sabino cassese giorgia meloni

LE LETTERINE AVVELENATE DI CASSESE ALLA MELONI – IL  COSTITUZIONALISTA PRIMA HA BENEDETTO IL PROGETTO MELONIANO DI RIFORMA COSTITUZIONALE: “IL PRESIDENZIALISMO PUÒ CONSOLIDARE L’ESECUTIVO”. POI SI È MESSO A SUA DISPOSIZIONE: “È UN BENE CHE VADA ALLA GUIDA DEL GOVERNO UNA PERSONA CHE HA DIMOSTRATO LUCIDITÀ, EQUILIBRIO E CAPACITÀ DI SINTESI” – È UN MODO ELEGANTE PER DIRE ALLA DRAGHETTA “RICORDATI DI ME E DEI MIEI FEDELISSIMI” PER AMMINISTRARE LA BUROCRAZIA, ALTRIMENTI...

Giorgio Meletti per “Domani”

 

sabino cassese foto di bacco

Giovedì 29 settembre l’insigne costituzionalista e tante altre cose Sabino Cassese ha rilasciato un’intervista al Corriere della Sera, di cui pure è editorialista, con la quale ha benedetto il progetto di Giorgia Meloni di cambiare la Costituzione italiana e trasformare la repubblica parlamentare in repubblica presidenziale.

 

Il presidenzialismo, ha detto, «può soddisfare un’esigenza fondamentale: quella di consolidare l’esecutivo», cioè il governo. Cassese si lagna da decenni che l’Italia ha avuto 67 governi in 75 anni e gli piacerebbe che Meloni lo liberasse da questa malinconia.

 

Subito osservatori maligni hanno interpretato l’inno al presidenzialismo come un tentativo del quasi 87enne giurista di salire sul carro della vincitrice delle elezioni e di sedersi al tavolo in cui si distribuiranno incarichi e nomine, non per sé naturalmente, ma per i suoi protetti. Cattiverie gratuite.

 

SABINO CASSESE

Cassese è sempre stato favorevole al presidenzialismo e all’esecutivo forte, soprattutto se i politici che incarnavano lo spirito innovatore gli piacevano o erano gentili con lui, da Bettino Craxi a Matteo Renzi, un po’ meno quando gli stavano antipatici come Giuseppe Conte, che ha attaccato settimanalmente accusandolo di concentrazione di potere e addirittura di «dittatura della maggioranza».

 

Ma a fugare ogni dubbio sulla genuinità accademica del suo entusiasmo presidenzialista è arrivata venerdì 30 settembre un’intervista al neonato quotidiano L’Identità in cui, dopo aver ribadito che gli piace l’idea dell’elezione diretta del presidente della Repubblica, dimostra la sua cristallina indipendenza di giudizio sui temi istituzionali mettendosi direttamente a disposizione della nuova donna forte della politica italiana con questo equanime giudizio: «È un bene che per la prima volta una donna vada a capo del governo. È un bene che vada a capo del governo la persona più giovane tra tutti i leader delle forze politiche in campo. È un bene che vada alla guida del governo una persona che ha dimostrato lucidità, equilibrio e capacità di sintesi». È il modo quasi elegante di Cassese di dire a Meloni «ricordati di me».

GIULIANO AMATO SABINO CASSESE

 

Sarebbe un errore grossolano assimilare Cassese alla folla sempre un po’ sguaiata di cacciatori di poltrone. Essendo uno dei più esperti, validi e potenti costituzionalisti, una specie di padre della patria in quanto maestro e mentore di un pezzo importante dell’alta burocrazia statale, Cassese non si sottrae a quello che sente come un dovere, impedire di fare sciocchezze a chi prende in mano per la prima volta le leve del potere.

 

E la sciocchezza capitale che teme è che il nuovo governo possa nominare nei posti chiave del potere statale burocrati che non siano suoi allievi o comunque a lui devoti. E non perché Cassese sia un uomo di potere nel senso deteriore, non perché sia incline a quelle pratiche clientelari contro cui tuona ogni giorno ma perché ha, comprensibilmente, una alta concezione di sé e non riesce a concepire azioni di governo o nomine in contrasto con i suoi orientamenti e i suoi suggerimenti.

GIORGIA MELONI

 

Sembra sinceramente convinto che rappresenti una minaccia per i destini della nazione qualsiasi deviazione dal solco che egli traccia magistralmente con i suoi martellanti articoli per il Corriere della Sera, il Foglio e il Sole 24 Ore (uno ogni cinque giorni negli ultimi 4 anni). E come Draghi si profila come lord protettore del prossimo governo sul piano dei rapporti internazionali, Cassese si candida come garante nei rapporti con il cosiddetto deep state.

 

sabino cassese foto di bacco

La partita vera infatti non è tanto quella sulla lista dei ministri, che serve soprattutto a far divertire il popolo, ma la nomina del segretario generale di palazzo Chigi, dei capi di gabinetto dei vari ministeri, dei capi degli uffici legislativi e via dicendo. Sono loro gli uomini chiave, quelli che scriveranno materialmente le leggi e che spiegheranno a ministri tanto più sprovveduti quanto più nuovi ciò che si può fare e ciò che non si può fare.

 

Sarà il capo di gabinetto a dire al giovane e inesperto ministro che la sua idea è impraticabile perché confligge con il comma 4 dell’articolo 5 di un certo regio decreto. Ma se lo vorrà, e solo se lo vorrà o se qualche maestro e mentore glielo suggerirà, lo stesso capo di gabinetto sarà in grado di proporre al ministro sprovveduto la supercazzola giuridica con cui aggirare l’ostacolo del comma 4 dell’articolo 5 di quel regio decreto.

 

sabino cassese foto di bacco (2)

La nomina dei capi di gabinetto è l’alfa e l’omega del mondo di Cassese. Per ragioni che non ha mai ritenuto di spiegare in nessuna delle interviste che rilascia a chiunque gliele chieda (mediamente una ogni 6 giorni negli ultimi 4 anni, che sommate agli articoli a sua firma fanno un passo da bersagliere da due esternazioni alla settimana), Cassese ritiene che i capi di gabinetto debbano essere consiglieri di stato. Il Consiglio di stato è un organo costituzionale che giudica come istanza di appello i ricorsi amministrativi (il primo grado si fa al Tar) ma ha anche funzioni di consulenza del governo.

 

I consiglieri di stato sono un centinaio, di cui circa metà fanno il loro lavoro mentre l’altra metà è, come suol dirsi, fuori ruolo, cioè in distacco presso ministeri o altre strutture amministrative. È una stranezza che nessuno spiega al popolo, tanto meno un giurista così incline alla divulgazione come Cassese.

 

giorgia meloni

Un consigliere di stato nella sua veste di capo di gabinetto o di capo del legislativo di un ministero scrive una norma, per esempio un decreto ministeriale, e se un cittadino fa ricorso sarà un altro consigliere di stato a decidere se il suo collega (di cui sarà con qualche probabilità amico o, peggio mi sento, nemico) ha toppato.

 

Ci si accapiglia sulla separazione delle carriere (tra pubblici ministeri e giudici) per i magistrati che sono migliaia, ma su questo bubbone che riguarda una potente nomenklatura di cento persone tutti tacciono.

 

Cassese però ogni tanto parla e gli scappa qualche lapsus illuminante. Quando Giuseppe Conte giurò come presidente del Consiglio (1° giugno 2018) scelse come segretario generale di palazzo Chigi, la carica numero uno della burocrazia statale, il giurista suo amico e come lui cattolico Giuseppe Busia. La nomina era fatta, i giornali pubblicarono i primi profili di Busia, che non era consigliere di stato.

 

Nel giro di 48 ore, senza che nessuno, tanto meno Conte, ne abbia dato una spiegazione, Busia scompare e arriva al suo posto il consigliere di stato Roberto Chieppa (figlio dell’ex presidente della Corte costituzionale Riccardo Chieppa), che è rimasto al suo posto, caso raro nella storia, con il Conte gialloverde, con il Conte giallorosso e con il governo Draghi.

 

SABINO CASSESE

Chieppa era nella manica dell’ex presidente del Consiglio di stato Filippo Patroni Griffi, allievo e amico di Cassese, per il quale aveva diretto l’ufficio legislativo quando il grande giurista era ministro della Funzione pubblica nel governo Ciampi (1993-94). Cassese non riuscì a contenere la sua gioia per «l’elemento di continuità» che era stato imposto a Conte. «Lo stato deve assicurare la continuità. L’attuale governo ha assicurato meglio del precedente la continuità nei gabinetti ministeriali, riportando nei gabinetti i consiglieri di stato».

 

Cassese infatti accusava i predecessori di Conte, Renzi e Gentiloni, di aver umiliato i consiglieri di stato facendo scelte diverse, per esempio portando a capo dell’ufficio legislativo di palazzo Chigi la comandante dei vigili urbani di Firenze.

 

sabino cassese

Questo entusiasmo per il governo Conte però durò poco, perché il giureconsulto di Volturara Appula (provincia di Foggia) si macchiò di una colpa imperdonabile per il giureconsulto di Atripalda (provincia di Avellino): mandò a casa il presidente della Consob Mario Nava, peraltro in pieno accordo con il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, per una complicata storia di irregolarità tecniche nella sua nomina.

 

Cassese lì affilò la lama della sua dotta dialettica, a colpi di citazioni di Voltaire, Tocqueville e Madison, per dire che il M5s e la Lega erano arrivati al governo con una atavica «fame di posti», e che facevano le nomine, a cui erano peraltro obbligati dalla legge sul cosiddetto spoils system (il nuovo governo può cambiare i vertici amministrativi), in preda a uno spirito lottizzatorio e spartitorio.

 

Qualche maligno vide dietro la rabbia di Cassese il fatto che Nava avesse appena archiviato e segretato un procedimento contro la Tim facendo contare il voto doppio del presidente in una commissione divisa. In quella vicenda il colosso telefonico era difeso dall’avvocato Cassese, non un omonimo ma proprio lui.

 

sabino cassese

Eppure Cassese non è uomo da abbassarsi a questi giochini. Lui era davvero convinto che Nava fosse il migliore, e lo era per la semplice ragione che l’aveva stabilito Cassese, e per questo la sua pretesa di mantenere la presidenza della Consob ma anche il suo posto di funzionario dell’Unione europea era una perdonabilissima violazione di ogni legge.

 

La sincerità di Cassese fu dimostrata dalla lettera scritta subito dopo l’uscita di scena di Nava alla presidente facente funzioni della Consob Anna Genovese, in cui Cassese le raccomandava caldamente la conferma alla segreteria generale della Consob di Giulia Bertezzolo, cara a Nava che l’aveva nominata ma anche a Cassese che ne aveva un giudizio altissimo basato sul seguente dato di fatto: «Ha lavorato con me negli ultimi anni».

 

giorgio napolitano e sabino cassese

Del resto è comprensibile che Genovese fosse sensibile ai consigli di Cassese, visto che proveniva dallo studio legale di Andrea Zoppini, l’avvocato che con Cassese aveva difeso Tim davanti alla Consob. Infatti, il giorno della assoluzione di Tim, Genovese si era opportunamente assentata dalla riunione, ma Nava supplì facendo valere il voto doppio.

 

Questo è il mondo di Cassese al quale adesso toccherà a Meloni decidere se sottomettersi o sfidare. Ci vorrà coraggio, visto che lui le ha già dato l’avvertimento con la chiosa alla dichiarazione d’amore dalla quale siamo partiti: «Le sue politiche e le realizzazioni le giudicheremo più avanti».

giorgia meloni vignetta artefattiGIORGIA MELONI DOPO I RISULTATI ELETTORALIGIORGIA MELONI AL SEGGIO ELETTORALE

Ultimi Dagoreport

pupi avati antonio tajani

DAGOREPORT! PUPI, CHIAGNE E FOTTI – ASCESE, CADUTE E AMBIZIONI SBAGLIATE DI PUPI AVATI, “CONSIGLIERE PER LE TEMATICHE AFFERENTI AL SETTORE DELLA CULTURA” DI ANTONIO TAJANI - IL REGISTA CHE AI DAVID HA TIRATO STOCCATE ALLA SOTTOSEGRETARIA AL MIC, LUCIA BORGONZONI, È LO STESSO CHE HA OTTENUTO DAL DICASTERO FONDI PER OLTRE 8 MILIONI DI EURO TRA IL 2017 E IL 2023 – L’IDEA DI UN MINISTERO DEL CINEMA AVALLATA DA TAJANI (“IL GOVERNO VALUTERÀ") PER TOGLIERE I QUASI 700 MILIONI DI EURO CHE IL MIC HA IN PANCIA PER PROMUOVERE, A SPESE DEI CITTADINI, IL CINEMA ITALICO – IL SEQUESTRO DEI BENI PER EVASIONE IVA DA 1,3 MILIONI CON L'INCREDIBILE REPLICA DI PUPI: “NON E’ UN BEL MOMENTO PER IL CINEMA ITALIANO...” - LA SUA SOCIETA', ‘’DUEA FILM’’, CHE DA VISURA PRESSO LA CAMERA DI COMMERCIO DI ROMA È IN REGIME DI CONCORDATO PREVENTIVO, DEVE A CINECITTÀ CIRCA 400 MILA EURO PER UTILIZZO DEGLI STUDI - L’86ENNE AVATI STA PER INIZIARE IL SUO 46ESIMO FILM (“NEL TEPORE DEL BALLO”) PER UN BUDGET DI 3,5 MILIONI CHE GODE GIÀ DI UN DOVIZIOSO FINANZIAMENTO DI RAI CINEMA DI UN MILIONE... – VIDEO

al thani bin salman zayed donald trump netanyahu saudita sauditi

DAGOREPORT – DOMANI TRUMP VOLA NEL GOLFO PERSICO, AD ATTENDERLO MILIARDI DI DOLLARI E UNA GRANA - PER CAPIRE QUANTI AFFARI SIANO IN BALLO, BASTA APRIRE IL PROGRAMMA DEL FORUM DI INVESTIMENTI USA-ARABIA SAUDITA. CI SARANNO TUTTI I BIG DELL’ECONOMIA USA: MUSK, ZUCKERBERG, ALTMAN, BLACKROCK, CITIGROUP, ETC. (OLTRE AL GENERO LOBBISTA DI TRUMP) - SAUDITI, EMIRATINI E QATARIOTI SONO PRONTI A FAR FELICE L'AMERICA "MAGA". MA PER INCASSARE LA CUCCAGNA, TRUMP QUALCOSA DEVE CONCEDERE: I REGNI MUSULMANI ARABI PERDEREBBERO LA FACCIA SENZA OTTENERE IL RICONOSCIMENTO DI UNO STATO PALESTINESE - L'INCONTRO DEI MINISTRI DEGLI ESTERI SAUDITA E IRANIANO PER UNA PACE TRA SCIITI E SUNNITI - PRESO PER IL NASO DA PUTIN SULL’UCRAINA E COSTRETTO DA XI JINPING A RINCULARE SUI DAZI, IL CALIGOLA DELLA CASA BIANCA HA DISPERATAMENTE BISOGNO DI UN SUCCESSO INTERNAZIONALE, ANCHE A COSTO DI FAR INGOIARE IL ROSPONE PALESTINESE A NETANYAHU…

starmer - zelensky - macron - tusk - merz - a kiev giorgia meloni fico putin

DAGOREPORT – DOVEVA ESSERE UNA “PONTIERA”, GIORGIA MELONI ORMAI È UNA “PORTIERA”. NEL SENSO CHE APRE E CHIUDE IL PORTONE AGLI OSPITI IN ARRIVO A PALAZZO CHIGI: L’ULTIMO CHE SAREBBE DOVUTO ARRIVARE TRA FRIZZI E LAZZI È ROBERT FICO, IL PREMIER SLOVACCO UNICO LEADER EUROPEO PRESENTE ALLA PARATA MILITARE, A MOSCA, SCAMBIANDOSI SMANCERIE CON PUTIN - PER NON PERDERE LA FACCIA, LA DUCETTA HA DOVUTO RIMANDARE LA VISITA DI FICO A ROMA AL 3 GIUGNO - QUESTI SONO I FATTI: L’AUTOPROCLAMATASI “PONTIERA”, TOLTA LA PROPAGANDA RILANCIATA DAI TROMBETTIERI DI ''PA-FAZZO'' CHIGI, NON CONTA NIENTE SULLO SCENA INTERNAZIONALE (LA PROVA? IL VIAGGIO DI MACRON, MERZ, STARMER E TUSK A KIEV E IL LORO ACCORDO CON TRUMP) - RUMORS: IL TEDESCO MERZ PERPLESSO SUL VIAGGIO IN ITALIA DI LUGLIO. E MELONI PUNTA A INTORTARLO DOMENICA ALLA MESSA DI INIZIO PONTIFICATO DI LEONE XIV, IN PIAZZA SAN PIETRO...

orchesta la scala milano daniele gatti myung whun chung myung-whun ortombina fortunato

DAGOREPORT: CHE GUEVARA VIVE ALLA SCALA – ALLA FINE DEL 2026, SARÀ IL DIRETTORE D’ORCHESTRA COREANO MYUNG-WHUN CHUNG IL SUCCESSORE DI RICCARDO CHAILLY - IL CONIGLIO (CONIGLIO, NON CONSIGLIO) DI AMMINISTRAZIONE DELLA SCALA AVEVA SUGGERITO IL NOME DEL MILANESE DI FAMA MONDIALE DANIELE GATTI. MA LA CGIL DELL’ORCHESTRA, SOTTOTRACCIA, HA SUBITO FATTO CAPIRE CHE NON ERA DI SUO GRADIMENTO: A GATTI VENIVA “RIMPROVERATO” UN ATTEGGIAMENTO UN PO’ SEVERO VERSO GLI ORCHESTRALI (POCO INCLINI A NON FARE QUEL CHE VOGLIONO) – ORA I SINDACATI RECLAMANO L’AUMENTO DI PERSONALE (DEL RESTO, LA SCALA, HA SOLO MILLE DIPENDENTI!), AUMENTI RETRIBUTIVI, SCELTA DELL’UFFICIO STAMPA ALL’INTERNO DEL TEATRO, FINANCO LA RICHIESTA DI PARCHEGGIARE I MONOPATTINI NEL CORTILETTO INTERNO…

orcel giorgetti nagel castagna bpm unicredit

DAGOREPORT - RISIKO INDIGESTO: LA PROTERVIA DI GIORGETTI A DIFESA DI BPM DALLE GRINFIE DI UNICREDIT, INDISPETTISCE FORZA ITALIA E I FONDI CHE HANNO INVESTITO MILIARDI IN ITALIA - GLI SCAZZI SUL DECISIONISMO DI ORCEL NEL BOARD DI UNICREDIT: IL CDA PRENDE TEMPO SULL'OFFERTA DI SCAMBIO SU BPM, CHE LA LEGA CONSIDERA LA "SUA" BANCA - LA STILETTATA DI NAGEL A LOVAGLIO ("PER BUON GUSTO NON RIPERCORRO LA STORIA DEL MONTE DEI PASCHI") E L'INSOFFERENZA DI CALTAGIRONE PER IL CEO DI BPM, CASTAGNA...

keir starmer emmanuel macron e friedrich merz sul treno verso kiev giorgia meloni mario draghi olaf scholz ucraina donald trump

DAGOREPORT - IL SABATO BESTIALE DI GIORGIA MELONI: IL SUO VELLEITARISMO GEOPOLITICO CON LA GIORNATA DI IERI FINISCE NEL GIRONE DELL'IRRILEVANZA. LA PREMIER ITALIANA OGGI CONTA QUANTO IL DUE DI PICCHE. NIENTE! SUL TRENO DIRETTO IN UCRAINA PER INCONTRARE ZELENSKY CI SONO MACRON, STARMER, MERZ. AD ATTENDERLI, IL PRIMO MINISTRO POLACCO TUSK. NON C'È PIÙ, COME TRE ANNI FA, L’ITALIA DI MARIO DRAGHI. DOVE È FINITA L’AUTOCELEBRATOSI “PONTIERA” TRA USA E UE QUANDO, INSIEME CON ZELENSKY, I QUATTRO CABALLEROS HANNO CHIAMATO DIRETTAMENTE IL ‘’SUO CARO AMICO” TRUMP? E COME HA INCASSATO L’ENNESIMA GIRAVOLTA DEL CALIGOLA DELLA CASA BIANCA CHE SI È DICHIARATO D’ACCORDO CON I VOLENTEROSI CHE DA LUNEDÌ DOVRÀ INIZIARE UNA TREGUA DI UN MESE, FUNZIONALE AD AVVIARE NEGOZIATI DI PACE DIRETTI TRA UCRAINA E RUSSIA? IN QUALE INFOSFERA SARANNO FINITI I SUOI OTOLITI QUANDO HA RICEVUTO LA NOTIZIA CHE TRUMP FA SCOPA NON PIÙ CON IL “FENOMENO” MELONI MA CON...