IL CINEMA DEI GIUSTI – “TONI, MIO PADRE”, IL DOCUMENTARIO CHE ANNA NEGRI HA DEDICATO AL PADRE, TONI NEGRI, SCOMPARSO ORMAI DA TRE ANNI, È UN FILM CHE TOCCA PROFONDAMENTE - LA STORIA COSÌ DEL PADRE RIVOLUZIONARIO, DEFINITO ADDIRITTURA IL TEORICO DELLA LOTTA ARMATA IN ITALIA, E QUELLA PIÙ PRIVATA DI UN PADRE, PRIMA IN GALERA, POI FUGGIASCO IN FRANCIA, POI TORNATO, SI CONFRONTANO E SI UNISCONO CERCANDO DI DARE UN SENSO, POLITICO, STORICO, SENTIMENTALE, A TUTTO QUELLO CHE È PASSATO - OVVIAMENTE IL FILM NON È ENTRATO NELLA SELEZIONE UFFICIALE DEI FILM DELLA MOSTRA DI VENEZIA NÉ DI QUELLA DI ROMA. SI VEDE CHE DAVA NOIA… - VIDEO
Marco Giusti per Dagospia
Quasi alla fine, prima di un giusto lieto fine che circoscriva il rapporto d’amore tra padre e figlia e lo riporti in una dimensione privata, in “Toni, mio padre”, il film che Anna Negri ha dedicato al padre, Toni Negri, scomparso ormai da tre anni, e che vedremo da lunedì 10 al cinema, c’è uno dei dialoghi più forti e più veri che ho sentito in un film italiano.
“Non vuoi accettare l’idea che i tuoi genitori siano stati dei rivoluzionari e restino tali”, dice Toni Negri alla figlia quasi urlando la propria fermezza nell’idea di una rivoluzione che prima o poi arriverà e porterà il comunismo. Al che, Anna lo riporta alla realtà, quasi disperata. “Ma io faccio vedere questo film a un mondo di fascisti, di gente che ci odia e sento questo cazzo di giudizio continuo su di me”.
“Ma non te l’ho chiesto io di farlo”, gli dice giustamente il padre che, a differenza della figlia che lo riprende, pur malato e non troppo in forma, non ha mai il minimo cedimento, il minimo imbarazzo o la minima indecisione su quel che dice, e spiega alla figlia perché definisce le BR “i compagni delle BR”.
Definendo perfettamente chi erano i compagni e chi erano i nemici. Voi facevate la rivoluzione, gli dice più o meno Anna, mostrandoci la vita del padre come quella dei protagonisti di “Una battaglia dopo l’altra” di Paul Thomas Anderson, mentre a noi, figli, avete lasciato gli anni ’80 di Milano e gli anni dell’eroina. Un disastro. Non so come non darle ragione.
Ma ha ragione pure il padre a mantenere il suo sguardo lucido. E’ il punto massimo di scontro tra padre e figlia e giustamente Toni Negri dice alla figlia di mettere questa scena di scontro all’inizio del film. E da lì partire puntando su altri scontri. Cosa che io, da figlio rispettoso avrei fatto. Ma Anna Negri non lo fa. Preferisce che il suo film, non oso definirlo un documentario, perché non lo è, si sviluppi come, forse, l’ha concepito.
Come un racconto, senza una precisa struttura se non quella dettata dai sentimenti, dalla vita passata giorno per giorno, che gira attorno alla ricerca di una verità sul loro rapporto.
Dove la storia così importante, quella del padre rivoluzionario definito addirittura il teorico della lotta armata in Italia, e quella più privata di una famiglia che quel padre, prima in galera, poi fuggiasco in Francia, poi tornato, ha dovuto seguire e inseguire vivendo una vita che mai pensava di dover vivere, si confrontano e si uniscono cercando di dare un senso, politico, storico, sentimentale, a tutto quello che è passato.
Solo che mentre il padre, giustamente, da studioso e da rivoluzionario, ha uno sguardo preciso sul passato e sulle azioni che hanno portato alla sua storia e alla sua realtà, la figlia sembra esplodere dentro questo confronto con una vita che ha vissuto ma certo non per propria scelta. E’ un dramma antico e profondo quello a cui assistiamo.
Al di là del valore di documento del film, Toni Negri, comunque la pensiate è un attivista e uno studioso che ha cambiato la scena politica italiana, “Toni, mio padre” è qualcosa che, almeno a noi che abbiamo vissuto quegli anni, tocca profondamente. E sappiamo che da quel dramma, come Anna non siamo mai uscito. Ovviamente il film non è entrato nella selezione ufficiale dei film della Mostra di Venezia né di quella di Roma. Si vede che dava noia. Lo trovate dal 10 novembre in sala.







