ALFANO SI DISCOLPA PER LA STORIA DEL KAZAKO E NON MOLLA: “NON C'È UNA TERZA VIA TRA QUESTO ESECUTIVO E IL CAOS”

Fiorenza Sarzanini per "Corriere.it"

Ministro Alfano, lei si ritiene dunque soddisfatto?
«Ottenere 226 voti a favore, 55 contrari e 13 astensioni è un risultato che eguaglia sostanzialmente il voto di fiducia al governo. Non sto a guardare l'animus di chi mi ha votato, soprattutto tenendo conto del valore che aveva questa mozione. Posso dire che il tentativo di dare una spallata è fallito».

Ieri «l'Unità» titolava «Alfano resta. Ma per poco». Il suo è un incarico a tempo?
«Il voto del Senato mi sembra un po' più rilevante. È il rispettabilissimo titolo di un rispettabilissimo giornale che però non ha potere di revoca».

È il quotidiano del Partito democratico.
«Non credo sia la voce ufficiale del Pd».

Quindi lei non crede che il «caso Shalabayeva» abbia modificato i rapporti interni al governo?
«Senz'altro è stato un momento di fortissima tensione ma sono convinto che ci sia ancora molto di positivo da fare. Credo che il rilancio dell'azione di questo governo nasca proprio dal discorso di Enrico Letta in Parlamento, salutato dall'applauso di entrambi i lati dell'emiciclo. Mi auguro che la tensione possa essere superata partendo proprio dalle sue parole».

Letta ha difeso lei o piuttosto ha percorso l'unica strada possibile per salvare l'esecutivo?
«È venuto in Parlamento e ha pronunciato quel discorso. Il suo gesto vale più di ogni mia risposta. Lo conosco da molto tempo e sono sicuro che non l'avrebbe fatto se non fosse stato intimamente convinto».

E all'interno del Pdl? Che ruolo potrebbe giocare adesso l'ala più dura del vostro schieramento?
«Il partito si è stretto attorno a me a cominciare dal nostro leader Silvio Berlusconi proprio dalle colonne del Corriere della Sera. Per questo voglio ringraziare tutti. Resteremo uniti ancor di più fino al 30 luglio perché la nostra preoccupazione per la vicenda giudiziaria è fortissima. Si è già verificato una volta che esperienze politiche democratiche siano finite per via giudiziaria e non vogliamo neanche pensare che il leader più votato nella storia possa essere estromesso in questo modo».

In quel caso il governo sarebbe davvero a rischio?
«Non voglio neanche pensare all'ipotesi di una condanna».

Se non ci fosse stato il richiamo del presidente Giorgio Napolitano l'esito del voto al Senato poteva essere diverso?
«Non lo so. Mi sembra che il capo dello Stato abbia chiarito un concetto tipico delle democrazie liberali e culture giuridiche più civili: si può non sapere, ci sono circostanze in cui ciò può accadere e il compito è quello di rimuovere tutte le ragioni che hanno impedito di sapere. È naturale che abbia riconoscenza nei suoi confronti, visto che ha voluto dare una risposta così netta e chiara su un principio che inevitabilmente influiva su di me».

Il suo capo di Gabinetto Giuseppe Procaccini sostiene di averla informata della richiesta delle autorità kazake.
«Ed è vero. Ho ricevuto tre telefonate dell'ambasciatore kazako alle quali non ho potuto rispondere. Per questo ho incaricato Procaccini di occuparsi della vicenda. Dopo l'incontro mi disse che il diplomatico chiedeva collaborazione per l'arresto di un latitante. Nulla di più. Nessuno potrà mai dimostrare il contrario».

In questi giorni ha mai pensato di fare un passo indietro?
«Ci si dimette se si ha qualcosa da rimproverarsi o se non si ha fino in fondo la forza di difendere le proprie ragioni».

Però la moglie di un dissidente e la sua bambina di 6 anni sono state caricate su un aereo privato e consegnate al Kazakistan.
«È un'operazione che non avrei mai avallato. Ma posso dire che se davvero avessi autorizzato la procedura l'avrei subito ammesso e poi avrei difeso la mia scelta. Del resto c'erano anche le autorizzazioni della magistratura, potevo celarmi dietro quei provvedimenti. Quando ho agito da ministro della Giustizia e ho varato norme che hanno provocato lo scontro politico, ho sempre sostenuto e difeso le mie scelte con chiarezza e determinazione. Anche ora non avrei avuto timore di comportarmi nello stesso modo».

Chi consigliò all'ambasciatore di rivolgersi alla questura?
«Non lo so, perché non essendo informato non mi sono occupato di questi aspetti. Chiedetelo a lui».

I diplomatici venivano al Viminale, davano ordini ai poliziotti e lei non si accorse di nulla?
«Tutta questa vicenda è accaduta, purtroppo, a un mese esatto dal mio arrivo al Viminale e nei giorni del passaggio di consegne del capo della polizia. Il direttore centrale dell'Immigrazione era in via di pensionamento e non era arrivato il nuovo consigliere diplomatico».

È comunque una mancanza grave dell'autorità politica.
«La gravità sta nel fatto che nessuno, tra quelli che hanno trattato la materia, ha avvertito la necessità di capire che si stava maneggiando una vicenda delicatissima e di avvisare il livello politico di governo che qualcosa di grave stesse accadendo. Compresa l'invadenza dei kazaki, della quale nessuno mi ha mai parlato».

Forse vantavano alte referenze che hanno fatto presa sui funzionari.
«Nessuno lo ha detto, ma comunque non basterebbe a giustificare l'accaduto. Per questo ho chiesto al capo della polizia Alessandro Pansa la riorganizzazione del Dipartimento di pubblica sicurezza sia dal punto di vista della squadra, sia da quello del processo decisionale. Il piano di riordino sarà pronto la prossima settimana».

E crede che basterà a sanare la frattura interna al Viminale?
«Non vedo fratture, comunque non possiamo consentire che accada di nuovo una vicenda così grave. Le decisioni sui nuovi capi saranno prese dal vertice della polizia, non ci saranno interferenze politiche. E questo a garanzia delle migliaia di agenti che ogni giorno lavorano per la sicurezza dei cittadini».

Lei fa parte di un governo di «larghe intese». Questo contribuisce a farlo fibrillare costantemente?
«Eravamo preparati. Sapevamo che un governo voluto fortemente da Berlusconi quando disse che era l'unica strada possibile, avrebbe avuto una vita travagliata soprattutto nella fase d'avvio non avendo precedenti storici ma essendo stato preceduto soltanto da un forte scontro tra le due parti. Siamo però riusciti a superare scogli difficili e spero che rimettendo al centro l'economia si trovino soluzioni per tirare fuori dalle secche il nostro Paese. Del resto la nostra opinione non è cambiata: non c'è una terza via tra questo esecutivo e il caos».

Lei ha tre incarichi, non crede di dover rinunciare almeno a uno?
«Vorrei sfatare questa favola. Non ho deleghe da vicepremier, dunque considerarlo un incarico aggiuntivo è pretestuoso. Il Pdl poi ha un leader, Silvio Berlusconi, e una macchina organizzativa collaudata. Dire che non ero informato perché ero altrove non è serio e soprattutto è falso».

 

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