NUOVO CINEMA DE SICA: ‘A FAR RIDERE SIAMO PIÙ BRAVI DEGLI AMERICANI, ‘SCARY MOVIE’ NON È MEGLIO DI ‘VACANZE DI NATALE. ANZI’ – ‘LA GRANDE BELLEZZA?’ FELICE PER L’OSCAR MA CI AVREI MESSO MENO SUORE, MENO GIRAFFE E PIÙ FERILLI, CHE È FANTASTICA. RIESCE A NON FARE LA MIGNOTTA’

Alessandra Mammì per ‘L'Espresso'

«Va bene il teatro, va bene la televisione: ma a Natale, ve vojo tutti ar cinema». E giù applausi. Pubblico caldo, affettuoso, affezionato. Ovunque. A partire da Bergamo dove Christian De Sica ha dato il via alla tournée di "Cinecittà", il suo musical in grande stile, con orchestra, ballerini, scale fosforescenti, piume di struzzo, paillettes, luci della ribalta, occhi di bue, amore per il cinema. Un successo. Teatri e auditorium da due-tremila posti. Spesso sold out. «L'11 marzo saremo a Roma al Brancaccio, ma lo spettacolo è andato fortissimo anche in tutto il nord. Certo non come a Napoli o Avellino. Lì era come giocare in casa e alla fine mi tiravano i cioccolatini sul palcoscenico».

E ce n'era davvero bisogno di cioccolatini, dopo due ore in scena, senza intervallo, a cantare e ballare. Showman degno di prime serate tv. Sessant'anni portati meravigliosamente. Christian si concede sul palcoscenico giusto un po' di riposo, qualche minuto seduto a ricordare vecchie storie, aneddoti, la voce chioccia di Federico Fellini, quella impostata del padre Vittorio e il farfugliare rauco di Cesare Zavattini.

«Cinecittà c'èst moi» e le cose viste da bambino, quando giocava sotto i pini mentre papà girava come protagonista il "Generale della Rovere" di Roberto Rossellini. «Racconto solo un po' di cose che sono capitate a me. Per la storia di Cinecittà ci vorrebbero quattro musical. Questo posto è lo specchio del paese, da "Ben Hur" al "Grande Fratello" c'è tutta la storia d'Italia». Ma anche nella vita di Christian c'è un bel pezzo di storia d'Italia. O perlomeno di cinema. Dal grande babbo a Rossellini che gira per casa come amico di famiglia, da Carlo Verdone compagno di scuola prima e cognato poi, ai cinepanettoni che a modo loro la storia d'Italia recente l'hanno celebrata dicembre dopo dicembre. Fin qui, nel musical che rende omaggio al tempio del cinema in piena crisi del cinema. Parliamone.

"Cinecittà specchio d'Italia": lo dice entrando in scena e a giudicare dalla risposta del pubblico sembra aver ragione, signor De Sica. L'Italia si rispecchia e riempie il teatro.
«Cinecittà è un simbolo ovunque. Ma chi lo sa come si chiamano gli stabilimenti del cinema in Germania o in Spagna? Nessuno. Al mondo si conoscono solo Hollywood, Bollywood e Cinecittà. È stata imperiale, popolare, ha ospitato gli sfollati nel dopoguerra e adesso ci trovi "Amici" e "il Grande Fratello". Quindi se racconti Cinecittà racconti questo Paese».

Anche la sua decadenza. Non è un po' disabitata e maltrattata oggi?
«Ma no, sempre bella. Qualche buca, ma si aggiusterà. Certo se rifacessero il manto stradale che ogni volta che ci vado me se sgarupa tutta la macchina, sarebbe meglio. Ma chi ci lavora più ormai? Solo mio cognato Carlo che c'ha girato un film per ben ventidue settimane».

C'è la crisi e nel cinema morde forte.
«La prima causa di crisi del nostro cinema sono gli americani. Ci hanno costretto a doppiare i loro film, ma non hanno mai doppiato i nostri. Per cui i nostri film possono arrivare al massimo in qualche sala al centro di New York o Los Angeles, ma a Memphis non ci arriveremo mai. Mentre i loro film vanno pure a Ficulle. Eppure "Scary Movie" mica è meglio di "Vacanze di Natale". È la stessa cosa. Anzi...

Noi sappiamo far ridere più di loro, ma abbiamo produttori che non rischiano mai, non spendono, fanno i film con due pezzi di ferro e uno stuzzicadenti e poi vogliono sempre la stessa storia: c'era una volta un quarantenne in crisi, che poi a non cambiare mai nel frattempo è diventato sessantenne. Sempre in crisi. Ma se in Italia uno come me che sa ballare e cantare, fosse andato da un produttore a dire: "Voglio fare un musical, muto, in bianco e nero", gli avrebbero tirato una scarpa in faccia. E invece i francesi ci hanno vinto l'Oscar. E allora di chi è la colpa?»

Non lo so. Secondo lei?
«Beh, pure della critica, la cosiddetta "intellighentia". Rossellini diceva: "È nata una nuova tipologia di stronzo: il teorico di cinema". Gente che il cinema comico lo ha sempre bistrattato. Per mio padre è stato molto più difficile fare il maresciallo di "Pane e amore..." che "Ladri di biciclette". Ma per questo ha sempre pagato un prezzo. Rossellini, il puro, veniva chiamato "le cher maître", De Sica invece era macchiato dal peccato originale della comicità».

Lei poi, con tutti quei cinepanettoni.
«Hanno fatto guadagnare miliardi al cinema italiano e se oggi sono circondato dall'affetto del pubblico è grazie a quei film. Ma pensa davvero che se non ci fossero stati, io avrei potuto avere a disposizione teatri da tremila posti e riempirli? Pensa che Mondadori mi avrebbe lo stesso pubblicato un libro di ricordi? E che mettevo in piedi 'sto elefante de musical con quaranta persone? Se per strada i giovani mi tirano per la giacca "A zi' Cri se famo 'na foto?" lo devo ai film di Natale. E poi mi lasci dire: i cinepanettoni sono spesso i migliori interpreti del Paese. Il ritratto fedele della nostra borghesia anni Ottanta e Novanta.

Il film comico è la statua di Pasquino, ha la verità sotto il sedere. Hanno lasciato il segno più i film di Bombolo che quelli di Citto Maselli. Dei "Delfini" non ti ricordi niente ma "Vacanze di Natale" lo sanno a memoria. Come quando sono a letto con il maestro di sci. Entrano i miei genitori e mi' padre dice "Pure un figlio frocio!». E io: «Frocio papà? Moderno».

Ritratto sì, ma per qualcuno fin troppo compiacente con quella borghesia. L'hanno accusata di essere di destra.
«Ancora! Ma sa che un suo collega è riuscito a dire che io ero di destra perché negli spot Tim facevo il vigile Persichetti mentre Amendola negli spot della Tre è di sinistra? Ma come ragiona 'sto Paese? Il vigile è di regime? Il cinepanettone non è di destra. Io nella vita non sono un uomo volgare, maschilista, prepotente, cinico e analfabeta. Ho interpretato questo genere umano perché fa ridere. I santi non fanno ridere. Non ridi con San Francesco, ridi col demonio. La commedia dell'arte nasce lì e noi siamo tutti "mami", non siamo scopanti».

"Mamo" il verginello va bene, ma scopanti in che senso?
«Ci sono attori scopanti e non scopanti. La maggior parte dei comici sono ermafroditi. Se avessero una forte e vera sessualità non ti farebbero ridere, penseresti che si possono scopare tua moglie. Invece fanno ridere Boldi, mio cognato Carlo con i "Compagni di scuola" o "Io e mia sorella", Benigni... I comici sono cartoni animati, fanno sesso con i baffi, le facce buffe, gli occhi storti di Buzzanca nel "Merlo maschio". Ma chi ce crede davvero?»

E il ciclone Checco Zalone? Cinquanta milioni con un film hanno cambiato qualcosa?
«Non è cambiato niente. Non è scopante neanche lui, siamo sempre alla commedia dell'arte. Certo è fantastico, fa le gag, il vero film comico, non la commediuccia manco fossimo in Inghilterra. Qui la commedia sofisticata non si può fare, non abbiamo neanche la lingua. In Italia ci sono i dialetti e l'italiano non fa ridere. Zalone lo sa, è il numero uno, storpia le parole come Abatantuono vent'anni dopo. Se mi chiamasse a fare suo padre in un film, correrei di corsa. È così politicamente scorretto, parla persino bene di Berlusconi, certo che fa ridere...».

Manca già Berlusconi al cinema comico?
«No. Manca a voi giornalisti e a quelli che non mi hanno mai fatto ridere»

Chi sono?
«Uomini di satira come Crozza o Albanese. Bravi, ma non mi fanno ridere. Per sentire la risata del pubblico bisogna essere scorretti davvero e non averne paura. I giovani da Francesco Mandelli a Paolo Ruffini sono bravissimi ma hanno troppa paura di essere scorretti. Non vogliono far sganasciare il pubblico, vogliono vincere il David di Donatello».

C'è un comico che non ha ancora citato: Beppe Grillo
«L'ho votato. Non per convinzione politica, ma non avevo mai votato in vita mia perché avevo la cittadinanza francese. Era la mia prima volta e ho votato lui. Ma non mi ha mai fatto ridere».

Perché l'ha votato allora? Perchè è un collega?
«Gli altri mi facevano tutti paura».

Lei è tra quelli convinti che la politica abbia rovinato questo Paese.
«Più che la politica l'ha rovinato la televisione, i talk show, le veline, gli strilli, le liti, il danno che hanno fatto trasmissioni come "Non è la Rai", quelli che hanno illuso ragazzini e ragazzine che si può diventare famosi senza far fatica, senza vedere un film, senza leggere un libro. Hanno strappato generazioni dai cineclub e dalle osterie per consegnarli all'happy hour. Ma ai tempi miei chi l'ha mai preso un aperitivo! Questi invece so tutti 'mbriachi, strade piene di birre. Sono smarriti, pensa che vuoto e che paura hanno».

Ma lo sa che lei è pieno di nostalgia? Nello spettacolo, nella sua autobiografia, nelle sue parole.C'è un rimpianto per l'età dell'oro del cinema
«Forse. Ingrid Bergman una volta mi ha detto che per restare giovani non bisogna avere passato. Ma lei era svedese, che ne sanno gli svedesi del passato. Loro non conoscono manco i nonni, noi invece...»
Grazie al passato abbiamo vinto un Oscar. È contento? Le è piaciuto "La grande bellezza"?
«Contento? Felice. È un schiaffo di vitalità per tutto il nostro cinema. E poi pieno di immagini: le strisce di cocaina e le strisce degli aerei nel cielo, un vero visionario Sorrentino. Che film! Certo ci avrei messo meno suore, meno giraffe e più Sabrina, che è fantastica. Riesce a non fare la mignotta, ma una disgraziata che sbaglia pure il vestito per la festa del generone».

Al cinema a Natale allora?
«Non lo so. Il contratto con De Laurentiis è scaduto, ma chissà. Comunque con me o senza di me confermo: il teatro è una cosa bellissima ma il posto del sogno è altrove. Ve vojo tutti ar cinema a Natale».

 

 

VAURO CHRISTIAN DE SICA IN COLPI DI FULMINECHRISTIAN DE SICA.Christian De SicaDIEGO DELLA VALLE CHRISTIAN DE SICA wa24 christian desica mo silvia verdoneSotto una buona stella Carlo Verdone la grande bellezza sulla croisette - servillo-ferilli-sorrentino-verdoneBEPPE GRILLO E MASSIMO BOLDI A PORTOFINO LORENA BIANCHETTI CHECCO ZALONE E PIETRO VALSECCHI A SORRENTO FOTO REPUBBLICA NAPOLI CROZZA A SANREMO ANTONIO ALBANESE Francesco Mandelli fuga di cervelli paolo ruffini con frank matano e luca peracino

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