PESCI IN BARILE E MAZZAN-COLLE - PAOLO GUZZANTI RICORDA A BELLA NAPOLI CHE DI ATTACCHI COLPISCE, DI SPUTTANAMENTO PERISCE - “QUALE FU LA POSIZIONE DEL DIRIGENTE COMUNISTA E MIGLIORISTA GIORGIO NAPOLITANO DI FRONTE ALL’ATTACCO SELVAGGIO CHE COSSIGA SUBÌ PROPRIO DA PARTE DEL SUO PARTITO? ERA ANCHE LUI DEL PARERE CHE COSSIGA FOSSE INDECENTE, IMPRESENTABILE, PAZZO FURIOSO E PERSINO UN ATTENTATORE ANZICHÉ UN CUSTODE DELLA COSTITUZIONE?”…

Paolo Guzzanti per "il Giornale"

Il presidente della Repubblica si sente sotto attacco, ed effettivamente lo stanno attaccando in maniera secondo me ideologica e cervellotica, fanatica e fondamentalista, per la questione della cosiddetta trattativa Stato-mafia. Dico «cosiddetta» perché non ci credo. Se qualcuno avesse fatto in modo di evitare bagni di sangue e mattanze di innocenti penso che andrebbe lodato. Inoltre credo di sapere (e non sono il solo) che le stragi di Capaci e via D'Amelio­non fossero affatto stragi di mafia, anche se dalla mafia veniva la manovalanza.

E dunque non credo che lo stragismo mafioso possa essere stato bloccato da alcuna trattativa con lo Stato, perché aveva un'origine su cui clamorosamente nessuno ha indagato. Ma quella è un'altra storia e dunque punto e a capo.

Oggi ci troviamo con il presidente Giorgio Napolitano messo in sofferenza da insinuazioni, pettegolezzi, bugie e, insomma, il solito ciarpame che in questi casi viene girato nel minestrone italiano. Personalmente ritengo Napolitano una persona perbene, anche se quando era giovane nel 1956 non alzò un dito per fermare Togliatti che batteva i pugni affinché i russi invadessero l'Ungheria. Acqua che non passa mai, ma diciamo che quella è storia.

In fondo anche la presidenza di Francesco Cossiga è storia e la ricordo benissimo perché un'intervista dopo l'altra divenni amico di Cossiga e assistetti esterrefatto al suo linciaggio pubblico e privato. La domanda retorica allora potrebbe essere: quale fu la posizione del dirigente comunista e migliorista Giorgio Napolitano di fronte all'attacco selvaggio che Cossiga subì proprio da parte del suo partito? Era anche lui del parere che Cossiga fosse indecente, impresentabile, pazzo furioso e persino un attentatore anziché un custode della Costituzione?

Una volta si chiedeva: dove eri tu il giorno in cui John Kennedy fu ammazzato a Dallas? E tutti quelli della mia generazione ricordano perfettamente dove erano e che cosa facevano. Al presidente Napolitano chiederei: dove era lei, signor Presidente, quando un altro capo dello Stato, non meno galantuomo di lei, venne investito da ogni sorta di accusa, diceria, pettegolezzo? Stava con i suoi aggressori, prevalentemente del suo partito di allora, o stava con l'uomo delle istituzioni ingiustamente aggredito?

Non è una domanda retorica. Magari il presidente Napolitano può rispondermi: ma come? Non lo sa? Io feci fuoco e fiamme contro Achille Occhetto e anche contro Eugenio Scalfari che lanciava l'idea costituzionalmente stravagante di far prelevare da un'ambulanza il presidente della Repubblica sulla base di un certificato medico che lo dichiarava matto da legare. Potrebbe dirlo e io potrei prendermela soltanto con la mia memoria imperfetta, perché onestamente non ricordo una posizione personale distinta dell'allora onorevole Napolitano e del Pds.

A questo punto uno potrebbe dire ben ti sta, ecco: vedi che succede, oggi a lui domani a te, ma sarebbe puerile. Il fatto è che anche con i presidenti della Repubblica l'Italia si mostra come un Paese dalla democrazia misteriosa e dalle idee confuse. Questo dipende anche dal fatto che la funzione, il ruolo, i limiti, le prerogative del presidente sono del tutto elastiche.

Chi ha fatto il presidente notaio come Giovanni Leone, chi il presidente Picconatore come Cossiga, chi il presidente Io Non Ci Sto come Scalfaro, chi il presidente della bandiera come Ciampi e con Napolitano siamo arrivati in pieno alla Repubblica presidenziale: il vero governo è al Quirinale, mentre al Matignon, direbbero in Francia, cioè a Palazzo Chigi, sta un primo ministro del presidente che a lui riferisce, con lui concorda, da lui si fa legittimare.

Tutto bene, per carità: la democrazia - come riconosce lo stesso Monti (lo ha detto durante la sua intervista a Bologna con Repubblica) - è momentaneamente in riparazione perché il governo non l'ha eletto nessuno. Napolitano si è preso l'azzardo in nome del bene del Paese e viviamo politicamente sulle macerie della democrazia su cui campeggia il cartello «lavori in corso». Ci sarebbe da obiettare, tuttavia non obiettiamo nulla. È l'emergenza, baby.

Ma per puntiglio, per passione civile e anche storica, vorremmo sapere per quale motivo Francesco Cossiga - che non nominò primo ministro alcun professore dopo averlo battezzato in fretta e furia senatore a vita - fu linciato sulla pubblica piazza mediatica e, per buon peso, anche io con lui.

Gli dettero del golpista e poco (molto poco) mancava che gli dessero dello stragista, eppure non stravolse mai la Costituzione: semmai la incarnò materialmente quando mandò i carabinieri al Consiglio superiore della magistratura, di cui si sentiva ed era il legittimo presidente. Insomma, assistendo a queste prove di linciaggio sul presidente Napolitano emergono in noi due sentimenti: il primo di solidarietà e il secondo di curiosità: non stiamo forse vivendo un déjà vu ? E, nel déjà vu , dove si trovava e che cosa faceva Giorgio Napolitano quando fu ucciso Kennedy? Pardon, quando fu aggredito Cossiga?

 

 

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