IL “TRITTICO DI BACON”, L’OPERA PIÙ COSTOSA AL MONDO (142 MLN) E’ STATA VENDUTA DA UN COLLEZIONISTA ITALIANO (FRANCESCO DE SIMONE, PRESIDENTE DELL’ACQUA ULIVETO?) - PERCHÉ VOLA IL MERCATO DELL’ARTE

1 - È IL TRITTICO DI BACON IL QUADRO PIÙ CARO DI SEMPRE
Maurizio Molinari per "La Stampa"

L'opera più cara di sempre, l'asta più ricca e anche l'oggetto di maggiore valore di un artista ancora in vita: l'asta di Christie's nella sala del Rockfeller Center macina record trasformandosi nello specchio di un mercato di arte post-guerra e contemporanea che chiede di avere di più. L'opera più cara è «Three Studies of Lucian Freud», il trittico di Francis Bacon risalente al 1969, che viene assegnato a 142,4 milioni di dollari polverizzando il precedente primato dei 119,9 milioni versati dal finanziere Leon Black nel maggio 2012 per «L'Urlo» di Edvard Munch.

Il trittico di Bacon nel 1970 venne venduto separatamente a tre collezionisti. A voler riunire l'opera, com'era desiderio dell'autore, è stato negli anni Ottanta uno dei tre proprietari, Francesco De Simone Niquesa, avvocato romano. Christie's non conferma l'identità di De Simone, ma dichiara che un collezionista italiano ha impiegato 15 anni per convincere gli altri due a vendergli i propri dipinti.

L'assegnazione del trittico avviene al termine di 10 minuti di sfida a colpi di milioni fra quattro contendenti. Il mercante d'arte Larry Gagosian, numero 1 sull'arte contemporanea, si ferma a 110 milioni. Il collezionista coreano Hong Gyu Shin non va oltre i 100 milioni, confessando stupore per non essere riuscito a centrare l'obiettivo.

Gli altri clienti sono anonimi: le offerte arrivano al telefono da Cina e Stati Uniti. A spuntarla è chi telefona dall'America, e la cui identità resta top secret, rappresentato dal mercante d'arte Bill Acquavella che in passato rappresentava in esclusiva proprio Lucian Freud. Offre 127 milioni di dollari che diventano 142,2 sommata la commissione.

A versare la cifra, secondo il tam tam di Manhattan, potrebbe essere stato Steve Wyn, re dei casinò di Las Vegas. Il silenzio al cardiopalma con cui la sala ha seguito la sfida sfocia in un lungo applauso, che sottolinea il record ed anche l'inarrestabile crescita del mercato. Fra chi applaude ci sono alcuni dei protagonisti di queste competizioni: Michael Ovitz, cacciatore di talenti a Los Angeles, Aby Rosen, gigante dell'immobiliare, Martin Margulies di Miami, il finanziere Donald Marron e Daniel Loeb, manager di hedge fund.

A spiegare quanto è avvenuto è Valentina Castellani, direttore della Gagosian Gallery a New York: «I grandi trittici di Bacon sono rarissimi, ne esistono solo una trentina di cui la metà sono in musei, il mercato ne aspettava uno da anni e questo era attraente non solo per qualità pittorica e soggetto - Freud era amico e rivale di Bacon - ma perché non aveva la durezza di altri suoi quadri». E le emozioni non finiscono qui.

Le opere presentate sono 69 e solo 6 restano invendute. Alla fine il totale raggiunge 691,5 milioni di dollari stracciando il record precedente di 495 milioni, sempre di Christie's in maggio, e superando le migliori previsioni di 670,4 milioni.

Il balzo è merito anche del terzo record della serata stellare: il «Baloon Dog» arancione di Jeff Koons, venduto ad un altro cliente misterioso al telefono per 58,4 milioni di dollari. Si tratta del valore più alto assegnato all'opera di un artista ancora in vita. A venderlo è Peter Brant, il magnate dei media che sta creando una sua fondazione a Greenwich, in Connecticut, e il valore da capogiro si deve al fatto che è l'unico esemplare dei 5 identici realizzati da Koons con colori differenti.

Ad avere quello giallo è il miliardario Steven Cohen, il blu è del finanziere Eli Broad, il magenta è del magnate francese Francois Pinault e il rosso dell'industriale greco Dakis Joannous. Fra gli altri protagonisti dell'asta c'è «Coca Cola (3)» di Andy Warhol, uno dei quattro realizzati dal 1961 al 1962, che viene assegnato per 57,2 milioni di dollari. Anche sul fronte di Warhol tira aria di record ma questa volta grazie a Sotheby's che nella notte ha messo all'asta il «Silver Car Crash» puntando a registrare la quotazione più alta di sempre per questo artista-simbolo del Novecento.

2 - PERCHÉ VOLA IL MERCATO DELL'ARTE
Francesco Bonami per "La Stampa"

Il mercato dell'arte, e in particolar modo le aste di arte moderna è contemporanea, sembrano un Gran Premio di F1. Ogni giro c'è chi dice «al prossimo la macchina si rompe». Invece ogni giro che passa la macchina va sempre più forte.

Mercoledì sera a New York nella prima delle vendite della settimana calda delle aste autunnali a New York , Christie's ha battuto opere d'arte per 691,5 milioni di dollari polverizzando il record, sempre di Christie's, di 495 milioni di dollari venduti solo la primavera scorsa. Per contribuire a questo tanto incredibile quanto assurdo e surreale successo, in un mondo non certo sanissimo da un punto di vista economico, hanno fatto offerte collezionisti arrivati da ogni continente, dall'Asia all'America all'Europa, al Brasile e sicuramente dal mondo arabo.

Il botto lo ha fatto un trittico di Francis Bacon del 1969 comprato per 142,4 milioni di dollari da un anonimo collezionista e venduto da un altrettanto anonimo collezionista del quale si conosce solo la nazionalità, italiana. Il signore lo aveva a casa propria da quasi trent'anni, ma visto il risultato è difficile che si sia pentito di averlo fatto uscire. Anche il prezzo del Bacon è stato un record che ha frantumato quello, del maggio del 2012, di 119,9 milioni pagati per una versione del ben più famoso «Urlo» di Munch da Sotheby's.

Se Bacon è stato la star indiscussa della serata per il quale si sono azzuffati almeno sette potenziali compratori, non sono mancate altre incredibili e quasi scandalose sorprese, come il record per un artista vivente di 58 milioni di dollari pagati per il «Baloon Dog arancione» di Koons o i 26,4 milioni pagati per un'opera del 1988 di Christopher Wool intitolato «Apocalypse Now» e che consiste in una scritta nera su fondo bianco che dice «Sell the House Sell the Car Sell the Kids», «Vendi la casa vendi la macchina vendi i bambini».

Speriamo che non siano stati venduti bambini per una follia del genere, ma sicuramente almeno un pezzo di anima il compratore deve averla impegnata per avere il coraggio di pagare una cifra che possiamo definire, senza paura di sbagliare, «idiota» per un'opera sì importante, ma non certo unica o favolosa di un'artista a metà della sua carriera con molta strada davanti da fare.

Detto tutto questo la vera domanda è: c'è un criterio in questa follia? Proviamo a rispondere senza cadere in oziosi moralismi. Sì, un criterio c'è, anche se fuori controllo. Il criterio è la riconoscibilità e la qualità delle opere. Gli artisti che nel corso della loro carriera riescono a creare opere «logo», inconfondibili, sono quelli che più probabilmente raggiungeranno prezzi molto alti.

I tre esempi che abbiamo fatto prima: Bacon, Koons e Wool rientrano in questo criterio. E anche Basquiat, che ha fatto pure prezzi da capogiro. Di questi artisti però sono solo le opere iconiche che possono raggiungere prezzi astronomici. Altre opere più mediocri hanno invece un destino ben diverso. Ad esempio due lavori, mediocri, di Koons nella stessa asta non hanno trovato nessun acquirente. Questo per dire che non necessariamente chi ha un Koons in casa o un Bacon o un Wool ha virtualmente decine di milioni in banca, dovesse decidere di venderli. Il che conferma che sono le opere a fare il mercato e non i nomi degli artisti.

Emblematico il caso del nostro Cattelan. Delle due opere in asta, «Il bambino sul triciclo» e «I due poliziotti a testa in giù», una non è stata venduta e l'altra è stata venduta per un prezzo decisamente inferiore alla stima minima. Perché? Cattelan che era una delle punte di diamante del mercato fino a pochi mesi fa non lo è più? Assolutamente no.

Se in asta ci fossero state opere iconiche come una delle sculture autoritratto, cifra inconfondibile dell'artista italiano, credo avrebbe raggiunto un prezzo molto alto. Questo perché Cattelan, come la fotografa americana Cindy Sherman, un'altra artista le cui opere sono andate a prezzi stellari, è l'icona di se stesso. Il valore aggiunto del suo lavoro è la sua maschera, il suo volto.

Quando questo viene a mancare anche l'interesse per le sue opere s'indebolisce. L'arte, quella più famosa e ora quella più cara, da che mondo è mondo, è quella che si riconosce al primo colpo d'occhio senza dover andare a leggere l'etichetta. Anche perché oggi è purtroppo diventato quasi più interessante andare a leggere il cartellino con il prezzo, possibilmente quello pagato e non quello immaginato.

 

 

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