1. GRAN BRUTTO AUSPICIO PER PITTIBIMBO A ROMA: POCHE MIGLIAIA DI PERSONE, FORSE DIECIMILA, PIAZZA DEL POPOLO RIEMPITA A METÀ. C’È ANCHE QUALCHE CONTESTATORE, DEL MOVIMENTO PER LA CASA, CHE ACCOGLIE IL PREMIER AL GRIDO DI “BUFFONE” 2. NESSUNO DEI GRANDI BIG DEL PASSATO. NON CI SONO NÉ BERSANI NÉ D’ALEMA E NEANCHE VELTRONI, CHE PURE SONO DI ROMA. NESSUN PULLMAN ORGANIZZATO. MOLTI PARLAMENTARI “RENZIANI”, DA ROBERTO GIACHETTI A PAOLO GENTILONI SONO TRA LA FOLLA 3. LA PAURA FA NOVANTA,. C’È CHI RISPOLVERA LO SLOGAN “PIAZZE PIENE, URNE VUOTE” 4. C’È HA SCOMMESSO SU UNA VITTORIA DEL 33 AL 26%. C’È CHI INVECE PENSA CHE CI SARANNO SOLO SU 2 O 3 PUNTI IN PIÙ RISPETTO AL M5S. MA IL VERO DATO CHE ATTERRISCE RENZI SONO I SONDAGGI DI FORZA ITALIA (FORCHETTA TRA IL 17-19%): A QUEL PUNTO LA RIFORMA ELETTORALE SALTA PER VIA DEL BALLOTTAGGIO E SI APRONO LE URNE DELLE ELEZIONI A OTTOBRE CON UN RE GIORGIO CHE NON SA COSA FARE DA GRANDE

Wanda Marra per ‘Il Fatto Quotidiano'

‘'Anche oggi dimostriamo che siamo più forti della nostra paura. Che non abbiamo paura della piazza". Sale sul palco di piazza del Popolo a Roma, Matteo Renzi, poco dopo le 20, con un'ora di ritardo rispetto all'appuntamento ufficiale. Si mette le mani davanti agli occhi, guarda la gente sotto di lui. Che è poca. Abbastanza poca da fare paura.

La chiusura della campagna elettorale è oggi a Firenze (ma prima il premier farà tappa a Prato), ma l'ultima tappa nella Capitale, il giorno prima dello sbarco di Beppe Grillo a Roma, è decisamente al di sotto delle aspettative. Poche migliaia di persone, forse diecimila, piazza riempita a metà. C'è anche qualche contestatore, del Movimento per la Casa, che accorre il premier al grido di "buffone".

La tensione serpeggia nell'aria. C'è chi rispolvera lo slogan "piazze piene, urne vuote". Chi, come il vicesegretario, Lorenzo Guerini arriva dicendo: "Siamo contenti". Ha scommesso su una vittoria del 33 al 26 per cento. C'è chi invece pensa che ci saranno solo su 2 o 3 punti in più rispetto al Movimento 5 Stelle e lo valuta come un risultato eccellente "con tutto quello che è successo, a cominciare dalle inchieste". A due giorni dalle elezioni, la paura fa novanta, si sospendono giudizi e aspettative.

"Se prendo meno del 30% me ne vado". Matteo Renzi è abituato a gettare il cuore oltre l'ostacolo, e l'ha fatto anche durante questa campagna elettorale. La scelta delle piazze è arrivata alla fine, per lui che non è mai stato un "animale" da comizio tradizionale. Molte, in giro per l'Italia, le ha riempite. A Roma il partito non è con lui, e si vede: tanto ceto politico locale, nessuno dei grandi big del passato. Non ci sono né D'Alema e neanche Veltroni, che pure sono di Roma. Nessun pullman organizzato. Molti parlamentari "renziani", da Roberto Giachetti a Paolo Gentiloni sono tra la folla.

Così come Nicola Zingaretti e Goffredo Bettini. È il premier che ha chiesto a tutti, suoi e non, di restare in mezzo alla gente. Accanto a lui c'è solo la capolista al Centro, Simona Bonafè. Negli ultimi giorni di campagna elettorale Matteo Renzi tradisce il nervosismo. Mentre continua a dire che va tutto bene, la tensione si vede nelle espressioni e nei comportamenti.

Mercoledì sera dopo "Otto e mezzo" è andato via immediatamente, saltando anche il tradizionale brindisi finale. Con le elezioni di domenica si gioca moltissimo e lo sa. D'altra parte, la sua navigazione al governo è stata complicata. Forse più complicata di quanto si aspettasse. Con un'alzata di scudi generale, dai magistrati, alla Rai, ai sindacati. E a proposito di Rai ieri sera alla diretta di "Porta a Porta" un presidio di contestatori lo aspettava al varco dal pomeriggio.

"In molti casi abbiamo disturbato il manovratore. Ma abbiamo cominciato a cambiare l'Italia. Spesso chi urla è il migliore alleato di chi vuole conservare - ha detto lui ieri mattina a Radio Anch'io - Il nostro governo si è assunto una responsabilità enorme, quella di portare l'Italia fuori dalle sabbie mobili e dalle secche. E può darsi che domenica molte persone a cui abbiamo tolto qualche privilegio vadano a votare contro il Pd. Ma credo che alla fine saranno molti molti di più dell'altra volta quelli che voteranno per il Pd". Renzi stamattina alle 11 e 30 ha convocato una conferenza stampa, una "televendita" come la definisce lui stesso auto - ironicamente. Ci saranno le slide e le schede riassuntive dell'attività dei primi 80 giorni, a partire dagli 80 euro e dal tetto agli stipendi dei manager. Per arrivare alle riforme costituzionali iniziate e rimandate a dopo il voto. "Non ho la bacchetta magica", ha detto Renzi al Fatto. La maggioranza e il Parlamento non sono i suoi.

Intanto, si cominciano a prefigurare gli scenari del dopo. Più Grillo dovesse avanzare, più il Pd di Renzi si indebolirebbe. E così il governo. E alla fine, la scelta sarà tra il voto (evocato da molti, Graziano Delrio e Matteo Richetti in testa) e il reinserimento di Berlusconi nel sistema (che non a caso continua a evocare le larghe intese).

Ma di questo si parlerà da lunedì mattina. Intanto Renzi va allo sprint finale. Oggi a Piazza della Signoria ha voluto sistemare il palco nello stesso modo di Berlinguer l'ultima volta che venne a Firenze. E non a caso a Grillo, che al segretario del Pci si è paragonato, manda a dire: "Giù le mani da Berlinguer da parte di chi non può neppure pronunciarne il nome. Sciacquatevi la bocca",

E l'appello finale - lanciato insieme all'hashtag che continua a circolare in rete #uno per uno (da portare al seggio): "Stiamo difendendo il futuro dell'Italia".

 

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