1- NOI CHE ABBIAMO PERSO GENOVA (E LA FACCIA): PD, UN PARTITO CHE NON E’ MAI ARRIVATO 2- L’INCAPACITA' DEGLI EREDI DEL VECCHIO PCI A SCEGLIERE CON CHIAREZZA IL PROPRIO DESTINO POLITICO: MA QUALI PRIMARIE, SE UN PARTITO FUNZIONA NEL MODO GIUSTO, SELEZIONA DA SOLO I LEADER SULLA BASE DELLA PROPRIA STORIA, LONTANA E RECENTE 3- EPPURE TUTTO VOLGEVA A FAVORE DELLA SINISTRA DI CULATELLO. BERLUSCONI SI ERA LASCIATO ALLE SPALLE UN CENTRODESTRA ACCASCIATO E DILANIATO DAI CLAN. IL GOVERNO TECNICO DI MARIO MONTI AVEVA PRESO SU DI SÉ IL LAVORO TERRIBILE PER IMPEDIRE CHE L’ITALIA FINISSE COME LA GRECIA. DUNQUE LE CIRCOSTANZE NON POTEVANO ESSERE MIGLIORI PER LA PARROCCHIA DI BERSANI. INVECE È ACCADUTO L’IMPENSABILE. OSSIA È EMERSA LA VOCAZIONE DELLA SINISTRA A FARSI MALE DA SOLA

1 - COSÌ
Jena per "la Stampa"
- Ieri Bersani aveva quella faccia un po' così, quell'espressione un po' così che abbiamo noi che abbiamo visto Genova...

2 - L'ABILITÀ SINISTRA DI FARSI DEL MALE
Giampaolo Pansa per "Libero"

Non c'è pace sotto la Quercia. La sconfitta di Genova, dove a vincere le primarie per il sindaco è stato il candidato di Nichi Vendola, poteva essere prevista. Esistevano tutte le condizioni perché il fattaccio accadesse. Ma la più importante non era la guerra interna fra due signore concorrenti, entrambe del Pd: il sindaco uscente Marta Vincenzi e la senatrice Roberta Pinotti, destinate ad annullarsi a vicenda.

Il motivo vero è un altro: l'incapacità degli eredi del vecchio Pci a scegliere con chiarezza il proprio destino politico. Genova è sempre stata una città rossa. Durante la guerra civile, il partito egemone era quello guidato, al nord, da Luigi Longo e da Pietro Secchia. Poteva contare su un gruppo dirigente molto agguerrito che veniva dalle carceri fasciste, dal confino e dalla guerra di Spagna. Erano estremisti duri, capaci di sopravvivere anche ai loro errori più gravi.

Nell'aprile 1944 furono i primi responsabili del disastro della Benedicta. Centocinquanta ragazzi fucilati dai tedeschi e dai fascisti. Non erano ancora partigiani, ma soltanto renitenti alla leva disarmati. Il Pci li aveva spediti sull'Appennino alle spalle di Genova per una ragione mai dichiarata: dimostrare agli altri partiti antifascisti di essere l'unico in grado di allestire una formazione ribelle forte e imbattibile.

Con lo sviluppo della guerra partigiana, la supremazia comunista diventò sempre più asfissiante. A guidare il comando della Sesta zona ligure, quella genovese, venne mandato un guerrigliero internazionale del Comintern staliniano: Antonio Ukmar, un triestino reduce da molte avventure. Era persino stato in Etiopia per aiutare la nascita di bande ribelli contro l'occupante italiano.

Tuttavia, esisteva un problema. Il comandante partigiano più famoso nella Sesta zona era un giovane cattolico: Aldo Gastaldi, conosciuto come Bisagno. Un perito industriale ventenne, un Gesù Cristo con il mitra, generoso, altruista, capace di grandi sacrifici. Bisagno non accettava il controllo comunista sulle bande, attuato con la rete dei commissari politici e, soprattutto, del Servizio informazioni e polizia, il Sip, composto di militanti rossi, fedelissimi al partito.

Il Pci tentò di allontanarlo dalla zona, inviandolo in un'altra area della Liguria. Poi fu costretto a desistere per il grande prestigio che Bisagno aveva. E soprattutto per la reazione dei suoi uomini che a Fascia, un piccolo paese sull'Appennino, si presentarono armati alla riunione del Cln regionale che doveva destituirlo.

La questione venne risolta poche settimane dopo la fine della guerra. Bisagno, sceso a Genova, cercò di impedire le mattanze dei fascisti, uccisi ogni notte senza processo. E chiese che la polizia partigiana fosse sostituita da quella militare americana. Non ci riuscì, anche perché il 21 maggio 1945 morì, in uno strano incidente stradale che suscitò sempre molti sospetti. Aveva 24 anni.

Nel frattempo, il Pci consolidava il potere sulla città. Dimostrò tutta la propria forza alla fine del giugno 1960, quando impedì che il Movimento sociale potesse tenere il congresso proprio a Genova. La battaglia di strada fu al calor bianco. La vittoria venne ottenuta grazie ai ganci dei portuali. E segnò la fine del governo Tambroni. Da studente amavo la Superba. Ero uno dei provinciali cantati dall'astigiano Paolo Conte: «Noi che abbiamo visto Genova». Mentre preparavo la mia tesi di laurea, trascorsi molte settimane a consultare l'archivio dell'Istituto storico della Resistenza.

Fu allora che cominciai a rendermi conto di una verità: il Pci era così forte da non consentire nessuna deviazione dal suo vangelo storiografico. Neppure il più timido revisionismo era ammesso. Nel maggio 1959, quando provai a esporre le mie timide tesi in un convegno sulla storiografia della Resistenza tenuto a Genova, mi presi qualche botta in testa. Un vecchio sindaco della città, il socialista Vannuccio Faralli, un signore che portava ancora la cravatta a fiocco, si alzò indignato esclamando: «Adesso ai convegni sulla Resistenza facciamo parlare i giovani fascisti?».

Per fortuna, a difendermi fu quel galantuomo di Ferruccio Parri. Nei decenni successivi, per la crisi dell'industria pubblica, Genova decadde. A resistere era il mito della città rossa, guidata da sindaci sempre di sinistra. Ma nel 1989, quando il muro di Berlino crollò e Achille Occhetto cambiò il nome al Pci, un parte degli iscritti traslocò a Rifondazione comunista. Uno di loro era il «Marchese rosso», Giorgio Doria. La stessa strada prese il figlio Marco, il vincitore delle primarie di domenica.

Confesso di non aver mai avuto una gran fiducia nelle primarie. Soprattutto quando sono su scala ridotta, come è accaduto a Genova a causa dell'assenteismo e del freddo polare. Se un partito funziona nel modo giusto, seleziona da solo i leader sulla base della propria storia, lontana e recente.

Tuttavia sono già tre gli incidenti capitati a Pier Luigi Bersani. E tutti dovuti al successo di candidati della sinistra radicale. A Milano le primarie le aveva vinte Giuliano Pisapia, poi eletto sindaco. Lo stesso è accaduto a Cagliari, con il giovane sindaco Massimo Zedda. Adesso è il turno di Genova. Senza dimenticare che Nichi Vendola aveva battuto per due volte il candidato del Pd alla presidenza della Puglia, nel 2005 e nel 2010.

Un bel fastidio per Bersani. Gli ha portato iella la famosa foto di Vasto, con la stretta di mano fra lui, l'astuto Vendola e il furioso Di Pietro. Gli scrittori di libri gialli sostengono che tre indizi fanno una prova. Ma la fisiologia dei partiti è una faccenda diversa. E se fossi un elettore di Bersani lo pregherei di indagare a fondo sul male oscuro che insidia il suo Pd.

In apparenza, la sinistra italiana non attraversava da tempo una congiuntura tanto favorevole. Silvio Berlusconi si era lasciato alle spalle un centrodestra accasciato e dilaniato dai clan. Per di più, il governo tecnico di Mario Monti aveva preso su di sé il lavoro terribile per impedire che l'Italia finisse come la Grecia. Dunque le circostanze non potevano essere migliori per la parrocchia di Bersani.

Invece è accaduto l'impensabile. Ossia è emersa la vocazione della sinistra a farsi male da sola. Ce lo dice un dettaglio stupefacente. Mentre a Genova il Pd perdeva un'altra battaglia, in quale gioco si dilettava una parte del suo gruppo dirigente nazionale?
Come riferisce la Repubblica di ieri, i capetti del Pd sprecavano il tempo a discutere il post scriptum dell'omelia domenicale di Eugenio Scalfari. Il mitico Barbapapà si diceva contrario a trasformare il Pd in un partito socialdemocratico, sul modello del Pse europeo.

Un'opinione come un'altra. Ma sono bastate quelle poche righe perché gli zitelli democratici cominciassero a strillare, pro o contro. Veltroni, Follini e Bianco da una parte, Fassina, Orfini e Andrea Orlando dall'altra. Nel frattempo da Genova arrivava il cupo rintocco delle primarie. Un tempo si sarebbe detto al vertice del Pd: preoccupatevi piuttosto dell'uccello padulo, che vola all'altezza di quella parte del corpo che non è elegante nominare.

 

vendola bersani di pietro strappo x ROBERTA PINOTTI MARTA VINCENZIsecchia pietroMARCO DORIA INSIEME A DON ANDREA GALLOGIULIANO PISAPIA berlusconi-bersaniMARIO MONTIEUGENIO SCALFARIe Vendola Bersani ber-shiningSEL

Ultimi Dagoreport

vladimir putin roberto vannacci matteo salvini

DAGOREPORT: ALLARME VANNACCI! SE L’AMBIZIONE DETERMINATISSIMA PORTASSE IL GENERALISSIMO A FAR SUO IL MALCONCIO CARROCCIO, PER SALVINI SAREBBE LA FINE - E IL "VANNACCISMO ALLA VODKA", CIOE' FILO-RUSSO, ALLARMA NON POCO ANCHE GIORGIA MELONI – CON LA CONQUISTA DI CIRCA UN TERZO DEL CONSENSO ALLE EUROPEE, VANNACCI POTREBBE FAR DIVENTARE LA "PREVALENZA DEL CREMLINO" GIA PRESENTE NELLA LEGA DI “SALVINOVSKIJ” DEFINITIVAMENTE DOMINANTE - L’EX PARÀ SI BAGNA PARLANDO DI PUTIN: “NEGLI ULTIMI VENT’ANNI, HA FATTO RIFIORIRE LA RUSSIA’’ - SE RIUSCISSE A ESPUGNARE LA LEGA, IL GENERALISSIMO CHE FARÀ? MOLLERÀ LA "CAMALEONTE DELLA SGARBATELLA", CHE ABBRACCIA ZELENSKY E ELOGIA GLI UCRAINI PER LA LORO “RESISTENZA EROICA”, DECISO A SFIDARE I FRATELLINI SMIDOLLATI D’ITALIA CHE HANNO MESSO IN SOFFITTA IL BUSTO DEL DUCE E I SILURI DELLA DECIMA MAS? - I VOTI DELLA LEGA SONO IMPRESCINDIBILI PER VINCERE LE POLITICHE DEL 2027, DOVE L’ARMATA BRANCA-MELONI DUELLERA' CON UN INEDITO CENTROSINISTRA UNITO NELLA LOTTA...

2025mellone

CAFONAL! - DIMENTICATE I GRANDI MATTATORI, ANGELO MELLONE È CAPACE DI SPETALARE FIORELLO IN 15 SECONDI - ATTORE, CANTANTE, SCRITTORE, POETA, SHOWMAN MA SOPRATTUTTO GRAN CAPO DELL'INTRATTENIMENTO DAYTIME DELLA RAI, IL BEL TENEBROSO DI TELE-MELONI, IN ATTESA DI VOLARE A SAN VITO LO CAPO (TRAPANI), PRESIDENTE DI GIURIA DELL'IRRINUNCIABILE CAMPIONATO DEL MONDO DI COUS COUS, ANZICHÉ SBATTERSI COME UN MOULINEX PER METTER SU TRASMISSIONI DECENTI PER RICONQUISTARE LA SUPREMAZIA DELLA RAI SU MEDIASET, LO RITROVIAMO COL SUO OUTFIT DA CHANSONNIER MAUDIT, ESIBIRE IL SUO STRAZIANTE RECITAR CANTANDO AL “JAZZ&IMAGE LIVE COLOSSEO FESTIVAL 2025” AL PARCO DEL CELIO, ACCOLTO DA UN FOLTO PARTERRE DI INVITATI CON L’APPLAUSO INCORPORATO (MATANO, CERNO, DESARIO, RONCONE, STRABIOLI, GINO CASTALDO, DARIO SALVATORI E TANTE RAI-GIRLS CAPITANATE DALLE PANTERONE-MILF, ANNA FALCHI ED ELEONORA DANIELE) - DEL RESTO, DITEMI VOI COME SI FA A FREGARSENE DELL’INVITO DEL DIRIGENTE RESPONSABILE DI UNA PLETORA DI PROGRAMMI, RISPONDENDO AL TARANTOLATO TARANTINO: “GRAZIE, MA NEMMENO SOTTO ANESTESIA”? - VIDEO

gaza giorgia meloni donald trumpm benjamin netanyahu

QUANTO A LUNGO PUÒ ANDARE AVANTI IL TRASFORMISMO CHIAGNE E FOTTI DI GIORGIA MELONI DECLINATO IN SALSA ISRAELO-PALESTINESE? - L’ITALIA HA DATO IL SUO VOTO FAVOREVOLE AL RICONOSCIMENTO DI "DUE POPOLI, DUE STATI" ALL'ASSEMBLEA DELL'ONU DEL 22 SETTEMBRE - MA, FRA UNA SETTIMANA, SU INIZIATIVA DI FRANCIA E ARABIA SAUDITA, IL CONSIGLIO DELL'ONU E' CHIAMATO A VOTARE IL RICONOSCIMENTO DELLO STATO PALESTINESE: CHE FARA' LA "GIORGIA DEI DUE MONDI"? - FRANCIA, AUSTRALIA, BELGIO, CANADA, FINLANDIA, MALTA, PORTOGALLO E REGNO UNITO ENTRERANNO A FAR PARTE DEI 147 STATI DEI 193 MEMBRI DELL’ONU CHE RICONOSCONO LA PALESTINA - DIMENTICANDO PER UN MOMENTO LE STRAGI DI GAZA, LA PREMIER VOTERA' CONTRO O SI ASTERRA' PER COMPIACERE TRUMP E L’AMICO NETANYAHU? TROVERA' IL CORAGGIO DI UNIRSI AL RESTO DEL MONDO, VATICANO COMPRESO? AH, SAPERLO...

giorgia meloni vox ursula von der leyen santiago abascal

DAGOREPORT - SE I MEDIA DI CASA NOSTRA, DEL VIDEO-MESSAGGIO DI GIORGIA MELONI ALL'EVENTO MADRILENO DI VOX, HANNO RIPRESO SOLO LA PARTE DEL DISCORSO RIGUARDANTE L’ASSASSINIO DI CHARLIE KIRK, SFACCIATAMENTE STRUMENTALIZZATO COME MARTIRE DELL’ODIO E DELLA VIOLENZA DELLA SINISTRA, I CAPOCCIONI DI BRUXELLES HANNO SBARRATO GLI OCCHI PER UN ALTRO MOTIVO - CHE CI FACEVA LA MELONI, EX PRESIDENTE DEL GRUPPO DEI CONSERVATORI EUROPEI ALL’EVENTO “EUROPA VIVA 2025” DI VOX, IL PARTITO DI ESTREMA DESTRA SPAGNOLO CHE DAL 2023 È STATO ARRUOLATO DA “PATRIOTI PER L’EUROPA”, L’EUROGRUPPO ANTI-UE CREATO DAL DUCETTO UNGHERESE E FILO-PUTINIANO, VIKTOR ORBAN, DI CUI FA PARTE ANCHE LA LEGA DI SALVINI? - ALLA FACCIA DEL CAMALEONTISMO DELLA “GIORGIA DEI DUE MONDI”, BASCULANTE TRA UN VIAGGETTO E UN ABBRACCIO CON I DEMOCRISTIANI TEDESCHI URSULA VON DER LEYEN E FEDRICH MERZ, A CATALIZZARE L’IRRITAZIONE DEI VERTICI DELL’UNIONE È STATO IL TEMA DELL'EVENTO DI VOX CHE, TRA DIBATTITI SU IMMIGRAZIONE ILLEGALE, LAVORO, CASA E SICUREZZA, SPUTAVA IN FACCIA AI POTERI FORTI DI BRUXELLES - LA MANIFESTAZIONE DI VOX HA DIMOSTRATO, PER L’ENNESIMA VOLTA, L’ISTRIONICA PERSONALITÀ DI COMUNICATRICE DELLA PREMIER ALLA FIAMMA. TALENTO LATITANTE TRA I NUMEROSI GALLI DEL  CENTROSINISTRA... - VIDEO

FLASH! – MENTRE SVANISCE LA MILANO DEI ‘’POTERI FORTI’’ E DEI “SALOTTI BUONI”, FINITI SOTTO IL TALLONE DEI “BARBARI ROMANI”, SI ALZA LA VOCE DEL 92ENNE GIOVANNI BAZOLI - IL GRANDE VECCHIO, CHE INSIEME A GUZZETTI HA RIDISEGNATO IL SISTEMA BANCARIO, HA CONSEGNATO ALLA FELTRINELLI LA SUA AUTOBIOGRAFIA (LA FIGLIA CHIARA, NONCHÉ COMPAGNA DEL SINDACO DI MILANO BEPPE SALA, LAVORA ALLA FONDAZIONE FELTRINELLI) – IL LIBRO PARTE DALLA GUERRA AI NAZIFASCISMO E LA PASSIONE PER ALESSANDRO MANZONI, CONTINUA CON LA CELEBRAZIONE DI NINO ANDREATTA, LE VICENDE DEL BANCO AMBROSIANO, FINO ALLA CREAZIONE DI INTESA SANPAOLO…

giorgia meloni kirk renzi salvini tajani

DAGOREPORT - LA STRATEGIA DELLA DISTRAZIONE DI GIORGIA MELONI: PER LA DESTRA DE’ NOANTRI, IL DELITTO KIRK NON È UNA STORIA AMERICANA DEFLAGRATA ALL’INTERNO DEL MONDO DEI “MAGA” TRUMPIANI. NO, È ROBA DA BRIGATE ROSSE IN VIAGGIO PREMIO NEGLI USA - ECCO: IL CADAVERE DI UN ATTIVISTA DI UN PAESE DOVE LE ARMI LE COMPRI DAL TABACCAIO È GIUNTO AL MOMENTO GIUSTO PER ESSERE SFACCIATAMENTE STRUMENTALIZZATO AD ARTE DALLA PROPAGANDA DI PALAZZO CHIGI, COPRENDO CON DICHIARAZIONI FUORI DI SENNO LE PROPRIE DIFFICOLTÀ - CHE LA DESTRA DI GOVERNO SIA IN PIENA CAMPAGNA ELETTORALE, INQUIETA (EUFEMISMO) PER L’ESITO DELLE REGIONALI D’AUTUNNO, IL CUI VOTO SARÀ DIRIMENTE IN VISTA DELLE POLITICHE 2027, ALLE PRESE CON UN PAESE CHE SENZA LA FORTUNA DEI 200 MILIARDI DEL PNRR SAREBBE IN RECESSIONE COME LA FRANCIA E LA GERMANIA, NE È CONSAPEVOLE LO STESSO ESECUTIVO, IN PIENO AFFANNO PER TROVARE LE RISORSE NECESSARIE ALLA FINANZIARIA DI FINE D’ANNO - RENZI: “LA PREMIER SEMINA ZIZZANIA E CREA TENSIONE PER EVITARE DI PARLARE DI STIPENDI E SICUREZZA. MA SOPRATTUTTO PER EVITARE CHE NASCA UN VERO MOVIMENTO A DESTRA. OCCHIO: SE VANNACCI FA COME FARAGE, LA MELONI VA A CASA. LA POLITICA È PIÙ SEMPLICE DI QUELLO CHE SI CREDA. GIORGIA MELONI ALIMENTA LA PAURA PERCHÉ LEI HA PAURA…” - VIDEO