conte renzi zingaretti come bugo amadeus morgan

LA CAGNARA SI È GIÀ PLACATA: CONTE E RENZI CONTINUERANNO A ODIARSI MA IL PRIMO NON HA I NUMERI E IL SECONDO NON PUÒ PERMETTERSI IL VOTO. IL VERO BERSAGLIO PER PITTIBIMBO È IL PREMIER, POI IL PD: I CONSENSI CHE NON HA PUÒ TROVARLI SOLO TOGLIENDOLI A QUESTO BIZZARRO EPPURE AFFIATATO DUO. SE NON POTRÀ DIRE LA SUA SULLE NOMINE CONTINUERÀ A BOMBARDARE A OGNI OCCASIONE

 

1. TREGUA ARMATA FRA I DUELLANTI (FINO AL PROSSIMO SCONTRO) I DUBBI SUI NUMERI IN SENATO

Marco Galluzzo e Monica Guerzoni per il ''Corriere della Sera''

 

Non c' è stato e non ci sarà nessun chiarimento. Conte e Renzi continueranno a detestarsi, neppure troppo cordialmente, ma resteranno insieme al governo. Si andrà avanti con il Conte bis sostenuto dal Pd, dal M5S, da Leu e, con diversa intensità, anche da Italia viva. Avanti navigando a vista, fino al prossimo (inevitabile) scoglio. «L' incidente sulla prescrizione è chiuso», ha confidato ai colleghi del Pd il ministro della Cultura e capo delegazione del Nazareno, Dario Franceschini.

 

MATTEO RENZI E GIUSEPPE CONTE COME BUGO E MORGAN

Il problema per l' alleanza giallorossa è che nulla è cambiato, i rapporti tra i duellanti restano pessimi e nessuno si illude che possano migliorare. Renzi non sopporta che Italia viva sia trattata da pecora nera dell' alleanza e di Conte pensa che «è nato con la camicia, ma è inadatto a governare». Il premier non vuole farne una questione personale, ma per dirla in tre parole semplicemente non si fida.

 

Eppure, Conte ha capito che cacciare l' alleato non si può.

«L' ipotesi di sostituire in corsa Italia viva non è praticabile - è la presa d' atto che matura tra Palazzo Chigi e il Nazareno -. I numeri non ci sono».

 

Se è una tregua dunque, si tratta di una tregua armata. I renziani si aspettano le scuse di Giuseppe Conte per essere stati bollati come «opposizione maleducata». E il premier, che pensa di aver «schiaffeggiato» lo sfidante costringendolo a frenare sull' orlo del crepaccio, è convinto che il prossimo passo tocchi a Renzi. «È lui che deve decidere da che parte stare - è il messaggio che Conte ha fatto recapitare al predecessore -. Se continua a comportarsi come faceva Salvini con il governo gialloverde, non andremo avanti a lungo».

 

renzi zingaretti

Governare così non si può, è lo stato d' animo che il premier condivide con Zingaretti, Franceschini e gli altri ministri del Pd. Ma a Palazzo Chigi nessuno crede davvero che il governo giallorosso, in caso di crisi, possa rinascere dalle sue ceneri. «Il Conte ter non esiste», ha dovuto ammettere il premier. Eppure ministri e collaboratori tengono i conti e trapela che il presidente abbia fatto un ampio giro di telefonate per verificare i numeri.

 

Nicola Fioramonti alla Camera, Paolo Romani e Gaetano Quagliariello al Senato sono solo alcuni dei capicorrente corteggiati, ma finché le urne non saranno all' orizzonte, nessuno sembra disposto a esporsi per puntellare il governo. Stando alle voci di Palazzo Madama, Romani è pronto a portare in dote una dozzina di senatori, però nel governo ammettono che «sono cifre tutte da verificare». È una partita ad altissimo rischio e Conte lo ha capito. E c' è di più. C' è che Matteo Salvini non perde consenso e che il suo potere di attrazione, in caso di una controffensiva, potrebbe essere più forte.

conte renzi

 

Il duello perpetuo è rischioso per entrambi. Renzi può perdere pezzi e Conte può perdere la poltrona. «Se va in aula a chiedere la fiducia nasce un altro governo», prevede il segretario di Iv, Ettore Rosato. Il quale rivela lo stato dei rapporti: «Il premier non ha mai risposto al mio ultimo sms, in cui ponevo dei problemi sul governo. Adesso la palla è nel suo campo». Poiché un' alternativa al momento non c' è, questa pericolosa guerra di logoramento sembra destinata a proseguire, con il rischio che sulla giustizia, o su un altro tema divisivo, si arrivi alla resa dei conti.

 

«Temo che prima o poi dovremo contarci in Parlamento - si attrezza alla "sfida aperta" Conte -. Prepariamoci a tutto, anche a un voto di fiducia». Il giurista pugliese sa bene che potrebbe giocarsi la pelle, ma dal Pd gli hanno raccontato che il gruppo dei renziani al Senato «è tutt' altro che monolitico, visti i sondaggi che danno Italia viva al 3%».

 

A Palazzo Chigi e dintorni si parla di «una decina di parlamentari di Iv inquieti e insoddisfatti» che sarebbero tentati dal ritorno nel Pd, perché con il taglio dei parlamentari ben pochi hanno la certezza che torneranno a occupare uno scranno. Ma Renzi smentisce, tranquillizza le truppe e ci ride su. E anche se sui social le sue ultime mosse hanno scatenato più delusione che consenso, continua a dire che nel suo piccolo partito «arriverà altra gente».

nicola zingaretti giuseppe conte

 

Lunedì, con la riapertura delle Camere, si tornerà a parlare di prescrizione, la mina che ha rischiato di far saltare l' esecutivo. Renzi giudica il lodo Conte incostituzionale e non rinuncia alla tentazione, se la tregua dovesse saltare, di sfiduciare il ministro Bonafede: «Non mangerà la colomba...». Ma per Conte è solo un altro bluff: «La sfiducia non la voterebbero nemmeno i renziani. Se cade il Guardasigilli cade il governo e in Parlamento non ci tornano più».

 

 

2. IL VERO BERSAGLIO È IL PREMIER, PUÒ ATTIRARE GLI ELETTORI

Massimo Franco per il ''Corriere della Sera''

 

Di colpo i toni si stanno un po' abbassando, e le polemiche tra Palazzo Chigi e Iv ritornano a essere un rumore di fondo. Ma non è la quiete dopo la tempesta sulla prescrizione. Si tratta al massimo della calma che precede un altro conflitto a breve termine. Nella maggioranza, nessuno si illude che tra il premier Giuseppe Conte e il segretario del Pd Nicola Zingaretti, e il leader di Iv Matteo Renzi i contrasti si siano ricomposti. Tatticamente possono vivere momenti di sospensione ma sembrano destinati a riproporsi. Iv si scaglia contro quella che definisce «grillizzazione del Pd» sulla giustizia.

 

JOKER INFILTRATO NELLA FOTO DI NARNI

In realtà, però, il vero obiettivo sembra Conte. E a Palazzo Chigi, ma anche tra i dem e perfino al Quirinale, lo hanno capito da tempo. Per questo, sarà il premier a decidere nelle prossime settimane se rapporti così sfilacciati nella maggioranza possono continuare all' infinito, o se di colpo bisognerà mettere un punto. La compattezza, almeno apparente, con la quale tutti gli esponenti del Pd e dei Cinque Stelle ribadiscono che se c' è una crisi si va alle elezioni, da una parte rafforza il premier; dall' altra conferma come l' offensiva per logorarlo dall' interno della maggioranza si stia intensificando.

 

Ma si avverte anche qualche scricchiolio nelle file renziane. La prospettiva che la caduta dell' esecutivo porti non alla nascita di un nuovo governo ma alle urne, fa paura: tanto più a una formazione nuova, inchiodata nei sondaggi ampiamente sotto il cinque per cento, e timorosa di perdere parlamentari e ruolo. Dietro le rivendicazioni orgogliose della propria funzione moderatrice rispetto alla tenaglia M5S-Pd, si indovina il dubbio di ritrovarsi di colpo attaccati dagli alleati.

GIUSEPPE CONTE ROCCO CASALINO

 

Il timore è che Palazzo Chigi e il Pd possano tentare prima o poi di spaccare il gruppo parlamentare renziano. La sensazione è che il vero scontro non sia tra Zingaretti e Renzi, nonostante la scissione.

 

Il conflitto, che si declina nel futuro come competizione elettorale, sembra riguardare Iv e Conte: sia in vista di una serie di nomine, sia per un futuro nel quale il Pd potrebbe allearsi col premier, vedendolo a capo di una lista di centrosinistra. Conte entrerebbe nello spazio che Iv sta cercando di riempire, senza finora il riscontro dei sondaggi.

 

Da qui nasce la strategia della guerriglia nei confronti del governo, e l' insistenza a accreditarlo come estremista, smarcandosi a intermittenza. E, in modo simmetrico, nello stesso modo si spiega la durezza delle risposte di Conte. Il premier che alla domanda se si fidi di Renzi, replica di non volersi fare influenzare dai «personalismi»; e il capo di Iv che lo sfida: «Se vuole cacciarci faccia pure», sono istantanee di una guerra dei nervi che può diventare formale in ogni momento; che potrebbe anche non scoppiare mai. Ma che comunque fa male al Paese.

 

 

 

 

Ultimi Dagoreport

antonio tajani giorgia meloni neri nero bambini immigrati migranti matteo salvini

DAGOREPORT – AH, TAJANI DELLE MERAVIGLIE! RICICCIARE PER L'ENNESIMA VOLTA LO IUS SCHOLAE E, DOPO UN BATTAGLIERO RUGGITO, RINCULARE SUBITO A CUCCIA (''NON E' LA PRIORITA'"), E' STATO UN FAVORE FATTO A GIORGIA MELONI, DETERMINATA A SEMINARE ZIZZANIA TRA LE FILE LEGHISTE SPACCATE DA VANNACCI, PER CUI UNA PROPOSTA DI LEGGE PER LA CITTADINANZA AI RAGAZZI CHE COMPLETANO GLI STUDI IN ITALIA, E' PEGGIO DI UNA BESTEMMIA SULL'ALTARE - IL MINISTRO DEGLI ESTERI (SI FA PER DIRE: SUGLI AFFARI INTERNAZIONALI DECIDE TUTTO LA STATISTA DELLA GARBATELLA), UNA VOLTA APPOGGIATO IL BIANCO TOVAGLIOLO SUL BRACCIO, SI E' PRESTATO COSI' A SPARARE UN AVVISO A MATTEO SALVINI: SI PREGA DI NON TIRARE TROPPO LA CORDA, GRAZIE!

volodymyr zelensky donald trump vladimir putin

DAGOREPORT – OGGI DONALD TRUMP CHIAMERÀ VOLODYMYR ZELENSKY E GLI PRESENTERÀ “L’OFFERTA” DI PUTIN: “MAD VLAD” VUOLE IL RICONOSCIMENTO DELLE ZONE ATTUALMENTE OCCUPATE DAI SUOI SOLDATI (OLTRE ALLA CRIMEA, CHE CONSIDERA RUSSA DAL 2014). IL PIANO DEL TYCOON È CONVINCERE L’EX COMICO UCRAINO A DARE L’OK, E POI TORNARE DA PUTIN E FINIRE LA GUERRA. CON UNA SOTTESA MINACCIA: SE, NONOSTANTE LE REGIONI ANNESSE, MOSCA CONTINUASSE IL CONFLITTO, A QUEL PUNTO GLI USA SAREBBERO PRONTI A RIEMPIRE DI ARMI KIEV PER FARE IL CULO A STELLE E STRISCE ALLO ZAR DEL CREMLINO - MA QUANTO CI SI PUO' ANCORA FIDARE DELLE PROMESSE DI TRUMP, VISTE LE CAZZATE CHE HA SPARATO FINORA? 

vincent bollore john elkann andrea pignataro

CHE NELLA TESTA DI JOHN ELKANN FRULLI L’IDEA DI VENDERE “LA REPUBBLICA”, NON È UN MISTERO. GIÀ UN ANNO FA SI SPETTEGOLÒ DI TRATTATIVE A TORINO CON UNA CORDATA DI IMPRENDITORI E BANCHE MILANESI - ELKANN, COSÌ CHIC E COSÌ SNOB, AVREBBE GRADITO LA PRESENZA NELLA CORDATA DI UN NOME INTERNAZIONALE. ED ECCO SPUNTARE L’IMPOSSIBILE: VINCENT BOLLORÉ, PATRON DI VIVENDI E DELLA DESTRA OLTRANZISTA FRANCESE – L’ULTIMA INDISCREZIONE ACCREDITA UNA VOGLIA DI CARTA AL BOLOGNESE ANDREA PIGNATARO, SECONDO MILIARDARIO D’ITALIA - VERO, FALSO, INVEROSIMILE? QUELLO CHE È CERTO È CHE LA CRISI MONDIALE DELL’INDUSTRIA AUTOMOBILISTICA STA DIVENTANDO UN ‘’DRAMMA ECONOMICO’’, CON MINACCIA DI CHIUDERE LE FABBRICHE STELLANTIS, E LA LINEA ANTI-GOVERNATIVA DI “REPUBBLICA” È UNA FONTE DI GUAI, NON ESSENDO PER NULLA GRADITA (EUFEMISMO) DAI “VENDI-CATTIVI” DELLA FIAMMA MAGICA DI PALAZZO CHIGI….

alessandro giuli lucia borgonzoni manuela cacciamani mazzi rampelli giulio base film albatross 2025albatross angelo mellone perla tortora paolo petrecca alma manera

DAGO-CAFONAL! - DAI FRATELLI WARNER DI HOLLYWOOD AI FRATELLI D’ITALIA DI CINECITTÀ, IL CIAK È A DESTRA! - E VOILÀ! DOMANI SUGLI SCHERMI DEL BELPAESE ARRIVA "ALBATROSS", IL NUOVO IMMAGINARIO CAPOLAVORO DI GIULIO BASE, MARITATO TIZIANA ROCCA - ALL’ANTEPRIMA ROMANA, GOVERNO IN PRIMA FILA: TAPPETO ROSSO PER IL MINISTRO GIULI-VO DEL “PENSIERO SOLARE”; AVANTI I DIOSCURI RAI, ROSSI E MELLONE, FATE LARGO AL “GABBIANO SUPREMO” DI COLLE OPPIO, FABIO RAMPELLI, CON MOLLICONE DI SCORTA - NEL FOYER DEL CINEMA SI SBACIUCCHIANO PAOLO PETRECCA, DIRETTORE DI RAI SPORT, E L’AMATA ALMA MANERA - SE LUCIA BORGONZONI TIMBRA IL CARTELLINO PER LA LEGA, A TENERE ALTO IL PENNONE DI FORZA ITALIA C’È MAURIZIO GASPARRI, NEL '70 SEGRETARIO PROVINCIALE DEL FRONTE DELLA GIOVENTÙ – PER I DUE PRODUTTORI, PAOLO DEL BROCCO (RAI CINEMA) E GENNARO COPPOLA (COMPAGNO DI MANUELA CACCIAMANI, PRESIDENTE DI CINECITTA'), ‘STO “ALBATROSS” DI GIULIO BASE DEVE SUSCITARE VERAMENTE “GRANDE ATTENZIONE” VISTO CHE IL 18 GIUGNO SCORSO SAREBBE AVVENUTA UNA PROIEZIONE PRIVATA DEL FILM ALLA PRESENZA DI IGNAZIO LA RUSSA E DI SISTER ARIANNA MELONI…

cetrioloni per l italia - meme by edoardo baraldi giorgia meloni economia crisi soldi

DAGOREPORT - GIORGIA MELONI PUÒ FARE TUTTE LE SMORFIETTE CHE VUOLE MA A NATALE RISCHIA DI TROVARE SOTTO L'ALBERO UN'ITALIA IN GRANDE DIFFICOLTA' ECONOMICA. E SE I CITTADINI TROVERANNO LE TASCHE VUOTE, ANCHE IL PIU' INCROLLABILE CONSENSO PUO' SGRETOLARSI - IL POTERE D'ACQUISTO AUMENTA DELLO 0,9% ORA, MA NEGLI ULTIMI ANNI È CROLLATO DEL 20% - DA UN LATO L'INFLAZIONE TORNA A CRESCERE, DALL'ALTRO IL PIL CALA. E DAL 2026, CON LA FINE DEL PNRR, CHE HA "DROGATO" IL PRODOTTO INTERNO LORDO, LA SITUAZIONE NON POTRÀ CHE PEGGIORARE. SENZA CONSIDERARE L'EFFETTO TSUNAMI DEI DAZI DI TRUMP SU OCCUPAZIONE ED EXPORT - SE CI FOSSE UN'OPPOSIZIONE DECENTE, MARTELLEREBBE OGNI GIORNO SU QUESTI TEMI: SALARI DA FAME, TASSE CHE CONTINUANO A SALIRE, ECONOMIA CHE RISTAGNA. MA LA PRIORITÀ DI SCHLEIN SONO I GAY UNGHERESI E QUELLE DI CONTE E' FARE IL CANDIDATO PREMIER DEL CAMPO LARGO...