
“TRUMP È DAVVERO UN LIBERALE, PER LA PRECISIONE UN FASCISTA LIBERALE” – IL FILOSOFO SLOVENO, SLAVOJ ZIZEK, NEL SUO NUOVO SAGGIO SPIEGA COME NEL TYCOON SI TENGANO INSIEME DUE TENDENZE POLITICHE SOLO APPARENTEMENTE OPPOSTE: “TRUMP NON È SOLTANTO AUTORITARIO, IL SUO SOGNO È ANCHE QUELLO DI CONSENTIRE AL MERCATO DI FUNZIONARE LIBERAMENTE NELLA FORMA PIÙ DISTRUTTIVA, DAL PIÙ BRUTALE PERSEGUIMENTO DEL PROFITTO AL DISCREDITO PER OGNI MODERAZIONE ETICA SUI MEZZI DI COMUNICAZIONE” – “CIÒ CHE DOVREBBE PREOCCUPARCI NON MENO DEL POTENZIALE CAOS ECONOMICO È LA DISGREGAZIONE DELL’ORDINE ETICO-POLITICO GLOBALE, PERSEGUITA CONSAPEVOLMENTE DA TRUMP…”
Estratto dell’articolo di Cesare Martinetti per “TuttoLibri – La Stampa”
Ma che cos’è in realtà il “trumpismo”? Come definire la dottrina politica di Donald Trump? Per rispondere a questa domanda, il filosofo sloveno Slavoj Zizek ricorre a uno dei suoi abituali e provocatori paradossi: Fascismo liberale.
E come si tengono insieme due universi ideali apparentemente così opposti? Zizek ricorda che all’apparire sulla scena mondiale del tycoon, da lui definito semplicemente “un liberale”, venne pesantemente attaccato dalla sinistra liberal: come poteva ignorare che Trump è in realtà un “fascista”?
La replica arriva ora con un dosato pamphlet nel quale Zizek ha raccolto le riflessioni sul fenomeno del Populista Principe, ritornato alla Casa Bianca dopo una vittoria netta nella sfida con la democratica Kamala Harris, dimostratasi nelle urne ancora meno efficace di Hillary Clinton nel 2016. […]
trump e il fascismo liberale - Slavoj Zizek
Lo tsunami Trump nel frattempo aveva travolto l’opinione pubblica dell’America profonda, senza risparmiare nessun mezzo, compreso lo squadrismo messo in scena nell’assalto al Campidoglio. Il film Civil War di Alex Garland, uscito l’anno scorso e liberamente ispirato a quel drammatico avvenimento, ha suscitato non solo in America emozione e dibattito, perché rappresentava la possibilità stessa di una guerra civile. […]
E sulla tolleranza nei confronti di fascisti e nazisti, la storia europea del secolo scorso ha scritto pagine nere, Italia compresa, dove proprio liberali doc come Giolitti, Croce ed Einaudi si erano illusi sul fatto che il sistema democratico parlamentare avrebbe potuto assorbire l’insorgenza mussoliniana. Non fu così.
Nel libretto, pubblicato dal Ponte alle Grazie e seccamente titolato Trump e il Fascismo liberale (con la traduzione di Laura Berna e Vincenzo Ostuni), Zizek non delude i suoi affezionati lettori, abituati agli ossimori nei titoli dei suoi saggi: ateismo cristiano, trash sublime, libertà malattia incurabile, il coraggio della disperazione… Nell’argomentazione del filosofo sloveno, la politica si incrocia con la psicanalisi e la lettura del reale avviene anche attraverso l’interpretazione di simboli profondi.
E dunque, perché fascista e liberale? «Trump - scrive Zizek - è davvero un liberale, per la precisione un fascista liberale, la prova definitiva che liberalismo e fascismo funzionano assieme, che sono le due facce della stessa medaglia.
Trump non è soltanto autoritario, il suo sogno è anche quello di consentire al mercato di funzionare liberamente nella forma più distruttiva, dal più brutale perseguimento del profitto al discredito per ogni moderazione etica (di tipo antisessista e antirazzista) sui mezzi di comunicazione accusati di esprimere forme di socialismo».
Il percorso è naturalmente contraddittorio, anzi schizofrenico: Trump promette libertà, apertura, deregolamentazione... e poi impone i dazi, che sono per natura il contrario dell’assenza di regole.
Nel rapporto con i media, poi, si è mostrato assai poco liberale: minacce aperte a due quotidiani che non sono certamente su posizione “di sinistra” (ammesso che anche in questo contesto voglia dire ancora qualcosa) come Wall Street Journal per la critica alla politica dei dazi e al Washington Post per aver annunciato che non sarebbero più state pubblicate opinioni che contraddicevano le libertà individuali e di mercato.
MEME SU DONALD TRUMP GOLFISTA E DAZISTA
La conclamata crisi delle democrazie tradizionali, nell’efficacia di governo e nel riconoscimento collettivo dei simboli e dei legami sociali, spinge la “trumpizzazione” nel mondo. Un esempio grottesco è il ruolo giocato in questa partita da Elon Musk incaricato dal presidente di «liberare gli americani dal peso dello Stato e dal controllo che esso esercita sulle tasche dei cittadini», pur essendo nella realtà un monopolista dell’hitech, come gli altri magnati del digitale, ivi compresi maghetti e stregoni delle criptovalute.
È il paradosso - un altro - delle “libertà obbligatorie”, una combinazione unica di libertà formali e dittatura politica degli esperti, monarchi corporativi sostenuti dai tecnici e affermata consapevolmente come dimostra la politica estera orientata alla legittimazione della forza e alla finalizzazione del business, in Mediorente come nella crisi russo-ucraina.
«Intanto - scrive Zizek - ciò che dovrebbe preoccuparci non meno del potenziale caos economico è la disgregazione dell’ordine etico-politico globale, perseguita consapevolmente da Trump. Gli Stati Uniti, insieme a molti altri stati, stanno commettendo o partecipando a crimini di guerra in modo seriale, senza nemmeno provare più a giustificarli con scuse di facciata: lo si fa semplicemente perché lo si può fare. Il mondo intero sta gradualmente subendo brutalità inaudite che vengono così normalizzate».
È il “totalitarismo liberale” teorizzato con brutalità dal vicepresidente J. D. Vance nel “famigerato” (secondo Zizek) discorso di Monaco: «chi ci attacca è in realtà schiavo di una falsa nozione di libertà». Gli estremi alla fine si toccano: i grandi nemici della cancel culture fanno lo stesso, anzi peggio.
E il più autentico profeta del trumpismo è proprio il suo vice: se Donald è il «clown, umano nella sua volgarità», Vance è invece il «freddo robot», destinato a gestire la prossima fase, quella dell’«oppressione pura e semplice».