HOLLANDE SI CONSEGNA ALLO “SCERIFFO” VALLS - LA SINISTRA FRANCESE PROVA LA STRATEGIA-RENZI: RECUPERARE CONSENSI CON UN PREMIER CHE FA COSE DI DESTRA - MENO TASSE, PIÙ SICUREZZA, ECONOMIA LIBERALE

Paola Peduzzi per "Il Foglio"

L'equazione, per François Hollande, era "di una complessità abissale", come diceva al Monde una fonte anonima dell'Eliseo. Come uscire dalla "déroute historique", 151 città perse alle municipali, città grandi come Tolosa, Reims o Amiens che vanno alla destra, il crollo di bastioni come Limoges? La risposta in realtà è stata piuttosto semplice: se l'Eliseo vuole dare un segnale di cambiamento, l'unico uomo che ha a disposizione è Manuel Valls, odiato dall'apparato socialista politicamente corretto (ma amato dalla base, grazie a patriottismo e modi duri) quanto basta per fare, ora che è stato scelto finalmente come premier, tutto quel che Hollande non è riuscito a imporre, imbrigliato com'era nella guerra per bande del Ps.

A cominciare dall'abbassamento delle tasse, annunciato già ieri come prima dimostrazione della svolta. Il premier dimissionario, Jean-Marc Ayrault, è rimasto ieri due ore all'Eliseo, a pranzo, per cercare di convincere il presidente di non fare il rimpasto (Ayrault soprattutto giocava sul fatto che Hollande non ama prendere decisioni in emergenza). Ma Ayrault era solo in questa battaglia, persino l'alleato Pierre Moscovici, ministro dell'Economia, era distante: aveva i suoi cocci da mettere assieme visto che il suo feudo, Valentigney, da ieri non è più socialista.

Ed ecco che si è imposto il ministro dell'Interno Manuel Valls, che ha uno spiccato senso per i colpi di teatro e che ieri mattina era scomparso, "non lo si trova più da nessuna parte", scriveva Libération. Valls ha la fama di liberale e di duro, Nicolas Sarkozy voleva farlo entrare nel governo dell'"ouverture" nel 2007, ma guardingo Valls gli disse di no, pure se era fatto apposta per il sarkozismo dell'esordio (con i cento cantieri aperti) e pure se l'etichetta di "Sarkozy di sinistra" non se l'è mai levata.

Valls rappresenta la corrente di chi vuole le riforme e una svolta liberale fatta di ricette per la crescita e non per il contenimento: è uno che guarda al nord, all'efficienza delle sinistre scandinave, al mix di carisma e novità che ha fatto grande il blairismo. E' lui che ha colorato di liberalismo la campagna di Hollande del 2012, come capo della comunicazione.

In quel ruolo Valls parlava dell'abolizione delle 35 ore e dell'introduzione di sgravi fiscali per le imprese, perché pensava che oltre a mettere a Hollande le parole in bocca sarebbe riuscito a cambiarlo. Il presidente non è cambiato, e i dati economici pubblicati ieri in Francia, nel giorno più difficile di questi due anni di socialismo al potere, lo dicono chiaro: il deficit è al 4,3 per cento del pil nel 2013, non tornerà, come promesso, entro il 3 per cento l'anno prossimo; il debito pubblico è al 93,5 per cento del pil, 1.926 miliardi di euro.

Uno scossone ci voleva, e non c'è nessuno meglio di Valls, il "primo poliziotto" di Francia, duro sull'immigrazione, duro contro l'antisemitismo e il razzismo (anche se nella gestione del caso Dieudonné s'è dimenticato di essere anche un liberale), alle prese con il Ps da almeno vent'anni, chiamato dai giornalisti "Kommandantur" perché non lascia nulla al caso, conoscitore ed estimatore di Georges Clemenceau, la "tigre" devota alla stabilità e alla sicurezza che si oppose al lume dei socialisti dell'uguaglianza e della tolleranza Jean Jaurès nella gestione, all'inizio del Novecento, della guerra sociale degli scioperi dei minatori nei bacini minerari del nord della Francia.

Ha avuto anche dei momenti reazionari, Valls, quando si schierò per il no al referendum sul Trattato europeo, nel 2005, per esempio, salvo poi rimettersi alla linea del sì quando si decise - sbagliando - che era quella predominante e vincente. Ma il suo obiettivo non è fare la rivoluzione, è fare le riforme, "riconciliare la sinistra con il pensiero liberale", che è anche la missione - spesso fallita - delle sinistre europee.

La tanto attesa svolta liberale di Hollande, che sembra sempre lì per arrivare ma poi basta un capriccio sindacale per cacciarla indietro (ancora ieri una corrente radicale del Ps ha chiesto l'annullamento del "patto di responsabilità", nucleo del cambio di passo dell'Eliseo), è quella che lo stesso Valls vuole mentre agli amici ricorda il 1983, quando François Mitterrand decise di dare spazio ai liberali e al liberalismo. La batosta alle municipali ha fatto decidere, infine, anche Hollande.

(Note personali: dal 2010 Valls è sposato con Anne Gravoin, violinista dalla lingua lunga che Valls aveva frequentato negli anni 80, poi non si erano più visti, lui s'è sposato, ha avuto quattro figli, dopo vent'anni ha divorziato, lei lo ha chiamato, lui è andato a vederla a un concerto ed è stato "colpo di fulmine". Anne è amica dell'ex first lady Valérie, un po' goffa come lei ha detto una volta di essere ben più glamour della moglie di Ayrault che fa la professoressa di campagna. Una volta s'è lasciata scappare in un'intervista, poi smentita, che il suo sogno più grande è "un nido d'amore all'Eliseo" con Valls. Che è la versione a due di Sarkozy che pensava a diventare presidente anche mentre si faceva la barba).

 

 

MANUEL VALLSmanuel valls manuel valls francois hollande manuel valls e anne gravoin su paris match manuel valls e anne gravoin manuel valls e anne gravoin jpeg

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