giuseppe conte mario draghi

MA I POLITICI CHE VOGLIONO LE URNE A NOME DI CHI PARLANO? SOLO TRE ITALIANI SU DIECI VOGLIONO IL VOTO ANTICIPATO - IL 66% DEGLI ELETTORI RITIENE POSSIBILE ARRIVARE ALLA FINE DELLA LEGISLATURA SENZA I 5STELLE - IL 62,6% DEGLI ITALIANI RITIENE CHE IL M5S ABBIA FATTO UN ERRORE PROVOCANDO QUESTA CRISI, MENTRE IL 22,2% SOSTIENE CHE ABBIA FATTO BENE - DRAGHI HA GUADAGNATO 4,5 PUNTI PERCENTUALI NEI CONSENSI IN 10 GIORNI (DAL 47,8% AL 52,3%) DURANTE LA CRISI, MENTRE CONTE, NELLO STESSO ARCO DI TEMPO NE HA PERSI 5,4 PASSANDO DAL 27,6% AL 22,2%...

Alessandra Ghisleri per “la Stampa”

 

alessandra ghisleri foto di bacco (2)

Le esperienze politiche degli ultimi giorni racchiudono una dicotomia tra l'esaltazione per la possibilità di tornare al voto e l'inquietudine di perdere una figura di rilievo come Mario Draghi alla guida del nostro Paese in un momento così complicato e travagliato. Del resto se il 30,8% degli italiani desidera velocemente il ritorno al voto - e tra questi il 65,5% degli elettori di FdI e il 40,0% della Lega- il 52,9% vorrebbe mantenere l'attuale assetto governativo nelle seguenti modalità: senza i 5 Stelle (36,3%), in un bis con la stessa maggioranza (8,9%), oppure anche con l'appoggio esterno dei grillini (7,7%).

 

Questo clima così sconnesso porta gli italiani a sentirsi preoccupati (73,8%), incerti e confusi sulle sorti nazionali, tuttavia consapevoli che arrivare alla fine naturale della legislatura senza il Movimento 5 Stelle sarebbe sì possibile (66,4%), ma con il rischio di oscillare tra gli alti e i bassi dei diktat dei partiti condizionati da una campagna elettorale nel pieno delle sue azioni (30,2%).

 

CONTE DRAGHI

Il 62,6% degli italiani ritiene che il M5S abbia fatto un errore provocando questa crisi, mentre il 22,2% sostiene che abbia fatto bene. Anche nell'elettorato grillino esistono i tormenti; infatti, se il 22,4% ritiene uno sbaglio questa scelta, il 59,7% è convinto che la strada sia quella giusta. Entrando nel particolare come responsabili della situazione che ha paralizzato il Paese il 56,8% degli intervistati individua i pentastellati di diversa deriva come Giuseppe Conte in primis (40,6%), Luigi Di Maio (10,8%), Beppe Grillo (4,9%), e anche un pizzico di Alessandro Di Battista (0,5%); mentre il 43,3% dell'elettorato del Movimento attribuisce a Mario Draghi le maggiori colpe.

 

GIUSEPPE CONTE DOPO L INCONTRO CON MARIO DRAGHI

Detto questo, analizzando l'indice di fiducia si scopre che il Presidente del Consiglio ha guadagnato 4,5 punti percentuali in 10 giorni (dal 47,8% al 52,3%) durante la crisi, mentre Giuseppe Conte, nello stesso arco di tempo ne ha persi 5,4 passando dal 27,6% al 22,2%.

In tema di "responsabilità" il 57,4% dell'opinione pubblica crede che proseguire con questo Governo sia un atto dovuto alla Nazione vista la difficile situazione che ci vede sul fronte di una pandemia che sembra riaccendersi a comando, con una guerra ai confini dell'Europa, un'inflazione in crescita, la siccità e una crisi energetica alle porte.

GIUSEPPE CONTE E MARIO DRAGHI

 

Per il 32,7%, invece, rappresenta solo un «attaccamento alle poltrone» (52,2% tra gli elettori del M5S). In questo luglio rovente emergono tutte le divergenze e le difficoltà di un Paese che si sente costretto a vivere in uno stato di emergenza perenne e quando sembrava che si sarebbero potute mettere le basi per un nuovo cammino, aiutati anche dagli importanti contributi del Pnrr, ecco che tutto è nuovamente in bilico tra chi ha la necessità di mettersi a confronto con gli elettori e chi no.

 

Nascono molti nuovi «partiti» con nuove sigle e non sempre nuovi volti. L'affacciarsi dell'idea di «Insieme per il futuro» -ancora sulla carta- di Luigi Di Maio compare all'esordio con un timido 1,6%, mentre i suoi ex colleghi del Movimento perdono lo 0,6% attestandosi al 10,7%. Per il resto le oscillazioni dei partiti sono solo ancora micro non superando in 10 giorni lo 0,3%-0,4%. In testa c'è ancora il grande partito dell'astensione che con gli indecisi raggiunge il 37,3%. Analizzando il tutto e approfondendo questo dato e incrociandolo con le proposte e i desideri degli elettori si raggiunge la proiezione di un affluenza tra il 70,0% e il 75,0%.

draghi conte

 

Tutto questo fa pensare ad una buona parte di un Paese in attesa, alla ricerca di nuove indicazioni chiare, trasparenti e utili a cui aderire e che possano emergere dal marasma delle solite promesse politiche uguali per tutti. Un'attesa che ha il sapore salato del voto per tirare le somme di quattro anni e mezzo e di 3 legislature, tutte diverse e sicuramente inaspettate, che hanno portato gli elettori a comprendere che in politica la parola «mai» non ha più senso «salvo intese». E allora la questione prima di essere economica per i cittadini è sicuramente politica - «a loro insaputa» -: è ora di tirare fuori la bussola per ritrovare il cammino senza lasciarsi prendere dal panico.

mario draghi giuseppe conteu

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni ursula von der leyen donald trump dazi matteo salvini

DAGOREPORT – LA LETTERINA DELL’AL CAFONE DELLA CASA BIANCA È UNA PISTOLA PUNTATA ALLA TEMPIA DEI LEADER EUROPEI, CUI È RIMASTA UNA SOLA VIA DI USCITA, QUELLA COSIDDETTA “OMEOPATICA”: RISPONDERE AL MALE CON IL MALE. LINEA DURA, DURISSIMA, ALTRIMENTI, ALLE LEGNATE DI TRUMP, DOMANI, ALL’APERTURA DELLE BORSE, SI AGGIUNGERANNO I CALCI IN CULO DEI MERCATI. LA CINA HA DIMOSTRATO CHE, QUANDO RISPONDI CON LA FORZA, TRUMP FA MARCIA INDIETRO - SE LA “GIORGIA DEI DUE MONDI” ORMAI È RIMASTA L’UNICA A IMPLORARE, SCODINZOLANTE, “IL DIALOGO” COL DAZISTA IN CHIEF, NEMMENO LE CIFRE CATASTROFICHE SULLE RIPERCUSSIONI DELLE TARIFFE USA SULLE  AZIENDE ITALIANE, TANTO CARE ALLA LEGA, HA FERMATO I DEMENZIALI APPLAUSI ALLA LETTERA-RAPINA DA PARTE DI MATTEO SALVINI – ASCOLTATE JOSEPH STIGLITZ, PREMIO NOBEL PER L’ECONOMIA: “TRUMP NON AGISCE SECONDO ALCUN PRINCIPIO ECONOMICO, NON CONOSCE LO STATO DI DIRITTO, È SEMPLICEMENTE UN BULLO CHE USA IL POTERE ECONOMICO COME UNICA LEVA. SE POTESSE, USEREBBE QUELLO MILITARE’’

steve witkoff marco rubio sergei lavrov

RUBIO, IL TAJANI STARS AND STRIPES – IL SEGRETARIO DI STATO AMERICANO NON TOCCA PALLA E SOFFRE IL POTERE DI STEVE WITKOFF, INVIATO DI TRUMP IN MEDIO ORIENTE CHE SE LA COMANDA ANCHE IN UCRAINA. IL MINISTRO DEGLI ESTERI USA PROVA A USCIRE DALL’ANGOLO PARLANDO DI “NUOVA IDEA” DELLA RUSSIA SUI NEGOZIATI IN UCRAINA. MA IL MINISTRO DEGLI ESTERI DI PUTIN, LAVROV, SUBITO VEDE IL BLUFF: “CONFERMIAMO LA NOSTRA POSIZIONE” – TRUMP AVEVA OFFERTO DI TUTTO A WITKOFF, MA L’IMMOBILIARISTA NON HA VOLUTO RUOLI UFFICIALI NELL’AMMINISTRAZIONE. E TE CREDO: HA UN CONFLITTO DI INTERESSE GRANDE QUANTO UN GRATTACIELO...

diletta leotta ilary blasi stefano sala pier silvio berlusconi

FLASH – IL BRUTALE AFFONDO DI PIER SILVIO BERLUSCONI SU ILARY BLASI E DILETTA LEOTTA (“I LORO REALITY TRA I PIÙ BRUTTI MAI VISTI”), COSÌ COME IL SILURAMENTO DI MYRTA MERLINO, NASCE DAI DATI HORROR SULLA PUBBLICITÀ MOSTRATI A “PIER DUDI” DA STEFANO SALA, AD DI PUBLITALIA (LA CONCESSIONARIA DI MEDIASET): UNA DISAMINA SPIETATA CHE HA PORTATO ALLA “DISBOSCATA” DI TRASMISSIONI DEBOLI. UN METODO DA TAGLIATORE DI TESTE BEN DIVERSO DA QUELLO DI BABBO SILVIO, PIÙ INDULGENTE VERSO I SUOI DIPENDENTI – A DARE UNA MANO A MEDIASET NON È LA SCURE DI BERLUSCONI JR, MA LA RAI: NON SI ERA MAI VISTA UNA CONTROPROGRAMMAZIONE PIÙ SCARSA DI QUELLA CHE VIALE MAZZINI, IN VERSIONE TELE-MELONI, HA OFFERTO IN QUESTI TRE ANNI…

giorgia meloni elly schlein luca zaia vincenzo de luca eugenio giani elly schlein elezioni regionali

PER UNA VOLTA, VA ASCOLTATA GIORGIA MELONI, CHE DA MESI RIPETE AI SUOI: LE REGIONALI NON VANNO PRESE SOTTOGAMBA PERCHÉ SARANNO UN TEST STRADECISIVO PER LA MAGGIORANZA – UNA SPIA CHE IL VENTO NON SPIRI A FAVORE DELLE MAGNIFICHE SORTI DELL’ARMATA BRANCA-MELONI È IL TENTATIVO DI ANTICIPARE AL 20 SETTEMBRE IL VOTO NELLE MARCHE, DOVE IL DESTRORSO ACQUAROLI RISCHIA DI TORNARE A PASCOLARE (IL PIDDINO MATTEO RICCI È IN LEGGERO VANTAGGIO) – IL FANTASMA DI LUCA ZAIA IN VENETO E LE ROGNE DI ELLY SCHLEIN: JE RODE AMMETTERE CHE I CANDIDATI DEL PD VINCENTI SIANO TUTTI DOTATI DI UN SANO PEDIGREE RIFORMISTA E CATTO-DEM. E IN CAMPANIA RISCHIA LO SCHIAFFONE: SI È IMPUNTATA SU ROBERTO FICO, IMPIPANDOSENE DI VINCENZO DE LUCA, E SOLO UNA CHIAMATA DEL SAGGIO GAETANO MANFREDI LE HA FATTO CAPIRE CHE SENZA LO “SCERIFFO” DI SALERNO NON SI VINCE…

marina pier silvio berlusconi giorgia meloni

NULLA SARÀ COME PRIMA: PIER SILVIO BERLUSCONI, VESTITO DI NUOVO, CASSA IL SUO PASSATO DI RAMPOLLO BALBETTANTE E LANCIA IL SUO PREDELLINO – IN UN COLPO SOLO, CON IL COMIZIO DURANTE LA PRESENTAZIONE DEI PALINSESTI, HA DEMOLITO LA TIMIDA SORELLA MARINA, E MANDATO IN TILT GLI OTOLITI DI GIORGIA MELONI, MINACCIANDO LA DISCESA IN CAMPO. SE SCENDE IN CAMPO LUI, ALTRO CHE 8%: FORZA ITALIA POTREBBE RISALIRE (E MOLTO) NEI SONDAGGI (IL BRAND BERLUSCONI TIRA SEMPRE) – NELLA MILANO CHE CONTA IN MOLTI ORA SCOMMETTONO SUL PASSO INDIETRO DI MARINA DALLA GESTIONE “IN REMOTO” DI FORZA ITALIA: D'ALTRONDE, LA PRIMOGENITA SI È MOSTRATA SEMPRE PIÙ SPESSO INDECISA SULLE DECISIONI DA PRENDERE: DA QUANTO TEMPO STA COGITANDO SUL NOME DI UN SOSTITUTO DI TAJANI?