RAI PANICO - IL GOVERNO SMENTISCE: “NON FAREMO PAGARE IL CANONE CON LA BOLLETTA ELETTRICA”. MA IL PRELIEVO DI 170 MILIONI (L’ANNO) FA TREMARE VIALE MAZZINI: 4 MILA LICENZIAMENTI

1. RAI TAGLIO DA 170 MILIONI: GUBITOSI SI RIBELLA A RENZI
IL DIRETTORE GENERALE CONTRO COTTARELLI CHE VUOLE SFORBICIARE IL CANONE
Marco Palombi e Carlo Tecce per "il Fatto Quotidiano"

La Rai, come ha scritto ieri il Fatto Quotidiano, è finita nel mirino del Commissario alla spending review. Il risparmio richiesto a Viale Mazzini per il 2015 è di 170 milioni di euro, ovvero il 10 per cento della raccolta da canone che il Tesoro gira alla tv di Stato, cioè 1,7 miliardi: Carlo Cottarelli ha formalizzato la cosa in una lettera inviata nei giorni scorsi al direttore generale della Rai Luigi Gubitosi.

Questa previsione non ha nulla a che fare col decreto sul taglio Irpef da 6,7 miliardi che il governo approverà domani, visto che la decurtazione ha effetto dal 2015, ma molto con l'enormità di risparmi da revisione della spesa scritta dal governo nel Def: 17 miliardi a bilancio già l'anno prossimo. "Anche la Rai deve contribuire alla spending review", ha spiegato Carlo Cottarelli al povero Gubitosi in un incontro avvenuto la scorsa settimana.

La risposta del direttore generale della tv pubblica è arrivata sempre sotto forma di lettera: Gubitosi ha riassunto al commissario il piano di risparmi già messo a punto e spiegato che, per accontentarlo, si dovrebbero decurtare pesantemente gli stipendi del personale (e non solo dei dirigenti, visto che solo 58 su 622 guadagnano più di 200 mila euro, cioè più del nuovo tetto agli stipendi) e predisporre la vendita di "asset rilevanti" dell'azienda a partire dalle quote di Rayway - che possiede e gestisce gli impianti di diffusione del segnale e, secondo Mediobanca, vale 600 milioni in tutto - e alcune frequenze tv al momento non utilizzate.

Pur facendo tutto questo, ha spiegato il dg, un taglio secco di 170 milioni dal 2015 in poi è semplicemente "insostenibile": tanto più che la vendita degli asset è un'entrata una tantum, mentre la perdita di trasferimenti è strutturale. Per di più, sostiene il manager, tra i 100 milioni abbondanti dei diritti per i mondiali di calcio e la sforbiciata del Tesoro il prossimo bilancio è destinato a chiudersi in rosso per centinaia di milioni di euro. Meglio sarebbe, la linea di Gubitosi, lavorare sul recupero del canone evaso: non lo pagano oltre il 26 per cento dei nuclei familiari per una perdita di quasi 600 milioni l'anno.

Anche il consigliere d'amministrazione (in quota Forza Italia) Antonio Verro ieri mattina ha fatto sentire la sua voce: "Un taglio sarebbe paradossale e incomprensibile. Il canone è un'imposta di scopo pagata direttamente dai cittadini e, secondo la legge, può essere utilizzato per finanziare esclusivamente l'attivita del servizio pubblico Radio-tv". L'Usigrai, il sindacato interno, ha fatto la sua bella nota: "Il prelievo forzoso di 170 milioni di euro dal canone metterebbe in ginocchio la Rai e l'intero indotto audiovisivo. Un intervento che metterebbe a rischio i posti di lavoro di migliaia di famiglie".

Il partito Rai, però, non è mai stato così debole: il povero Luigi Gubitosi, nonostante molti tentativi non è mai riuscito a farsi una chiacchierata con Matteo Renzi a tu per tu (s'è dovuto accontentare di un emissario e non di quelli di peso). È la debolezza che spiega il perché sindacati, dirigenti e cacicchi vari di Viale Mazzini si siano accontentati, per gioire , di un paio di veline del governo.

Il Tesoro, ad esempio, ieri mattina ha fatto circolare una delle previsioni che lo stesso Cottarelli aveva avanzato come contentino nella sua lettera a Gubitosi: "Stiamo studiando un provvedimento per il recupero dell'evasione del canone Rai. L'introito eventualmente recuperato, circa 300 milioni, andrebbe per metà al Tesoro e per metà alla Rai". L'idea sarebbe la solita: far pagare il canone attraverso la bolletta energetica. Palazzo Chigi, però, ha smentito anche questo: "Non lavoriamo a nessun intervento sul canone Rai".

Il partito di Viale Mazzini, comunque, s'è accontentato: "Buona notizia", hanno detto in coro. Forse anche perché in Rai tutti sanno che su qualcosa, alla fine, dovranno cedere: Cottarelli nel 2015 deve trovare 17 miliardi per Matteo Renzi e tutti dovranno fare la loro parte, "anche la Rai", come gli ha chiarito per iscritto il commissario.


2. IL CAVALLO RAI SOTTO SCACCO - LA PURGA IN ARRIVO FA PAURA
Marco Castoro per La Notizia (www.lanotiziagiornale.it)

Rai panico. Non è il nome di una nuova struttura di Viale Mazzini ma lo stato d'animo in cui si vive nei palazzi della tv di Stato. Se Cottarelli e il governo vogliono 170 milioni da sottrarre alle entrate del canone che il Tesoro gira alla Rai, l'azienda - dicono a Viale Mazzini - chiude. Fallisce. E si va tutti a casa. Significa tagliare 3-4 mila dipendenti e gran parte dell'indotto. Montaggio, attori, server, agenzie, strutture di vario genere. Altre 2-3 mila persone che perderebbero il posto di lavoro. E pensare che proprio ieri, un altro componente dello stesso governo che bussa a denari, il ministro Franceschini, ha chiesto alla Rai di investire di più nel cinema, altrimenti l'industria che dà linfa alla settima arte va a gambe all'aria. Quindi da qualsiasi parte la giri il governo vuole strizzare il Cavallo di Viale Mazzini.

COME RECUPERARE I SOLDI
L'idea di Cottarelli consisterebbe nel rimediare i soldi dalla lotta all'evasione del canone. Rispolverando il progetto Petroni, appoggiato dall'allora dg Masi, finito però inesorabilmente nel cassetto. In pratica il canone verrebbe pagato nella bolletta dell'energia elettrica. Si potrebbero recuperare circa 300 milioni, di cui 150 spetterebbero al Tesoro. Ma per farlo occorre una legge. Non basta il decreto del consiglio dei ministri.

Il provvedimento dovrebbe passare per le forche caudine del Parlamento. Ce li vedete i 5 Stelle votare una simile proposta? E Forza Italia? Perfino il Pd si spaccherebbe su una legge così impopolare. Senza pensare alla gente che prenderebbe in mano i forconi...
Palazzo Chigi ha comunque smentito che il governo abbia intenzione di prendere i soldi dal canone per pagare gli ormai famosi 80 euro in busta paga che il premier Renzi ha promesso ai lavoratori.

DEFICIT E STIPENDI
Ogni anno il gettito che arriva dalla riscossione del canone è pari a 1,7 miliardi di euro. Il Tesoro ne rigira circa l'80% alla Rai. Viale Mazzini nel 2013 ha chiuso con 5 milioni in attivo. Tuttavia il debito regresso è di oltre 440 milioni, ai quali vanno aggiunti i 140 in perdita messi in preventivo per il 2014, anno in cui ci sono le spese dovute ai Mondiali di calcio. Ma alla Rai ci sono pure stipendi esagerati che sono usciti indenni dalle tagliole dovute ai tetti. Il dg Luigi Gubitosi, che però non va dimenticato è un capo azienda, percepisce 660 mila euro lordi l'anno.

Il presidente Tarantola 315 mila. Ma i compensi su di giri in azienda sono diversi. Ci sono, a esempio, Marano e Orfeo che non stanno certo lì per beneficenza. Per non parlare dei contratti di conduttori, registi e personaggi dello spettacolo che non possono essere ridimensionati altrimenti se ne andrebbero alla concorrenza.

LA MOSSA DI RENZI
Il Pd renziano ha una grande voglia di entrare nella partita Rai. Anche perché i democratici non hanno nessun rappresentante di riferimento all'interno del cda, avendo assegnato a suo tempo le due poltrone a disposizione nel cda a due benemeriti della società civile (Colombo e la Tobagi) come volle Bersani per far vedere che il partito era fuori dai giochi di potere.

Se il consigliere Todini (nominata presidente di Poste italiane) si dimetterà dal cda, la Vigilanza entro 30 giorni dovrà scegliere il sostituto. Che sarà un Pd, a meno che non si raggiunga un accordo politico. Nonostante ci sia Nino Rizzo Nervo, vicino a Gentiloni, che potrebbe subentrare alla Todini nel cda, è molto probabile che venga nominato un consigliere più giovane scelto personalmente dal premier.

LA TODINI E LA VIGILANZA
"Sono certo che Luisa Todini deciderà di presentare le dimissioni, pur non persistendo incompatibilità di legge tra i due incarichi", è il parere di Salvatore Margiotta, vice presidente della commissione Vigilanza Rai e relatore contratto di servizio Rai-Stato 2016. "A quel punto il Pd - aggiunge Margiotta - già sottorappresentato nel consiglio di amministrazione, per una scelta a mio avviso impulsiva ed errata, potendo oggi contare sulla maggioranza in Vigilanza, potrà rivendicare una scelta di chiara matrice democratica. Il partito - nulla è stato discusso, sono mie considerazioni - dovrà guardare a nomi di qualità e di spessore, con curricula eccellenti, magari, perché no, che abbiano maturato esperienze in Rai".

Ma il centrodestra farà di tutto per convincere la Todini a non dimettersi. Senza di lei perderebbe la maggioranza. La partita è tutt'altro che chiusa.

 

 

 

 

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