DAI TELEFONI A GETTONE AGLI SMARTPHONE: COME SI È EVOLUTO LO SPIONAGGIO INTERNAZIONALE

1 - "QUEL TELEFONO A GETTONI PER BEFFARE LE SPIE"
Vincenzo Nigro per "la Repubblica"

Spionaggio e controspionaggio. E tanta, tantissima "intossicazione". «Noi l'abbiamo fatto, gli altri lo hanno fatto contro di noi: noi ci siamo sempre difesi come potevamo, e quando potevamo anche noi facevamo i nostri colpi... gli altri avevano l'intelligence, noi lavoravamo di intelligenza».

Chi parla non è un politico di oggi. Non è per esempio Massimo D'Alema, ex premier, ministro degli Esteri e poi presidente Copasir, che ieri ha detto «non mi sorprende che gli americani usino lo spionaggio per difendere i loro interessi economici: l'Europa si dovrebbe difendere». Chi parla della piccola-grande guerra di spionaggio che l'Italia combatte e ha combattuto è Gennaro Acquaviva. Ex senatore socialista, era il capo della segreteria politica di Bettino Craxi a Palazzo Chigi.

C'è una leggenda, un mito che resiste: la notte è quella di Sigonella, quella in cui gli americani provarono a catturare con un blitz il capo palestinese Abu Abbas che aveva prima organizzato ma poi messo fine al dirottamento dell'Achille Lauro. Narrano che Acquaviva uscisse da Palazzo Chigi, e con un sacchetto di gettoni andasse nei bar della zona a telefonare gli ordini più segreti.

Acquaviva ride al telefono: «Non ero io, forse fu lo stesso Craxi... tutti noi in quelle ore sapevamo perfettamente che eravamo sotto il controllo del Mossad che forniva intelligence alla Cia e ai militari americani che pianificarono il dirottamento dell'aereo su cui viaggiava Abu Abbas.

In quelle ore certe decisioni non potevamo lasciarcele sfuggire. Così Craxi nei momenti decisivi spariva. Chiamava lui. Chiamò lui per esempio per dirci che era fatto l'accordo col governo jugoslavo, che Abu Abbas doveva essere trasferito di Ciampino a Fiumicino e che era pronta una carta d'imbarco per Belgrado. Si, è possibile che anche lui usasse i telefoni a gettone. Temeva di essere intercettato».

Era sicuro di essere intercettato anche l'ambasciatore Francesco Paolo Fulci, detto "canne mozze". Quando era rappresentante all'Onu aveva a che fare con un ambasciatore del gruppo anglosassone che era un vero tormento per l'Italia. Fulci costruì un telegramma diretto a Roma perfettamente falso, pieno di informazioni del tipo «questo ambasciatore è un totale cretino, sta danneggiando il suo governo in questo, questo e quest'altro... ». Poi classificò il telegramma "segretissimo e lo fece partire per Roma. Pochi mesi, e l'ambasciatore fu richiamato. La più classica manovra di controspionaggio: l'intossicazione.


2 - VENTOSE DIGITALI E ANTENNE LEGGI-LABBRA LE NUOVE CIMICI SONO SUPERSOFISTICATE
Maurizio Molinari per "la Stampa"

Una ventosa elettronica che copia le informazioni via cavo, un cellulare spento trasformato in trasmittente a insaputa del proprietario, antenne capaci di distinguere le sillabe a grande distanza, software appollaiati dentro i pc e il controllo capillare dei server del web: sono tanti e differenti gli strumenti dello spionaggio nell'era della sorveglianza elettronica, eredi diretti delle cimici del Novecento, protagoniste della Guerra Fredda.

Le rivelazioni di Edward Snowden certificano la trasformazione dello spionaggio dovuta all'avvento di Internet e dell'Information Technology. Se fino al 1991, quando l'Urss implose, la maggioranza delle informazioni veniva scambiata attraverso telefoni fissi, telescriventi in codice, via radio e con valigette diplomatiche, adesso diplomatici e spie adoperano Internet, smartphone e gadget digitali collegati alla nuova generazioni di linee di trasmissioni dati.

Di conseguenza lo spionaggio si è adattato, diventato più sofisticato e difficile da arginare perché quasi sempre la «cimice» non c'è in quanto l'intercettazione avviene in un luogo diverso da dove l'informazione ha origine.

Lo dimostra il «fiber tapping» ovvero la sorveglianza dei cavi a fibre ottiche attraverso l'apposizione di strumenti di controllo per estrarre e copiare le informazioni che vi transitano, potendo poi cercare cosa interessa. L'«estrazione» può avvenire sotto l'oceano, a centinaia di km da dove l'informazione desiderata ha origine, così come sottoterra, a pochi centinaia di metri dal luogo spiato.

A distanza avviene anche la sorveglianza dei computer, affidata a particolari software che, inviati per Internet, si insediano dentro i pc, osservano e copiano qualsiasi dato in una «casa madre» nell'isolato accanto o in un altro Continente. Ciò significa che ogni informazione che transita su linee telefoniche, fisse o cellulari, o Internet, può essere intercettata senza avere cimici in prossimità della persona sotto osservazione.

È questa la genesi dei dati a cui sistemi elettronici come «Prism» accedono attraverso i server al centro dello scambio di miliardi di informazioni ogni ora. Proteggersi da tale spionaggio elettronico è possibile solo con una criptazione capace di ingannare gli algoritmi della «Nsa» americana o delle centrali di intelligence di altri Paesi.

La sfida fra criptazioni e algoritmi nei server del web o sui cavi che attraversano gli oceani è la nuova frontiera della sfida fra 007. Ciò che più resta simile all'ascolto spionistico stile-Guerra Fredda sono le intercettazioni ambientali.

In questo caso le vecchie cimici - che in qualche caso vengono ancora utilizzate - sono superate da sistemi d'ascolto direzionali capaci di distinguere voci e contenuti a grande distanza. È la strumentazione con cui i droni danno la caccia alle voci dei jihadisti volando a grandi altezze e che può essere adoperata, con antenne collegate a satelliti, anche per ascoltare conversazioni singole, posizionandosi a breve distanza.

Senza contare il ricorso a invenzioni come le «roving bug» ovvero la trasformazione di un cellulare o del sistema elettronico di un'auto in trasmittente, per ascoltare in diretta cosa viene detto in un preciso momento. È proprio per proteggersi da tale rischio che Snowden, quando ha incontrato i reporter del «South China Morning Post» a Hong Kong, gli ha detto che non avrebbe parlato se non avessero prima messo tutti i cellulari dentro il frigo, dove l'attivazione a distanza non riesce.

 

MASSIMO DALEMA GENNARO ACQUAVIVA bettino craxi mossadFRANCESCO PAOLO FULCIEDWARD SNOWDEN

Ultimi Dagoreport

andrea orcel gaetano caltagirone carlo messina francesco milleri philippe 
donnet nagel generali

DAGOREPORT - LA CAPITALE DEGLI AFFARI A MISURA DUOMO, A CUI IL GOVERNO MELONI HA LANCIATO L’ANATEMA “BASTA CON I BANCHIERI DEL PD”, È IN TREPIDA ATTESA DI COSA DELIBERERÀ UNICREDIT DOMENICA PROSSIMA, A MERCATI CHIUSI - SI RINCORRONO VOCI SULLA POSSIBILITÀ CHE ANDREA ORCEL ANNUNCI L’ADDIO NON SOLO ALL’OPS SU BPM MA ANCHE ALLA SCALATA DI COMMERZBANK, PER PUNTARE TUTTA LA POTENZA DI FUOCO DI UNICREDIT LANCIANDO UN’OPS SU GENERALI - DOPO LE GOLDEN MANGANELLATE PRESE SU BPM, ORCEL AVRÀ DI CERTO COMPRESO CHE SENZA IL SEMAFORO VERDE DI PALAZZO CHIGI UN’OPERAZIONE DI TALE PORTATA NON VA DA NESSUNA PARTE, E UN’ALLEANZA CON I FILO-GOVERNATIVI ALL’INTERNO DI GENERALI COME MILLERI (10%) E CALTAGIRONE (7%) È A DIR POCO FONDAMENTALE PER AVVOLGERLA DI “ITALIANITÀ” - CHISSÀ CHE COSA ARCHITETTERÀ IL CEO DI BANCA INTESA-SANPAOLO, CARLO MESSINA, QUANDO DOMENICA IL SUO COMPETITOR ORCEL ANNUNCERÀ IL SUO RISIKO DI RIVINCITA…

parolin prevost

PAROLIN È ENTRATO PAPA ED È USCITO CARDINALE - IN MOLTI SI SONO SBILANCIATI DANDO PER CERTO CHE IL SEGRETARIO DI STATO DI BERGOGLIO SAREBBE STATO ELETTO AL POSTO DI PAPA FRANCESCO – GLI “AUGURI DOPPI” DI GIOVANNI BATTISTA RE, IL TITOLO FLASH DEL “SOLE 24 ORE” (“PAROLIN IN ARRIVO”) E LE ANALISI PREDITTIVE DI ALCUNI SITI - PERCHÉ I CARDINALI HANNO IMPALLINATO PAROLIN? UN SUO EVENTUALE PAPATO NON SAREBBE STATO TROPPO IN CONTINUITÀ CON BERGOGLIO, VISTO IL PROFILO PIU' MODERATO - HA PESATO IL SUO “SBILANCIAMENTO” VERSO LA CINA? È STATO IL FAUTORE DELL’ACCORDO CON PECHINO SUI VESCOVI...

matteo renzi sergio mattarella elly schlein maurizio landini

DAGOREPORT – IL REFERENDUM ANTI JOBS-ACT PROMOSSO DALLA CGIL DI LANDINI, OLTRE A NON ENTUSIASMARE MATTARELLA, STA SPACCANDO IL PD DI ELLY SCHLEIN - NEL CASO CHE UNA DECINA DI MILIONI DI ITALIANI SI ESPRIMESSERO A FAVORE DELL’ABOLIZIONE DEL JOBS-ACT, PUR NON RIUSCENDO A RAGGIUNGERE IL QUORUM, LANDINI ASSUMEREBBE INEVITABILMENTE UN'INVESTITURA POLITICA DA LEADER DELL'OPPOSIZIONE ANTI-MELONI, EMARGINANDO SIA SCHLEIN CHE CONTE - E COME POTRANNO I RIFORMISTI DEM, I RENZIANI E AZIONE DI CALENDA VALUTARE ANCORA UN PATTO ELETTORALE CON UN PD "LANDINIZZATO", ALLEATO DEL POPULISMO 5STELLE DI CONTE E DE SINISTRISMO AVS DI BONELLI E FRATOIANNI? - A MILANO LA SCISSIONE DEL PD È GIÀ REALTÀ: I RIFORMISTI DEM HANNO APERTO UN CIRCOLO IN CITTÀ INSIEME A ITALIA VIVA E AZIONE. MA BONACCINI DIFENDE ELLY SCHLEIN

sergio mattarella giorgia meloni

DAGOREPORT - L'ARDUO COMPITO DI MATTARELLA: FARE DA ARBITRO ALLA POLITICA ITALIANA IN ASSENZA DI UN’OPPOSIZIONE - IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA NON VUOLE SOSTITUIRSI A QUEGLI SCAPPATI DI CASA DI SCHLEIN E CONTE, NÉ INTENDE SCONTRARSI CON GIORGIA MELONI. ANZI, IL SUO OBIETTIVO È TENERE IL GOVERNO ITALIANO DALLA PARTE GIUSTA DELLA STORIA: SALDO IN EUROPA E CONTRO LE AUTOCRAZIE – IL PIANO DI SERGIONE PER SPINGERE LA PREMIER VERSO UNA DESTRA POPOLARE E LIBERALE, AGGANCIATA UN'EUROPA GUIDATA DA FRANCIA, GERMANIA E POLONIA E LONTANA DAL TRUMPISMO - LE APERTURE DI ''IO SONO GIORGIA" SUL 25 APRILE E AFD. MA IL SUO PERCORSO VERSO IL CENTRO E' TURBATO DALLL'ESTREMISMO DI SALVINI E DALLO ZOCCOLO DURO DI FDI GUIDATO DA FAZZOLARI...

francesco micheli

DAGOREPORT - IN UNA MILANO ASSEDIATA DAI BARBARI DI ROMA, SI CELEBRA LA FAVOLOSA CAPITALE DEGLI AFFARI CHE FU: IL CAPITALISMO CON IL CUORE A SINISTRA E IL PORTAFOGLIO GONFIO A DESTRA - A 87 ANNI, FRANCESCO MICHELI APRE, SIA PURE CON MANO VELLUTATA E SENZA LASCIARE IMPRONTE VISTOSE, IL CASSETTO DEI RICORDI: “IL CAPITALISTA RILUTTANTE” È IL DIARIO DI BORDO DELL’EX BUCANIERE DELLA FINANZA CHE, SALITO SULL’ALBERO PIÙ ALTO DEL VASCELLO, HA OSSERVATO I FONDALI OSCURI INCONTRATI NEL MARE MAGNUM INSIDIOSO DELL’ECONOMIA, SOMMERSA E SPESSO AFFONDATA - “IO E LEI APPARTENIAMO A ZOO DIVERSI”, FU IL VATICINIO DI CUCCIA – LUI, UNICO TESTIMOME A RACCOGLIERE LO SFOGO DI EUGENIO CEFIS SU QUEL “MATTO” DI CUCCIA CHE NEL GIORNO DELLE SUE CLAMOROSE DIMISSIONI DA MONTEDISON L’AVEVA ACCOLTO CON UN BEFFARDO: “DOTTORE, PENSAVO VOLESSE FARE UN COLPO DI STATO…”