1. GRILLO INGRANA LA RETROMARCIA SU ROMA (“È IN ATTO UN COLPO DI STATO”) E LA PASIONARIA SABINA GUZZANTI, GIA’ PRONTA PER L’ASSALTO AL PARLAMENTO, S’INCAZZA: “NOI SIAMO IN PIAZZA GRILLO S'È SFILATO LE SPARA GROSSE E POI SI CAGA SOTTO” 2. ANCHE STEFANO RODOTA’, DOPO QUALCHE ORA DI RITARDO, CAPISCE LA PORTATA DELLA GAFFE E SI SMARCA DALLE STRONZATE PERONISTE DEL LEADER PENTASTELLUTO: “SONO CONTRARIO A QUALSIASI MARCIA SU ROMA. RISPETTARE IL PARLAMENTO” 3. GRASSO: “NAPOLITANO È IL PRESIDENTE DI TUTTI. PARLARE DI GOLPE È INFAMANTE” 4. BERLUSCONI: “ANCHE LA COMICA MARCIA SU ROMA DI GRILLO E DEL SUO FASCISMO BUFFO” 5. SI DIMETTE L’INTERA SEGRETERIA DEL PD - L’OPA DI BARCA E VENDOLA SUL PARTITO

1. SI GAGA SOTTO
SabinaGuzzanti (@SabinaGuzzanti)
20/04/13 20:55
Noi siamo in piazza #grillo s'è sfilato le spara grosse e poi si caga sotto

2. GRILLO DISERTA LA PIAZZA - BERLUSCONI: DAL M5S FASCISMO BUFFO
L'ALTOLÀ DEL GIURISTA: "SONO SEMPRE STATO CONTRARIO ALLE MARCE SU ROMA"
Lastampa.it

«È in atto un colpo di Stato. È necessaria una mobilitazione popolare davanti a Montecitorio. Dobbiamo essere milioni». La reazione di Beppe Grillo alla rielezione di Giorgio Napolitano al Quirinale («l'inciucio» tra Pd e Pdl, lo definisce) è molto dura. Il leader del M5S annuncia il suo arrivo in camper a Roma, in serata, ma «per tutto il tempo necessario».

Il "palazzo" reagisce con sdegno e preoccupazione mentre i militanti a cinque stelle preparano la piazza all'arrivo del loro leader. Poi, poco dopo le otto, Grillo frena e rinvia l'arrivo a Roma a domenica, quando, più semplicemente, «incontrerà stampa e simpatizzanti». «Organizzeremo una manifestazione», si affretta a precisare Vito Crimi, capogruppo al Senato e fedelissimo del blogger genovese. La decisione del rinvio da parte di Grillo arriva dopo contatti informali tra il suo entourage e le autorità di sicurezza, già allertate, per evitare criticità inaspettate in piazza.

L'annuncio della adunata è stato deflagrante: Stefano Rodotà, candidato alla presidenza del M5S e "beneficiario" diretto della indignazione a cinque stelle, non nasconde la sorpresa e molla il blogger genovese: «Sono contrario a qualsiasi marcia su Roma», spiega il professore che non ci sta a passare per il leader di una rivolta.

Poi la reazione dei presidenti di Camera e Senato, Laura Boldrini e Piero Grasso: «Napolitano è il presidente di tutti - scrivono in una nota congiunta - Parlare di golpe è infamante». E a seguire i commenti di tutti partiti. Dal Pd arrivano le parole preoccupate di Dario Franceschini: «Questa Marcia su Roma è una cosa che non va sottovalutata - spiega - È una cosa preparata». Silvio Berlusconi usa l'ironia: «Adesso anche la comica marcia su Roma di Grillo e del suo fascismo buffo», scrive in una nota il leader del Pdl.

Il blogger genovese, però, riceve l'appoggio delle ali estreme extraparlamentari, di destra e di sinistra. A mobilitarsi sono Forza Nuova, Rifondazione Comunista e Casa Pound che si riversano in piazza davanti a Montecitorio. Grillo si avvicina a Roma in camper. Intanto, i parlamentari del M5S in Aula votano compatti Rodotà e ricevono l'appoggio di Sel.

Al momento della proclamazione di Napolitano, senatori e deputati si alzano in piedi ma non applaudono in segno di dissenso con la scelta della rielezione del capo dello Stato da parte di Pd, Pdl e Lista Civica. Poi corrono tutti davanti a Montecitorio dove salutano la folla che si è radunata prima per chiedere l'elezione di Rodotà e, dopo pochi minuti, per protestare contro la rielezione di Napolitano.

C'è tensione in piazza, dove le forze dell'ordine si schierano a protezione del "palazzo".
Risuonano ancora le parole di Grillo sul blog: «Ci sono momenti decisivi nella storia di una Nazione. Oggi, 20 aprile 2013, è uno di quelli - scrive Grillo - Nel dopoguerra, anche nei momenti più oscuri della Repubblica, non c'è mai stata una contrapposizione così netta, così spudorata tra Palazzo e cittadini. Qui o si fa la democrazia o si muore come Paese». Arrivano notizie di piccole proteste in corso a Pescara, Torino, Bari. Pullman in partenza per raggiungere la capitale. L'aria è tesa.

I parlamentari del M5S, riuniti in assemblea a Montecitorio, frenano: «Nessun tipo di violenza sarà mai tollerata dal Movimento Cinque Stelle», scrivono alcuni deputati sui loro profili Facebook. Il timore è che la situazione possa sfuggire di mano. Anche Grillo interviene ed invita ad «isolare i violenti». Poco dopo ufficializza il passo indietro, rinviando tutto a domani.

Resta da capire a cosa può portare, nelle intenzioni del M5S, la prova di forza della piazza. Alla Camera e al Senato i parlamentari "stellati", molto probabilmente, si avviano a guidare l'opposizione di un eventuale governo di larghe intese Pd-Pdl-Lista Civica. Loro già immaginano di chiedere la presidenza del Copasir e della commissione Bilancio per «controllare tutto quello che hanno fatto in questi anni e vogliono fare».

2. SI DIMETTE L'INTERA SEGRETERIA DEL PD
L'OPA DI BARCA E VENDOLA SUL PARTITO
Ansa,it

Bersani assicura che non andrà «all'estero» ma, con le dimissioni sue e della segreteria, il Pd apre il congresso anticipato che, forse attraverso una reggenza, porterà ad un nuovo leader ma, visti i passaggi, non prima di settembre. Nessuno, però, sa se per allora il partito esisterà ancora visto che la guerra intestina degli ultimi giorni, ammettono in molti, «ha fatto implodere il Pd».

E il rischio che si paventa è che il Pd, dopo le dimissioni dell'intera segreteria, si spacchi in due, se non addirittura in tre, dopo che oggi l'endorsement di Vendola e Barca per Rodotà viene unanimamente interpretato come l'avvio dell'Opa ostile sul Pd.

L'ultimo giorno di Bersani da segretario finisce nella commozione in cui il leader si scioglie subito dopo la rielezione di Giorgio Napolitano, per il quale il segretario si spende dopo gli insuccessi per portare al Colle Franco Marini e Romano Prodi. L'ex leader lascia il testimone al vice, Enrico Letta, che però difficilmente guiderà, da solo, il partito fino al congresso.

Sia perché, nonostante le smentite, Letta è dai più indicato come il vicepremier di un futuro governo del presidente. Sia perché in un partito del «tutti contro tutti» nessuno si fida più di nessuno, tantomeno del vice che per mesi ha sostenuto con lealtà le scelte del leader. «Basta con i soliti noti che fanno i soliti errori», sentenzia Giuseppe Fioroni, che chiede una gestione collegiale.

Ma, al di là delle rivalità personali, l'impressione è che il Pd negli ultimi giorni sia stato ridotto a «monadi» che vagano, polverizzando la «ditta». Il punto di rottura è che, evidenzia un vecchio dirigente ex Dc, «nella Democrazia Cristiana e nel Pci ci si scannava dentro le riunioni ma poi, una volta votata la linea, ci si adeguava».

Ed invece sia su Marini sia su Prodi, si sono scaricati i franchi tiratori, i «traditori» come li ha bollati Bersani nella drammatica riunione di ieri sera, dietro ai quali, sostiene Dario Franceschini, «bisognerebbe correre dietro con un bastone». Timore che aveva fatto ipotizzare oggi di far segnare le schede per votare Napolitano perché, sostiene un dirigente, siamo ad un punto tale che «camminiamo come equilibristi del circo sul filo».

Ora si dovrà vedere quanto profonda è la ferita aperta nel partito. «Dentro il Pd c'è da fare una grande pulizia», sospira Enrico Letta, sperando che basti a non fare dissolvere il partito. Ma i più giurano che il Pd si spaccherà e l'assaggio si avrà sulla fiducia al governo di larghe intese. Con molto sospetto, infatti, si guarda dentro il Pd alle mosse di Nichi Vendola sul cantiere della sinistra.

E al sostegno di Fabrizio Barca pro Rodotà che, spiega maligna una dirigente, «è una dichiarazione di intenti molto più efficace delle 47 pagine del suo manifesto». Al nuovo partito di Barca sembra guardare il sindaco di Bari Michele Emiliano, alcuni esponenti della sinistra Pd ma, almeno per oggi, non i `giovani turchi´ che puntano piuttosto alla scalata al vertice del partito in vista del congresso.

C'è poi un altro settore del Pd, i renziani, da sempre guardati con più sospetto, indiziati di poter uscire dal partito per fare un altro movimento magari insieme ad alcune aree di scelta civica. Ancora una volta Matteo Renzi oggi smentisce: «il Pd ha l'occasione di cambiare davvero, senza paura e noi ci proveremo», sostiene il sindaco di Firenze aggiungendo di non sapere ancora se si candiderà al congresso. Al quale, stasera ormai sembra di poter escludere, non andrà in ticket con Fabrizio Barca, «singolare e intempestivo» per il «rottamatore» nella sua scelta di campo di oggi a sostegno del candidato del M5s al Colle.

 

 

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