insediamento trump

AMERICA FATTA A MAGLIE - VIDEO: LA DIRETTA DEL GIURAMENTO DI TRUMP. IN MEZZO, IL POSSIBILE CAOS: 75 GRUPPI DI PROTESTA CHE SI AFFIANCANO AGLI ATTORI DI HOLLYWOOD E ALLE 'DONNE DELLA RESISTENZA' - IL DISCORSO DEL PRESIDENTE LO SCRIVE UN GIOVANOTTO DI 31 ANNI, IERI TRUMP È APPARSO A WASHINGTON PER LA PRIMA VOLTA CONSAPEVOLE DEL PESO DEL RUOLO

VIDEO - LA DIRETTA STREAMING DELL'INSEDIAMENTO DI TRUMP

 

 

 

 

 

 

Maria Giovanna Maglie per Dagospia

 

Il giuramento sulla Bibbia che fu di Abraham Lincoln, prima il vice Mike Pence poi lui, il 45esimo presidente degli Stati Uniti, nelle mani del presidente della Corte Suprema. Poi il discorso, saranno le 6:00 del pomeriggio in Italia, la parata blindatissima nel tragitto verso la Casa Bianca, a sera i balli inaugurali tradizionali che quest'anno sono ridotti.

cerimonia di insediamento donald trump  8cerimonia di insediamento donald trump 8

 

In mezzo il possibile caos, 75 gruppi di sinistra arrivati anche dall'estero che già hanno mostrato lo stile della protesta, bruciando bandiere e indossando maschere nere, agitati da un gruppo scelto di Hollywood capitanato da personaggi come Michael Moore, che fa l’agit prop di professione, ma ora sembra pronto a fare il grande salto  accompagnato da Robert De Niro, Alec Baldwin, Madonne protettrici ed ispiratrici da lontano Meryl Streep e Barbra Streisand.

 

cerimonia di insediamento donald trump  7cerimonia di insediamento donald trump 7

Rappresentano in qualche modo questi signori che invitano alla Resistenza, chiedono ai deputati e senatori democratici di boicottare la presidenza e il congresso, giurano che riusciranno a far durare il presidente che si insedia stamattina meno dei quattro anni previsti per il primo mandato, gli americani?

 

Certo che no, non solo non rappresentano quelli che, secondo la regola del voto elettorale stabilità dai Padri Fondatori perché tutti gli Stati avessero dignità pari e l'Unione fosse Unione vera, hanno votato per Donald Trump affidandogli insieme alla presidenza la maggioranza dalla Camera al Senato e nei parlamenti e governi degli Stati, con una quantità e forza che il Partito Repubblicano non raggiungeva da decenni. Ma non rappresentano neanche gli attoniti e devastati elettori democratici, ai quali per un anno e mezzo è stata raccontata la favoletta della candidata donna che dopo il presidente nero avrebbe coronato il trionfo del politically correct al governo.

 

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Neanche quelli, i democratici sotto shock, hanno niente a che vedere col gruppetto di star, magari al tramonto, di Hollywood, a caccia di nuova linfa pubblicitaria e pagine sui giornali e tv. È un progetto eversivo? Certo che lo è, 100 giorni di resistenza con lo scopo di far fuori un presidente eletto che viene definito uno psicopatico da eliminare.

 

Certo, li aiuta l'aggressività sfoggiata dal presidente uscente Barack Obama in questi mesi di transizione passati dall'8 novembre, quando è stato chiaro quale umiliazione fosse stata inflitta a lui e all'interno Partito Democratico.

 

 Tra i vanti degli Stati Uniti d'America c'è la correttezza del passaggio dei poteri, questa volta non è stata rispettata, intanto perché la botta inflitta dell'outsider alla prescelta è stata tale da lasciare tutti senza fiato, e perché ha costretto Obama a usare questo periodo per candidarsi lui al leader del partito, della sua anima liberal, alla guida del riscatto, anche se candidarsi non potrà mai più. Poi perché i cambiamenti promessi da Trump in campagna elettorale sono talmente profondi da scardinare l'eredità che Obama intendeva lasciare come base politica economica degli affari e dei rapporti, talmente forti da distruggere la sua Legacy, l'eredità di rivoluzionario nuovo presidente.

 

Così il presidente uscente ha passato il periodo che dovrebbe essere di ordinaria gestione a botte di decreti, grazie, vincoli, e di discorsi vagamente minacciosi, come l'ultimo pronunciato 24 ore fa, nel quale ha detto che se ci sarà bisogno, se il diritto sarà ferito, la sua voce si alzerà forte. Incredibile come in un uomo così lontano per storie vita e formazione quale è Barack Obama dai personaggi della sinistra europea ci siano tante somiglianze, la stessa arrogante convinzione di rappresentare il meglio. L'atmosfera del tè di commiato questa mattina alla Casa Bianca deve essere stata surreale.

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Non aiutano a rassicurare sul clima della cerimonia di oggi servizi come quello della Cnn di ieri che spiegava come, in caso di disastro, di ferimento, di assassinio del presidente entrante, resterebbe in carica il presidente con il governo uscente. Mai visto uno scontro destinato a durare come quello tra Donald Trump e la prima news tv del mondo.

 

Naturalmente e per fortuna c'è anche attesa per il discorso del presidente. Glielo scrive un giovanotto di 31 anni, californiano, lo stesso che ha preparato la stesura definitiva dei discorsi di battaglia della campagna, ma anche lo stile di quelli veramente seri su economia e politica internazionale. Ma  si aspettano possibili variazioni, soprattutto se il clima di contestazione dovesse essere forte, persino violento, se disturberà la cerimonia. A quel punto the Donald improvvisera’, tutti ci giurano, e alcuni si dicono certi che potrebbe essere il discorso migliore.

 

Ieri sera il settantenne Trump, che tiene botta veramente bene, è apparso per la prima volta se non affaticato certamente più consapevole del peso del ruolo che lo attende. The majesty, come la chiamano gli americani che al loro presidente hanno sempre attribuito il rango di un monarca.

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Ha scelto di dire poche parole dal luogo solenne del monumento a Lincoln dove si è svolto il concerto della vigilia seguito la fantastici fuochi d'artificio. Di solito è una anteprima del discorso del giorno seguente, Trump ha preferito utilizzarlo per ribadire con parole estremamente semplici Il filo diretto che lo lega al suo popolo. Io sono voi e voi siete me e alla Casa Bianca ci andiamo insieme e faremo dei cambiamenti che per decenni nessuno ha fatto.

 

 Il che porta agli elementi chiave del discorso che sono anche gli elementi delle prime azioni, gli executive orders che un presidente sceglie come priorità, il segno distintivo della sua presidenza. Lo vogliamo chiamare contratto con l'America? Eccolo, in 10 punti.

 

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Introdurre  un emendamento costituzionale sui limiti di elezione al Congresso;  ridurre le assunzioni di impiegati federali con l'eccezione dei militari, pubblica sicurezza e salute pubblica. Impedire agli ufficiali e funzionari del Congresso della Casa Bianca dì fare attività di lobby per 5 anni dopo che lasciano il governo. Annunciare piano per rinegoziare il North American free trade agreement ovvero l'accordo di Commercio con Canada e Messico e in caso di non possibilità di rinegoziazione ritirarsi dall'accordo. Ritirarsi  formalmente dalla partnership transpacifica, altro accordo di commercio globale.

 

Eliminare le restrizioni sulle miniere di carbone e l'estrazione di petrolio e gas naturale. Rimuovere qualsiasi blocco posto da Obama ai progetti sull'energia. Cancellare i pagamenti americani alle Nazioni Unite sui cambi climatici ei  indirizzare il denaro alle infrastrutture ambientali e dell'acqua americane. Togliere tutti i fondi federali alle cosiddette Sanctuary cities le periferie e i ghetti nei quali la polizia non arresta gli illegali. Sospendere qualsiasi immigrazione da regioni e nazioni associabili al terrorismo. Non basta? È una rivoluzione.

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 Del muro di confine con il Messico Donald Trump ha fatto cenno anche nel discorsetto di ieri sera, ribadendo che si rafforzeranno le frontiere. Dell'abbandono della Obama Care, la riforma sanitaria vanto del presidente uscente ma tanto contestata e profondamente impopolare, non ha fatto cenno, segue un percorso congressuale, per essere eliminata deve essere sostituita da qualcos'altro.

Sta per cominciare la grande giornata, sperando che sia solo una festa.

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