1- ANCHE IL GOVERNO MONTI HA LA SUA MINETTI. IL MINISTRO ORNAGHI NOMINA ALESSANDRO TUZZI, SUO GIOVANE PORTABORSE NELL'UNIVERSITA' CATTOLICA, NEL CDA DELLA SCALA AL POSTO DI FRANCESCO MICHELI, UNO DEI POCHI CHE SI INTENDE DI MUSICA E FINANZA 2- L'INDIGNAZIONE DI PISAPIA. CHI NE GODE E' IL RASPUTIN DEL MIBAC, SALVO NASTASI, CHE VEDE ACCRESCIUTO IL RUOLO ALL'INTERNO DEL TEATRO DEL SUO PROTETTO AMORUSO 3- SUPERORNAGHI: IL NUOVO INCARICO DI MARIO RESCA CONFLIGGE. E PURE TANTO. LA DIREZIONE GENERALE PER LA VALORIZZAZIONE DEL MIBAC, DI CUI È ANCORA DOMINUS, È IN PATENTE CONFLITTO CON GLI INTERESSI DELL’ACQUA MARCIA CHE NEL SUO GREMBO GESTISCE LA PROPRIETÀ DI MOLTE “DIMORE STORICHE”, SOGGETTE A FINANZIAMENTI MINISTERIALI 4- IL CONFLITTO EPIDEMICO A MILANO: LA SCANDALOSA NOMINA ALLA TRIENNALE DI DE ALBERTIS 5- ESPLODE IL CONFLITTO DI ALBINO RUBERTI, AD DI ZETEMA E SEGRETARIO DI CIVITA 6- L'AFFANNO DI GIANNI LETTA PER SALVARE ARCUS MA PASSERA NON PUò FARE NULLA

DAGOREPORT/1
Cda Scala: anche il governo Monti ha la sua Minetti. Ornaghi nomina Alessandro Tuzzi, suo giovane portaborse nell'Universita' Cattolica nel consiglio di amministrazione del piu' prestigioso teatro del mondo al posto di Francesco Micheli, uno dei pochi che si intende di musica e finanza. L'indignazione del sindaco Pisapia e di Giulia Maria Crespi. Chi ne gode e' il rasputin dei Beni Culturali, Salvo Nastasi, che vede ora accresciuto il ruolo all'interno del Teatro del suo protetto Marco Aldo Amoruso.

DAGOREPORT/2
Sembrava fosse ancora vivo, seppure cloroformizzato dalla volontà di potenza di Lorenzo Ornaghi, il cuore del Ministero dei Beni Culturali quando si è diffusa la notizia che Mario Resca aveva assunto l'incarico di salvare l'Aqua Pia Antica Marcia. Un fremito, un sussulto appena. Niente di che. Da non sottovalutare, però. Perché il nuovo incarico di Mario Resca confligge. E pure tanto.

La direzione generale per la Valorizzazione del MiBAC, di cui è ancora dominus, è in patente conflitto con gli interessi dell'Acqua Marcia che nel suo grembo gestisce la proprietà di molte «dimore storiche», soggette a finanziamenti ministeriali, ma soprattutto vanta un congruo capitolo nel business turistico e culturale.

Le voci di dentro del Collegio Romano riferiscono con sdegno che «è molto difficile poter pensare ad un'imparzialità di giudizio» quando nella stessa persona si riuniscono le competenze di chi deve finanziare e di chi deve essere finanziato, di chi deve controllare e di chi deve essere controllato. «I 166.745 euro di retribuzione annua da direttore generale
potrebbero essere diversamente meglio spesi» concludono i più sdegnati.

Tanto che qualcuno più sdegnato, ma anche più spiritoso, più colto e più vivo, non ancora sommerso dal sopore della gestione di Ornaghi, ha già preparato un regalo per Mario Resca, quando dovrebbe essere costretto a lasciare il suo mistero per scadenza del suo mandato. Un pacchetto con un libro: Il conflitto epidemico di Guido Rossi pubblicato già da un po' da Adelphi, considerato a torto un libro contro Silvio Berlusconi che, nelle molteplici forme del suo potere, ha saputo modellare, in quasi vent'anni di dominio della politica e dell'informazione, l'Italia intera alle leggi dei suoi interessi incrociati.

Guido Rossi, avvocato e giurista, grand commis della sinistra capitalista, pensava invece di aver scritto una fenomenologia della decadenza del capitale. All'origine della crisi che stiamo attraversando infatti c'è proprio quel conflitto che, rimasto allo stato latente in molte forme di scambio economico, all'improvviso è scoppiato come un'epidemia da cui non sembra ancora si siano trovati gli antidoti.

E poi dicono che torna di moda Karl Marx! Sì perché il marxismo senza il comunismo piace e si porta di nuovo molto bene. E potrebbe aiutarci almeno a capire come funzionano le economie che ci governano condizionando il funzionamento intrinseco della democrazia.

Per chi volesse soffrire ancora di più, consigliamo la lettura dell'ultimo libro di Guido Carandini, Racconti della civiltà capitalistica, che parla di un passato lungo più di settecento anni per cercare di capire cosa sia successo in questi ultimi sette mesi. Nessuno riflette sul fatto che i centri di potere, diciamo i soggetti del capitalismo finanziario che muovo la quasi totalità delle transazioni del modo intero non sono più di 740.

Si sa che sono in molti ad aver accettato la sfida delle 540 pagine di Carandini. Si aspettano notizie dai sopravissuti. Tutto questo per dire come il conflitto intrinseco nel cieco interesse del profitto finanziario potrebbe aver già provocato un disastro economico mondiale irreversibile.

Tutto questo se pensiamo in grande. In Italia, dove spesso siamo costretti a pensare in piccolo, scopriamo quanto sia diventata endemica anche nei territori marginali della economia della cultura l'epidemia del conflitto di interessi. Quando Berlusconi impose Resca alla direzione generale della Valorizzazione, molte lamentazioni si levarono per stigmatizzare che il suo curriculum brillava per l'esperienza manageriale al vertice della McDonalds. Hamburgers, insomma.

Sulla Repubblica, supplemento finanza, Eugenio Occorsio ha tirato un po' di somme sull'industria culturale scoprendo una risorsa invisibile, un giacimento di fondi inutilizzati del Ministero di Ornaghi e Resca. Sembra, ma le cifre ballano, che i fondi passivi non spesi ammontano a oggi a 530 milioni di euro.

Intanto di taglio in taglio in Italia le spese della cultura preventivate per quest'anno ammontano ad appena 1,42 miliardi quasi la metà di quanto si doveva spendere tre anni fa. E il MiBAC, a dispetto della penuria in cui versa la cultura, deve restituire al Ministero del Tesoro ben 60 milioni di euro che non è stao capace di utilizzare. E dove è finita nel frattempo la rivoluzione culturale di Resca?

Non c'è bisogno di citare Jean Clair per ironizzare sulla scarsa qualità tecnica delle opre d'arte della nostra postcontemporaneità, si potrà anche discutere sulla etica dell'artista moderno difronte al teschio di diamanti di Damien Hirst, si potrà persino sognare ogni notte l'intera collezione Pinault come un incubo, ma mettere davvero un venditore di hamburger al Maxxi poteva venire in mente solo a un artista situazionista alla Guy Debord! Soprattutto poi perchè quel venditore di panini, messo di fronte alla sfida di valorizzare, si è rivelato culturalmente incapace di adeguare la sua cultura della valorizzazine alla valorizzazione della cultura. E ha finito per valorizzare solo se stesso.

Un fallimento. Come nella poesia di Gioaccchino Belli, sullo studente che tradusse in latino con «exercitus lardi» la proposizione italiana «l'esercito è distrutto», ed «ebbe il premio», anche a Resca il premio è arrivato con il passaggio all'Acqua Marcia. Uno più attento si preoccuperebbe. Non per via del nome. Acqua Marcia non è una bella cosa. La battuta sarebbe pessima se non fosse per il maelstrom giudiziario che ha travolto la società ora presieduta da Camillo Caltagirone, dopo che il padre Caltagirone Bellavista per tante operazioni sospette grandi come il porto di Imperia, appunto, è finito nelle patrie galere e poi ai domiciliari.

Per inciso, senza che le colpe dei padri ricadono sulle figlie, la moglie di Bellavista Caltagirone è la figlia del petroliere Nino Rovelli, che ha condizionato col suo potere la politica economica dell'Italia degli anni Settanta, come sanno ancora bene in Sardegna.

Il conflitto epidemico assume multiformi figure come i mostri delle leggende antiche, rinascendo sempre più invincibile e moltiplicandosi come i denti del drago di Teseo.
Per esempio a Milano, con un colpo di mano contro l'assessore Stefano Boeri e a dispetto del sindaco Pisapia i consiglieri di amministrazione sono riusciti con un brillante colpo di mano a nominare alla Triennale, il museo dell'architettura e del design, Claudio De Albertis, presidente di Assimpredil Ance, per sostituire il berlusconiano effimero Davide Rampello, famoso per aver dedicato una costosissima mostra a Striscia la notizia, che con la Triennale poco c'entrava, ma che era lo stesso bellissima, oltre ad aver riformato il bar del museo, aumentandone i frequentatori, si è illustrato come manager lasciando un buco finanziario di cui prima o poi si dovrebbero conoscere il perimetro e le ragioni.

Il motivo per cui Pisapia e Boeri vedono la nomina di Albertis come un affronto politico tocca il cuore del problema dello sviluppo edilizio di Milano. De Albertis, che è fratello di Carla De Albertis, già assessore Pdl della dimenticata Letizia Moratti, avrebbe controllato con l'allora assessore all'Urbanistica Carlo Masseroli, le percentuali edificabili del Pgt, una specie di piano regolatore del governo, preparato per L'Expo di Milano.

Pioggia di critiche e qualche affondo, in particolare per gli interessi che l'associazione di imprenditori edili avrebbe sull'Expo 2015. Insomma non è offensivo definire De Albertis un grande lobbysta del mattone, nel senso che, legittimamente, il suo ruolo nell'Ance prevede che difenda gli interessi dei costruttori. Come questi interessi saranno rappresentati nella Triennale è per ora un mistero.

In una provvidenziale intervista al Corriere della Sera ha subito dichiarato: «Non farò nessun passo indietro rispetto alla mia attività professionale. Non c' è conflitto di interesse. Sono orgoglioso di fare l' imprenditore». Capito?!

Studiando le forme dell'epidemia così ben raffigurata dalle teorie di Guido Rossi, parente stretto del conflitto di interessi, è quel fenomeno altrettanto deleterio che si chiama crossboarding: occupare molti posti per seguire un solo interesse. Bisogna dire che il governo Monti ha ottenuta una grande vittoria quando ha imposto ai più importanti banchieri italiani, spesso in rappresentanza di interessi politici, di occupare più posti contemporaneamente.

Persino un protagonista della vita bancaria italiana del potere di Palenzona è stato costretto ad adeguarsi dovendo scegliere lasciando Mediobanca per l'Unicredit, e Marina Berlusconi lasciando Mediobanca per la Fininvest.

Chi invece non ha nessuna intenzione di scegliere è per esempio Albino Ruberti segretario generale dell'associazione Civita che si occupa di cultura, musei, di conservazione e valorizzazione del patrimonio culturale, per statuto senza scopo di lucro, è anche amministratore delegato di Zetema, la società in house del comune di Roma, al 100 per cento del capitale, oltre che amministratore delegato di Civita servizi, la società che si occupa di gestioni museali.

Insomma può acadere che l'amministrazione delegato di Zetema commissioni e finanzi un progetto all'amministratore delegato di Civita servizi guardandosi allo specchio.

 

La cultura berlusconiana ha lasciato una sindrome di impunità che alimenta i vasti territori della Malacultura nazionale. Ci chiede pere esempio, per quale ragione Gianni Letta si sia precipitato dal superministro Corrado Passera che appena l'ha visto entrare gli ha subito detto, pressappoco: «Se sei venuto per Arcus, non ti posso nemmeno ascoltare: Arcus va chiusa e basta! Lo devo fare» e così sarà la prossima settimana, quando Arcus sarà chiusa per davvero, mandato a casa il consiglio d'aminstrazione, l'amministratore delegato e il presidente ambasciatore Ludovico Ortona che subito dopo sarà nominato dal governo nuovo commissario. Insomma, cambiare tutto per non cambiare niente.

 

 

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