1. PECHINO NON SOLO E’ IL ‘’PADRONE” DEGLI STATI UNITI, AVENDO IN MANO L’IMMENSO DEBITO PUBBLICO AMERICANO E QUALCHE MULTINAZIONALE, MA INIZIA A TIRANNEGGIARE QUELL’OCCIDENTE CHE UNA VOLTA COLONIZZAVA I PAESI POVERI O DEL TERZO MONDO. COME? IMPONENDO QUELL’ARMA DELLA PROPAGANDA/CONSENSO CHE SI CHIAMA CINEMA 2. VISTO IL REGIME DI CENSURA CHE IN CINA CONTROLLA SCRUPOLOSAMENTE OGNI PRODOTTO CULTURALE, HOLLYWOOD SI STA ADEGUANDO E STA FACENDO ATTENZIONE A NON INSERIRE NEI SUOI FILM I TEMI SUI QUALI LE AUTORITÀ DEL DRAGONE SONO PIÙ SENSIBILI 3. NE SA QUALCOSA ANG LEE: NEL SUO “VITA DI PI” HA DOVUTO MODIFICARE UNA SCENA PER LA FRASE: “LA RELIGIONE È OSCURITÀ”. ANCHE LA DISNEY E LA MARVEL, CHE HANNO GIRATO A PECHINO ALCUNE SCENE DI “IRON MAN 3”, SONO STATE SEGUITE ATTENTAMENTE DAI CENSORI DEL DRAGONE (APPROVATO UN COPIONE, NON SONO AMMESSE VARIAZIONI)

Andrea Andrei per Dagospia
Da "The New York Times"
http://nyti.ms/V1ZChr

Siamo sempre stati abituati a pensare ai costumi occidentali che influenzano quelli delle cosiddette società chiuse, o comunque meno ricche o sviluppate. Tanto che si potrebbe parlare a tutti gli effetti di una vocazione alla "conquista", che non sarà armata né di carattere territoriale, ma che non per questo è meno aggressiva. È successo in tutti i campi, dall'abbigliamento all'arte.

Ma cosa capita quando la ricchezza si sposta proprio in uno dei paesi che più ha resistito a questa "ondata culturale" che dall'Ovest si è abbattuta sull'Est? Non è necessario sforzarsi a pensare, perché quel fenomeno sta già accadendo.

Il paese in questione è ovviamente la Cina, la quale, fondendo il modello capitalistico occidentale con la propria (controversa) cultura del lavoro, è riuscita a mettere in piedi un sistema che adesso fa gola agli stessi investitori occidentali. E così questi ultimi adesso, pur di non rinunciare a opportunità tanto ghiotte di sviluppo, sono pronti ad adattarsi ai costumi di quei luoghi, anche se per noi risultano inconcepibili.

Quello del cinema è un ottimo esempio. Infatti pare proprio che dovremo cominciare ad abituarci all'idea di pellicole sempre più "politically correct": visto il regime di censura che in Cina controlla scrupolosamente ogni prodotto culturale, Hollywood si sta adeguando e sta facendo attenzione a non inserire nei suoi film i temi sui quali le autorità del dragone sono più sensibili.

Per cui bisogna evitare i riferimenti religiosi (potrebbero offendere qualcuno), limitare gli accenni all'esercito americano, e soprattutto parlare il meno possibile di Cina. La pena è, appunto, la censura del film, e la conseguente impossibilità di godere degli incassi di pellicole che incontrano sempre più il favore del pubblico cinese (soprattutto quelli in 3D).

Ne sa qualcosa la Paramount Pictures, che ha presentato alle autorità una versione in 3D di "Top Gun" e che ha ricevuto come risposta un silenzio lapidario. Ang Lee, nel suo "Vita di Pi" ha dovuto modificare una scena in cui uno dei personaggi affermava che "la religione è oscurità". Anche la Disney e la Marvel, che hanno girato a Pechino alcune scene di "Iron Man 3", sono state seguite attentamente dai censori del Dragone.

A controllare le pellicole è un vasto e temibile consiglio di censura, formato da più di una trentina di membri dell'Amministrazione statale delle radio, dei film e della televisione (S.A.R.F.T.). Gli studios di Hollywood, per non incappare in qualche violazione e dover quindi rimettere mano ai propri prodotti, prima di lanciare un film in Cina si avvale della consulenza di alcuni funzionari, che si occupano delle trattative con le autorità del Dragone.

Una volta che si approva un copione, non sono ammesse variazioni: i censori seguono direttamente le riprese sul set, controllando che tutto sia come concordato.
Se si apporta anche una piccola modifica al progetto originale, si rischia di finire sotto accusa nell'ufficio di qualche membro del partito comunista, com'è successo nel 2011 al produttore Robert Cain.

Spesso le autorità locali si accertano anche che le versioni dei film prodotto per il mercato cinese non differiscano da quelle diffuse nel resto del mondo, anche se non è raro che di uno stesso film esistano più versioni.

Pare che un buon modo per andare incontro al favore dei censori sia quello di includere degli attori locali nella pellicola, anche se bisogna stare attentissimi a parlare della Cina, perché qualsiasi riferimento alla sua storia che risulta essere poco gradito potrebbe compromettere il giudizio di chi controlla.

Ma quali sono, nello specifico, i temi da non trattare? Inizialmente si parlava solo genericamente di violazioni dei principi della Costituzione o della morale pubblica. Poi le limitazioni sono diventate più specifiche: mai denigrare l'esercito o la polizia, mai rappresentare "l'omicidio, la violenza, l'orrore, i fantasmi, i demoni e il soprannaturale".

Detta così, in pratica quasi nessun film di Hollywood passerebbe il test della censura (basti pensare che anche "Kung Fu Panda" della DreamWorks Animation ha avuto problemi, perché alcuni sostenevano che denigrasse un animale considerato sacro in Cina).
Ma il business è business, anche per i cinesi. E quindi, se si prevede che un film possa sbancare al botteghino, i funzionari del partito sono disposti a chiudere un occhio.

Negli Stati Uniti c'è chi, esagerando, sostiene che la censura cinese non sia poi così diversa dal sistema americano di valutazione dei film.
D'altronde, riuscite a immaginare un paese più liberticida di quello che permette agli adolescenti di portarsi un mitra nello zaino di scuola? Ma questa è decisamente un'altra storia.

 

Cina CINA CENSURAcina censuraWEN JABAO HU JINTAO E WEN JABAO jpegWEN JABAOtom cruise kelly mcgillis topgunVITA DI PI DI ANG LEE vita di pi di ang lee suraj sharma in vita di pi di ang lee

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni matteo salvini adolfo urso abodi giorgetti tajani giorgio armani

UN PO’ PIU’ DI RISPETTO SE LO MERITAVA GIORGIO ARMANI DA PARTE DEL GOVERNO – SOLO IL MINISTRO DELL’UNIVERSITA’, ANNA MARIA BERNINI, HA RESO OMAGGIO ALL’ITALIANO PIU’ CONOSCIUTO AL MONDO RECANDOSI ALLA CAMERA ARDENTE DOVE, TRA SABATO E DOMENICA, SONO SFILATE BEN 16 MILA PERSONE - EPPURE MILANO E’ A DUE PASSI DA MONZA, DOVE IERI ERA PRESENTE AL GP, OLTRE AL VICEPREMIER MATTEO SALVINI, IL MINISTRO DELLO SPORT ANDREA ABODI, SMEMORATO DEL PROFONDO LEGAME DELLO STILISTA CON BASKET, CALCIO, TENNIS E SCI - A 54 KM DA MILANO, CERNOBBIO HA OSPITATO NEL WEEKEND TAJANI, PICHETTO FRATIN, PIANTEDOSI, CALDERONE E SOPRATTUTTO ADOLFO URSO, MINISTRO DEL MADE IN ITALY, DI CUI ARMANI E’ L’ICONA PIU’ SPLENDENTE – E IGNAZIO LA RUSSA, SECONDA CARICA DELLO STATO, DOMENICA ERA A LA SPEZIA A PARLARE DI ''PATRIOTI'' AL DI LA’ DI RITUALI POST E DI ARTICOLETTI (MELONI SUL “CORRIERE”), UN OMAGGIO DI PERSONA LO MERITAVA TUTTO DAL GOVERNO DI CENTRODESTRA PERCHE’ ARMANI E’ STATO UN VERO “PATRIOTA”, AVENDO SEMPRE PRESERVATO L’ITALIANITA’ DEL SUO IMPERO RIFIUTANDO LE AVANCES DI CAPITALI STRANIERI…

giorgia meloni mantovano alfredo giovanbattista fazzolari gian marco chiocci rossi

DAGOREPORT - CHI AVEVA UN OBIETTIVO INTERESSE DI BRUCIARE IL DESIDERIO DI GIORGIA MELONI, PIÙ VOLTE CONFIDATO AI SUOI PIÙ STRETTI COLLABORATORI, DI ARRUOLARE L’INGOMBRANTE GIAN MARCO CHIOCCI COME PORTAVOCE? - IN BARBA ALLA DIFFIDENZA DEI VARI SCURTI, FAZZOLARI E MANTOVANO, FU L’UNDERDOG DE’ NOANTRI A IMPORRE FORTISSIMAMENTE (“DI LUI MI FIDO”) COME DIRETTORE DEL TG1 L’INTRAPRENDENTE CHIOCCI, DOTATO DI UNA RETE RELAZIONALE RADICATA IN TUTTE LE DIREZIONI, DAL MONDO DELLA SINISTRA ALL’INTELLIGENCE DI DESTRA - BEN CONOSCENDO IL CARATTERINO DELL’EX DIRETTORE DE “IL TEMPO” E ADNKRONOS, BEN LONTANO DALLA DISPONIBILITÀ AD ACCETTARE ORDINI E DINIEGHI, OCCORREVA CORRERE AI RIPARI PRIMA CHE LA SGARBATELLA PROCEDESSE ALL’INFELICE NOMINA, FACENDO CIRCOLARE LA VOCE DEL SUO TRASLOCO DALLA DIREZIONE DEL TG1 A BRACCIO MEDIATICO DELLA PREMIER - NEL CASO, SEMPRE PIÙ LONTANO, DI VEDERE CHIOCCI A PALAZZO CHIGI, ALLORA VORRÀ DIRE CHE L’EQUILIBRIO DI POTERI ALL’INTERNO DELLA FIAMMA MAGICA È FINITO DAVVERO IN FRANTUMI...

marcello viola alberto nagel giorgia meloni francesco gaetano caltagirone luigi lovaglio mps mediobanca piazza affari

DAGOREPORT - MEDIOSBANCA! I GIOCHI ANCORA NON SONO FATTI. E LE PREMESSE PER UN FUTURO DISASTRO SONO GIÀ TUTTE SUL TAVOLO - AL DI LÀ DELLE DECISIONI CHE PRENDERÀ LA PROCURA DI MILANO SUL PRESUNTO “CONCERTO” DEL QUARTETTO CALTA-GIORGETTI-LOVAGLIO-MILLERI NELLA PRIVATIZZAZIONE DEL 15% DI MPS, IL PROGETTO TANTO AUSPICATO DA GIORGIA MELONI DI DARE VITA A UN TERZO POLO BANCARIO, INTEGRANDO MPS, BPM E MEDIOBANCA, SI È INCAGLIATO DI BRUTTO: LO VUOLE SOLO FRATELLI D’ITALIA MENTRE FORZA ITALIA SE NE FREGA E LA LEGA E' CONTRO, SAPENDO BENISSIMO CHE L’OBIETTIVO VERO DEL RISIKONE BANCARIO È QUEL 13% DI GENERALI, IN PANCIA A MEDIOBANCA, NECESSARIO PER LA CONQUISTA CALTAGIRONESCA DEL LEONE DI TRIESTE - AL GELO SCESO DA TEMPO TRA CALTA E CASTAGNA (BPM) SI AGGIUNGE IL CONFLITTO DI CALTA CON LOVAGLIO (MPS) CHE RISCHIA DI ESSERE FATTO FUORI PER ‘’INSUBORDINAZIONE’’ - ANCHE LA ROSA DEI PAPABILI PER I NUOVI VERTICI DI MEDIOBANCA PERDE PETALI: MICILLO HA RIFIUTATO E VITTORIO GRILLI NON È INTERESSATO - LA BOCCIATURA DELL’OPERAZIONE DI FITCH, CHE VALUTA MPS CON UN RATING PIÙ BASSO RISPETTO A MEDIOBANCA - LAST BUT NOT LEAST: È SENZA FINE LO SCONTRO TRA GLI 8 EREDI DEL VECCHIO E IL CEO MILLERI, PARTNER DEVOTO DI CALTARICCONE…