LAURA BETTI CON LA PIVETTI NEL SACCO - “TERRAZZA ROMANA” ALLA PRESENTAZIONE DEL PREMIO BETTI PER I “CARATTERISTI” DI TALENTO, ALLA MEMORIA DELLA MUSA DI PASOLINI: DA ETTORE SCOLA (PRESIDENTE DEL PREMIO) A RENATO NICOLINI, PASSANDO PER GABRIELLA PESCUCCI - PESCE FUOR D’ACQUA, IRENE PIVETTI, SPONSOR DEL PREMIO CON LA SUA ASSOCIAZIONE (INSIEME CON IL MIBAC), CHE SI FA ATTENDERE DUE ORE E SALE SUL PALCO QUANDO LA SALA È ORMAI MEZZA VUOTA NELL’IMBARAZZO GENERALE…

Pasquale Chessa per "Il Fatto Quotidiano"

«Che bella festa! Mi sento morire»: la battuta girava fra i tavoli, rompendo il brusio sommesso che riempiva il cortile delle conferenze alla Fandango Incontri in via dei Prefetti a Roma.

Ore 12 del 29 febbraio, anno bisesto: per il lancio del premio intitolato a Laura Betti, il parterre è da «terrazza» romana. Categoria cinema di sinistra. E infatti c'è Ettore Scola che si intrattiene con Renato Nicolini intento a "dedicare" la riedizione dell'Estate romana. 1976-1985: un effimero lungo nove anni.

Poco più indietro, con aria compita si intrattengono vicendevolmente due frequentatori dell'Academy Award, Gabriella Pescucci (un Oscar) e il suo antico maestro Piero Tosi (5 nomination). Più defilato, addossato agli scaffali dei libri per bambini, il tavolo della saggista e poeta francese di Roma, Jacqueline Risset che chiacchiera fitto fitto con l'antropologa Carla Pasquinelli, categoria amici di Laura, a cui tutti devono quella convocazione d'ufficio. Ora fa la pentita! Non manca la rappresentanza storica del femminismo romano, Letizia Paolozzi con Mara Chiaretti e Gabriella Marramao... E anche l'artista Elisa Montessori e la regista Giovanna Gagliardo...

Tutto a un tratto però, come dopo uno sparo nel mezzo di un concerto, il brusio si interrompe e si sente una voce: «Che ci faccio qui?»... Qualcuno ha scoperto che al tavolo della presidenza è previsto l'arrivo della Pivetti, non l'attrice Veronica, ma Irene, anche lei una "caratterista", ora modesta star televisiva, ballerina da talent show e opinionista di Domenica in. Un tempo prediletta di Umberto Bossi, auctoritas senza dignitas, ascese al massimo seggio della Camera.

Il brusio cresce: i più benevolenti pensano che quel nome sia stato dimenticato lì sul tavolo, avanzo di un altro dibattito del giorno prima. E invece hanno ragione i più malfidati. È proprio per aspettare la Pivetti, in ritardo già di un'ora, che la festa non comincia. E tutti a chiedersi: ma che ci fa qui la Pivetti?

Una cartella stampa viene in soccorso: la sua fondazione Learn to Be Free è il principale promotore del Progetto Laura Betti, il cui comitato è presieduto dall'ultimo medico personale dell'attrice, Luca Marmiroli.

Jacqueline Risset cerca di guadagnare l'uscita senza successo, trattenuta dal marito lo scrittore Umberto Todini. Renato Nicolini continua a firmare le dediche al suo libro, fiero della vignetta di Vincino che lo ritrae imbronciato sotto il distico «Una vita dissipata?/ Un domani confuso?». Gabriella Pascucci fa la vaga. Ettore Scola sopporta stoico. Del Premio Betti lui sarà il presidente. Un gran bel nome, niente da dire. Se non fosse che i nomi della giuria sembrano scelti a caso, fra giornalisti e attori, perloppiù passanti sulla scena della vita di Laura Betti tanto affollata di protagonisti assoluti della storia culturale italiana. Perciò lei si definiva «deuter agonista», per poter stare vicino a Pasolini e Moravia, a Donald Sutherland e Orson Welles, a Bernardo Bertolucci e Jean Marie Straub. Si è vero nella giuria ci sono anche Gianni Borgna e Giacomo Marramao, ma chissà se lo sanno! E poi, vuoi mettere!

E allora giusto per risollevare l'umore depresso la si butta sull'attualità culturale prendendosela con l'uscita imminente del libro di Emanuele Trevi, (Qualcosa di scritto, Ponte alle Grazie) una specie di romanzo dal vero in forma di diario quasi inventato, dedicato alla figura di Laura Betti nella sua ultima interpretazione di apostolo della memoria di Pier Paolo Pasolini.

Trevi, da giovane letterato impiegato addetto alla cura del Fondo Pasolini, ricorda la ferocia smodata dell'attrice, le candide perfidie e le malmostose intemerate, racconta le sue collere funeste, le dispettosità sataniche, come quando fece la pipì sulla moquette di un albergo dove si era sentita poco considerata... E soprattutto cattura e tramanda per sempre la passione delirante per la memoria del poeta, che amò più di se stessa, insinua, affatto ricambiata. I più intimi ne sono preoccupati. Un sacrilegio della memoria? Per gli altri è il mito Betti che trova una nuova incarnazione, protagonista di un romanzo che correrà per lo Strega e forse potrebbe vincerlo.

L'attesa però nel frattempo si è fatta insopportabile. Compulsando la cartella stampa o piuttosto ascoltando improbabili relatori che tentano di intrattenere il colto e inclito pubblico manco si attendesse una lectio magistralis, i più sono presi dallo sgomento. Si ancora che il Premio Betti sarà un premio al ruolo di «caratterista», per darsi un tono i promotori dicono e scrivono «supporter role», senza accorgersi di fare così di Laura Betti un epigono di Tina Pica.

Viene in mente di chiedere l'intervento dei Beni culturali: così come si difende il paesaggio si dovrebbe imporre una etica della memoria per evitare indebite appropriazioni culturali. Ma non se ne farà niente, perché il Mibac è fra gli sponsor. Insieme alla Fondazione della Pivetti, Learn To Be Free. Un nome impegnativo. Già: ma chi paga!?

Fortuna che la proiezione annunciata del documentari Pier Paolo Pasolini e la ragione di un sogno, opera ultima dell'attrice, viene finalmente rinviata sine die dopo i maldestri tentativi di far funzionare un riottoso proiettore. Un segno, si azzarda, levando gli occhi al cielo. È proprio a quel punto, con due ore di ritardo, arriva il «presidente emerito della Camera». Ma quando comincia a parlare tutti gli amici di Laura pian piano sono andati via con Jacqueline Risset in testa. Cosa abbia detto la presidente Pivetti non è dato di sapere. Fra chi è rimasto, non si è trovato nessuno in grado di farne un riassunto compiuto.

 

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