GLI ALFANIANI SPERANO DI INCASSARE QUALCHE VOTO BOMBARDANDO IL DECRETO LAVORO, E RENZI È COSTRETTO A METTERE LA FIDUCIA (LO SALVA SILVIO?) - PADOAN: “CREERÀ OCCUPAZIONE”. E POI SMARKETTA IL SUO LIBRO

1. L'AUTO-MARKETTA DEL MINISTRO
DAGONOTA

Il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan non resiste al fascino della televendita. A Radioanch'io, su Radio1 Rai, questa mattina ha prima risposto alle domande degli ascoltatori sugli ottanta euro in busta paga, i tagli alla spesa, i compensi dei manager pubblici , il pareggio di bilancio.

Ma alla fine non ha resistito. E, poco prima di essere congedato dal conduttore, che lo stava salutando, ha buttato li': " come ho detto nel mio ultimo libro 'La diversità come ricchezza'...". Poi a giustificarsi: "comunque l'avevo scritto prima di sapere che sarei diventato ministro.."

2. PADOAN, DL LAVORO ACCELERA BENEFICI RIPRESA SU OCCUPAZIONE
ANSA

Il decreto lavoro che approda oggi in aula alla Camera "accelera il beneficio in termini di occupazione della ripresa che si sta consolidando". Lo ha affermato il ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan, intervenendo a Radio Anch'io. Quanto alla riforma Fornero, per il ministro "non è che non vada più bene, il fatto è che nel frattempo le condizioni recessive da allora sono peggiorate, la ripresa è fragile e stenta a tradursi in più occupazione".

Poi parlando del decreto Irpef e degli 80 euro: "Il bicchiere è mezzo pieno e pensiamo di riempirlo con il passare del tempo via via che le misure si rafforzano e diventano permanenti e la base che beneficia del taglio si allarga". Padoan ha sottolineato che "l'operazione richiede qualche mese per essere messa a punto".

"Per quanto riguarda il confronto internazionale in gran parte dei casi i manager pubblici sono pagati come proponiamo noi o meno". Padoan ha ricordato che il provvedimento prevede unicamente il tetto. Quanto a possibili contenziosi, il ministro ha detto che "è ovvio che siano inevitabili, ma purtroppo non ci sono quelli positivi, quei 10 milioni che beneficeranno di queste operazioni".

La rivalutazione delle quote di Bankitalia "è un'operazione opportuna visto il distacco che c'era prima tra valori mercati e di libro". Il ministro dell'Economia ha aggiunto che per le banche "la tassazione sulla rivalutazione lascia un po' meno di quanto previsto ma è sempre importante". Quindi "sono convinto che le banche faranno il loro lavoro per dare credito all'economia: è nel loro interesse perché così fanno profitti".

Poi il ministro interviene sul problema delle risorse per la cig in deroga: "Le coperture per gli ammortizzatori sociali si trovano". "La questione della cassa in deroga - prosegue - è sia quantitativa che qualitativa, fa parte della riforma del mercato del lavoro in discussione".

3. LAVORO, NCD ALL'ATTACCO
Silvio Buzzanca per ‘La Repubblica'

Il decreto lavoro del governo, corretto in commissione dal Pd, arriva oggi in aula a Montecitorio e si annuncia battaglia. Perché il Nuovo centrodestra e Scelta civica non vogliono votare le modifiche apportate per volere dei democratici e sono pronti a dare battaglia.

Anche per questo Palazzo Chigi valuta l'ipotesi di porre la questione di fiducia. Anche se la domanda che circola alla Camera è: su quale testo Renzi la chiederà? Su quello originario presentato dal ministro Poletti, che prevede il rinnovo del contratto per otto volte, o su quello uscito dai lavori della commissione Lavoro guidata dall'ex ministro Cesare Damiano che l'ha ridotto a cinque? Gli uomini d Alfano però non temono neanche l'ipotesi fiducia e dicono: «Sarà scontro. E se il governo dovesse mettere la fiducia, lo scontro si sposterà al Senato, dove gli equilibri sono diversi».

Il premier però non sembra preoccupato dello scontro nella maggioranza. Dice che «è normale che ci sia da trovare un punto di sintesi». E una sintesi sarà cercata.
Il premier, incoraggiato anche dall'accoglienza ricevuta domenica in piazza a Firenze, invita i suoi ad andare «avanti come un treno sulla via del cambiamento». Anche per questo Palazzo Chigi è pronto ad aprire altri fronti.

Per esempio - come il premier ha detto a Pasqua nell'intervista a Repubblica - quello della riforma della Pubblica amministrazione. Il governo poi ha iniziato un confronto informale, in particolare con l'Anm, sulla riforma della giustizia. Su questo tema è in agenda un altro passo importante: il ministro della Giustizia Andrea Orlando domani parlerà nelle commissioni Giustizia per illustrare le direttrici su cui intende impegnare il suo dicastero.

A Palazzo Chigi si lavora poi per rendere operativo il piano di investimenti sugli edifici scolastici, tenendo fuori le relative spese dai vincoli del Patto di stabilità interno. Giovedì prossimo, infine, il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Graziano Delrio vola ad Atene per trattare l'accordo sui fondi comunitari: è una partita che per l'Italia vale 60 miliardi.

4. QUEL NODO DELL'APPRENDISTATO E LA SCELTA DI METTERE FIDUCIA
Roberto Mania per ‘La Repubblica'

Il governo chiederà il voto di fiducia anche sul decreto lavoro. Sarà la quarta fiducia dell'esecutivo Renzi. Per quanto la decisione non sia stata ancora formalmente presa, la si dà pressoché per scontata tra i ministri e tra i parlamentari della maggioranza. Palazzo Chigi la considera possibile, il che fa capire come andrà a finire: le chance che si compia il normale iter parlamentare sono scarsissime, praticamente nulle perché il decreto scade tra meno di un mese.

Oggi si capiranno le intenzioni del governo. E per questo il Nuovocentro destra di Angelino Alfano, che in Commissione Lavoro ha dovuto accettare, pur votando contro, le modifiche al decreto concordate tra il Pd e il ministro Giuliano Poletti, prova ad alzare il prezzo: prima della fiducia serve un accordo politico di maggioranza per cambiare il testo, senza comunque tornare alla versione originale, su alcuni punti relativi soprattutto all'apprendistato.

Insomma l'Ncd voterà la fiducia alla Camera (sulla formula individuata in Commissione) a patto che al Senato (dove i voti degli alfaniani sono più "pesanti") vengano introdotti cambiamenti. Poi si ritornerà a Montecitorio per il terzo voto definitivo. I tempi, però, sono strettissimi perché il decreto, che liberalizza i contratti a termine e facilita il ricorso all'apprendistato, scade il 20 maggio.

Questa è una partita delicatissima per la maggioranza. Un test per la stessa tenuta di una
coalizione tra forze politiche (il Pd e gli "scissionisti" del Pdl, meno Scelta civica che sulla formula emersa in Commissione si è astenuta) che sul tema del lavoro, in particolare della flessibilità del lavoro, sono culturalmente molto distanti. Una sfida sul filo dell'equilibrismo politico.

Con il governo stretto tra il centrodestra che a ridosso dell'appuntamento con il voto per il Parlamento europeo (il 25 maggio) dovrà in qualche modo far emergere la sua identità negando di essere stato assorbito dal Pd e non lasciando su questo campo libero a Forza Italia; e la sinistra del Pd che in Commissione ritiene di aver ceduto fino al limite estremo oltre il quale perderebbe essa la sua identità e i suoi legami, in particolare, con il mondo-Cgil. Ciascuno, dunque, difende la propria bandiera, anche ideologica.

Non a caso Renzi ripete che non è questo il momento di agitare le bandierine bensì quello di condurre in porto i provvedimenti. A conferma delle delicatezza del tema, il presidente della Commissione Lavoro, Cesare Damiano, esponente dell'area laburista del Pd, ha chiesto al governo di porre al fiducia («spero lo faccia») per chiudere la partita. Ed è davvero insolito che il suggerimento di ricorrere al voto di fiducia, che impedisce la discussione parlamentare, arrivi da un deputato.

Il ministro Poletti si è mosso con prudenza: ha accettato il dialogo con il Pd ben sapendo che senza i voti del partito di maggioranza il suo decreto sarebbe
naufragato. Ha detto sì alla riduzione del numero delle proroghe dei contratti a termine (da 8 a 5) ma non ha ceduto di un millimetro sulla durata dei contratti a termine senza casuale (36 mesi); ha poi accettato una serie di ritocchi ai contratti di apprendistato consapevole
che la versione originale del suo provvedimento avrebbe fatto fatica a superare l'esame della Commissione di Bruxelles.

Ora, insieme a tutto il governo, difende la soluzione prodotta in Commissione. E non ha ancora deciso se aprire un mini varco agli alfaniani con il rischio che si apra una voragine sull'altro fianco, oppure sfidarli. Ma fino a dove? Il premier Renzi ha detto che si dovrà trovare «un punto di sintesi» tra la sinistra Pd e Ncd. Il come è ancora da vedere, di certo l'entourage del presidente del Consiglio considera le polemiche che arrivano dall'Ncd «semplicemente una questione elettorale».

E non è nemmeno su questo decreto che il governo scommette per rilanciare l'occupazione. Il compito di trasformare il mercato del lavoro è stato affidato al Jobs act che però, se tutto andrà bene, comincerà a produrre qualche effetto nel 2015 inoltrato. Da qui in avanti allora bisognerà offrire certezze alle imprese che abbiano intenzione di assumere. Finora certezze non ce ne sono state, tanto che le nuove norme non sono state praticamente ancora applicate. Un argomento in più a favore del voto di fiducia.

 

 

 

 

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