PRECISO CODICE MORALE SOTTO PUTIN E DEI RISCHI CHE SI CORRONO…
Marco Giusti per Dagospia
“Cosa facevi prima della Rivoluzione?” – “La aspettavo in carcere” – “E dopo la Rivoluzione?” – “No. Era il carcere che aspettava me”.
Con questa incredibile barzelletta controrivoluzionaria vi introduco il film che, assieme a “Sound of Fallen” di Masha Chylinski, ha ricostruito un po’ l’immagine del Festival dopo un inizio non di grandissimo livello.
Livello e qualità non mancano a questo incredibile “Two Prosecutors”, ultima opera scritta e diretta dal celebrato regista ucraino Sergey Loznitza che proprio a Cannes esordì una decina d’anni fa, e che poi con “Maidan” e “Donbass” ci spiegò quello che stava accadendo nel suo paese.
Il film, nato da un romanzo di Georgij Denidov, coprodotto da qualcosa come sei nazioni e già comprato ovunque per la distribuzione, che da noi sarà Lucky Red, è una sorta di favola morale molto ironica e molto dark sui bei tempi delle purghe d’anteguerra e sul concetto di giustizia comunista ai tempi di Stalin e, ovviamente, ai tempi di Putin.
Siamo nel 1937, ottavo anni del terrore imposto da Stalin, con la NKVD, il commissariato del popolo che mette in galera non solo i dissidenti, ma anche le vecchie glorie del partito, che obbliga con la tortura a confessare atti non veri per poi giustificare la loro eliminazione fisica.
La prima scena che vediamo è quella di un vecchio barbogio carcerato che brucia un sacco intero di pizzini scritti dalle celle per il compagno Stalin e riesce a salvarne uno firmato dal compagno Stepniak che chiede l’arrivo di un procuratore che indaghi sui fatti.
Misteriosamente il pizzino arriverà al giovane procuratore investigativo appena uscito dall’università Kornyev, interpretato da Aleksandr Kuznetsov, che detto fatto si presenta al carcere lager di Bryansk per chiedere di vedere Stepniak.
Malgrado gli intralci della polizia del carcere, la barzelletta che vi ho raccontato è detta da uno dei due, riesce a parlare a quattr’occhi con Stepniak, interpretato da uno spettacolare Aleksandr Filipenko, detto simpaticamente Gamba di legno, che gli racconterà con un numero da grande attore la verità sulle carceri e su quello che dovrebbe fare.
Stepniak è persona ligia e pensa bene di raccontare tutto al procuratore generale, il terribile Vichinsky, interpretato da Anatoly Belly.
sergei loznitsa con il cast di two prosecutors a cannes
Ovviamente il giovane compagno Kornyev crede ancora alla giustizia comunista. Costruito con una fotografia, di Oleg Mutu, e una scenografia da urlo, interpretato da attori mai visti che sembrano provenire dal teatro e dal mondo di Bulgakov, “Two Prosecutors” non è solo un grande film da festival.
E’ un ritratto preciso di quel che può dire oggi comportarsi secondo un preciso codice morale sotto Putin e dei rischi che si corrono. Ogni scena è costruita all’interno di una precisa idea scenografica che dovrà far vivere i dialoghi dei personaggi. Grande film.