1. IL MAGO DALEMIX NON MOLLA L’OSSO: DOPO L’INCONTRO CON JUNCKER, LANCIA LA SFIDA A RENZI PER L’INCARICO DI ALTO RAPPRESENTATE PER LA POLITICA ESTERA EUROPEA 2. DA BRUXELLES IL PRESIDENTE DEI DEPUTATI SOCIALISTI EUROPEI PITTELLA TUONA: “SE SALTA LA MOGHERINI, IL CANDIDATO ITALIANO È D’ALEMA”. MA IL PREMIER COATTO PENSA ANCORA AL MINISTRO DEGLI ESTERI FEDERICA ‘’MOSCERINI”, DELEGITTIMATA DA TUTTI 3. MA ANCHE SU D’ALEMA BRILLA IL NO DI ALCUNE CANCELLERIE EUROPEE: QUELLA TEDESCA, MA ANCHE QUELLE DELL’EST EUROPEO. MAX REPLICA: “NON MI SORPRENDE. SONO CONSIDERATO TROPPO DI SINISTRA. IO SONO TROPPO FAVOREVOLE ALLA PACE CON I PALESTINESI” 4. ALL’ORIGINE DELLA BOCCIATURA DELLA MOGHERINI UN INCIDENTE DIPLOMATICO CHE IL GOVERNO GUIDATO DA MATTEO RENZI STA DISPERATAMENTE PROVANDO A TENERE NASCOSTO: TUTTO NASCE DA UN ACCORDO ECONOMICO-POLITICO FIRMATO CON L'AZERBAIGIAN CHE FA ANDARE SU TUTTE LE FURIE UN PAIO DI PAESI, DI CUI UNO EUROPEO: LA FRANCIA

1. MATTEO A SORPRESA VEDE D’ALEMA MA NELL’UE PER L’EX PREMIER È DURA

Fabio Martini per “La Stampa

 

MATTEO RENZI INTERVISTATO DA ALAN FRIEDMANMATTEO RENZI INTERVISTATO DA ALAN FRIEDMAN

Continuano (ogni tanto) a parlarsi, a scambiarsi sms (talora al vetriolo) e ieri pomeriggio Matteo Renzi e Massimo D’Alema si sono anche visti a quattr’occhi a palazzo Chigi. Colloquio cordiale, che è servito a ripristinare un rapporto personale tra i due, ma che non è servito a rimettere in pista D’Alema per l’incarico di Alto Rappresentate per la politica estera, perchè per quella postazione Matteo Renzi pensa ancora al ministro degli Esteri Federica Mogherini, a dispetto del flop al quale è andata incontro la candidatura italiana all’ultimo Consiglio europeo.

 

In quella occasione il governo italiano, più che i veti di alcuni Paesi, ha finito per esporre il proprio ministro degli Esteri all’accusa di non essere all’altezza del compito e nei giorni successivi la Mogherini è stata passata ai raggi x dai principali giornali internazionali e non sempre con valutazioni lusinghiere. 

 

MASSIMO DALEMA GIOCA A CALCIO MASSIMO DALEMA GIOCA A CALCIO

Certo, come dice Massimo D’Alema le nomine europee sono «mosaici complessi» nei quali interagiscono fattori ed interessi molto importanti e dunque non si può escludere che nel prossimo Consiglio europeo del 30 agosto, le carte possano rimescolarsi e per l’Italia possa aprirsi l’opportunità di un’altra postazione, per esempio un portafoglio pesante nella nuova Commissione europea.

 

In quel caso potrebbe tornare in ballo D’Alema? Per il momento l’ipotesi non è stata presa in considerazione e dell’intera partita si tornerà a ragionare dopo Ferragosto, quando riprenderanno i contatti tra i principali leader europei. Da Bruxelles il presidente dei deputati socialisti europei Pittella tuonava: «Se salta la Mogherini, il candidato italiano è D’Alema». 

 

Incontro inatteso, quello tre i due. Negli anni scorsi, quando Renzi era un rampante che cercava spazio politico, proprio D’Alema era per lui l’”uomo nero”, il leader da rottamare, il simbolo della stagione passata. Poi Massimo D’Alema si è fatto da parte, non si è ricandidato nel Parlamento nazionale e neppure in quello europeo e tra i due sembrava essersi stabilita una coesistenza più o meno pacifica.

 

renzi mogherinirenzi mogherini

Dieci giorni fa uno spiacevole incidente: davanti alle resistenze di alcuni Paesi alla candidatura della Mogherini come Alto Rappresentate, a chi gli contestava l’assenza di un “piano b”, Matteo Renzi faceva trapelare che davanti ad un no alla candidata italiana, palazzo Chigi era pronto a lanciare Massimo D’Alema.  

 

Un’indiscrezione vissuta dallo stesso D’Alema come un colpo basso, un modo poco diplomatico di portare avanti la candidatura di un ex presidente del Consiglio, anzi qualcosa di peggio: palesare la candidatura significava bruciarla. Tanto è vero che proprio D’Alema spediva a Renzi un sms: «Vedo che mi usi come uomo nero, o meglio come uomo rosso, per far passare la tua amica Mogherini. E questo non è bello».

 

Corrispondenza privata che finiva sui giornali. E d’altra parte in quelle stesse ore palazzo Chigi registrava sull’ex premier il no di alcune cancellerie europee: quella tedesca, ma anche quelle dell’Est europeo. E lo stesso D’Alema non dava mostra di meravigliarsi più di tanto per questi veti nel corso di un intervento pubblico, che in quelle ore sfuggiva ai principali media.

Gianni Pittella Gianni Pittella

 

Intervenendo alla Festa dell’Unità di Sarzana, D’Alema diceva: «Ho letto che ci sarebbero resistenze, non mi sorprende perché in certi ambienti europei sono considerato troppo di sinistra. D’altra parte io sono troppo favorevole alla pace con i palestinesi, ho portato all’Onu la risoluzione contro la pena di morte con l’opposizione americana...». 

 

Con lo stile del primo D’Alema, quello che attaccava e si difendeva senza le asperità intervenute negli ultimi anni, l’ex premier indicava i suoi oppositori: Israele e Stati Uniti, gli stessi peraltro che si erano opposti - naturalmente in modo non esplicito - alla sua nomina ad Alto rappresentate per la politica estera già 5 anni fa. 

 

2. IL SUICIDIO DIPLOMATICO DELLA MOGHERINI

Stefano Sansonetti per “Il Giornale

 

Un incidente diplomatico che il governo guidato da Matteo Renzi sta disperatamente provando a tenere nascosto. La realtà è che qualche giorno fa l'esecutivo ha compiuto un passo falso grave, che apre squarci inediti sulle ragioni che hanno stroncato la corsa del ministro degli Esteri, Federica Mogherini, alla poltrona di Alto rappresentante per gli affari esteri dell'Unione europea.

 

JUNCKER JUNCKER

Cosa succederà adesso, visto che proprio ieri il neo presidente della Commissione Ue Jean Claude Juncker ha chiesto a tutti i 28 Paesi Ue di mettere le carte in tavola e indicare i nomi dei candidati entro la fine del mese? La maggioranza delle cancellerie ha già risposto, l'Italia ancora no.
 

Il pasticcio dell'esecutivo al momento coinvolge quattro paesi: Italia, Francia, Azerbaigian e Armenia. Ma le sue ripercussioni si stanno facendo sentire anche sull'Unione europea. Senza contare che l'affaire è legato a doppio filo a enormi interessi economici che ruotano intorno al gas.

 

Come è in grado di dimostrare la documentazione in possesso del Giornale, tutto nasce da un accordo economico-politico firmato lo scorso 14 luglio a Roma da Renzi e dal presidente dell'Azerbaigian Ilham Aliyev, in visita in Italia proprio quel week end. Tecnicamente parliamo di una Joint declaration on strategic partnership, in pratica una dichiarazione congiunta con cui Italia e Azerbaigian avviano e allargano tutta una serie di rapporti, soprattutto in campo economico.

 

ANGELA MERKEL PUNTA IL DITINO ANGELA MERKEL PUNTA IL DITINO

Questo atto, però, contiene un passaggio che fa andare su tutte le furie un paio di paesi, di cui uno europeo: la Francia. Da noi la questione passa totalmente sotto silenzio, nel tentativo di mettere una pezza che per ora è peggio del buco. Si dà il caso che nel Caucaso da decenni siano in corso tensioni di non poco conto tra Azerbaigian e Armenia, concentrate intorno alla cosiddetta guerra del Nagorno-Karabakh. Per i due paesi asiatici è questione di sensibilità assoluta, al punto che anche la Ue ha preso posizione sulla vicenda richiamandosi a una sorta di neutralità.

 

Ebbene, al punto 2 lettera «A» della dichiarazione congiunta, Italia e Azerbaigian scrivono di voler stabilire «una più stretta cooperazione per una pacifica risoluzione del conflitto Nagorno-Karabakh sulla base della sovranità, integrità territoriale e inviolabilità dei confini della repubblica dell'Azerbaigian». È vero che subito dopo si fa riferimento alle risoluzioni Onu sul tema e ai documenti Osce (Organizzazione per la sicurezza e cooperazione in Europa), ma le parole usate sono sembrate alle diplomazie estere uno schierarsi dalla parte degli azeri.
 

Ilham Aliyev Ilham Aliyev

I primi ad andare su tutte le furie sono stati gli armeni, per i quali il tenore del passaggio incriminato è del tutto inaccettabile. Ma il paese più arrabbiato è la Francia, per almeno due ordini di ragioni. Innanzitutto il paese transalpino, insieme a Russia e Stati Uniti, guida il Gruppo di Minsk, ossia quella struttura creata all'interno dell'Osce proprio per trovare una soluzione pacifica al conflitto del Nagorno-Karabakh. E poi in Francia vivono e votano milioni di armeni. Insomma, un rapporto più che consolidato.

 

E qui bisogna fare attenzione alle date. Il 14 luglio viene firmato l'accordo congiunto Italia-Azerbaigian, il 16 luglio a Bruxelles Renzi riceve il sonoro schiaffone rappresentato dalla bocciatura della Mogherini. Ufficialmente c'è l'opposizione di alcuni paesi dell'Est che accusano la ministra di essere troppo filo-russa, ma in realtà il nervosismo francese si taglia a fette. E forse non è un caso che Renzi stesso, dopo quel mercoledì 16 luglio, ripeta come un mantra che il presidente francese Francois Hollande vuole a tutti i costi un Alto rappresentante della politica estera Ue che viene dal Partito socialista europeo. Un tentativo di far passare Hollande come nostro alleato nella partita.
 

GASDOTTO TAP DALL AZERBAIGIAN ALLA PUGLIAGASDOTTO TAP DALL AZERBAIGIAN ALLA PUGLIA

E arriviamo al 18 luglio, con l'Italia che cerca di mettere una pezza. Due note identiche delle ambasciate italiane a Baku (Azerbaigian) ed Erevan (Armenia) spiegano che a proposito della dichiarazione congiunta «l'Italia crede necessario chiarire il suo attuale obiettivo, per prevenire interpretazioni che non riflettono la posizione del governo italiano». La dichiarazione, si legge subito dopo, «non è diretta contro nessun altro partner dell'Italia» e «non vuole interferire con i negoziati in corso diretti alla risoluzione del conflitto del Nagorno-Karabakh».

 

Infine «l'Italia conferma la propria fiducia negli stessi negoziati» e «nelle azioni portate avanti da Francia, Russia e Stati Uniti», ovvero i paesi che guidano il Gruppo di Minsk. Il cerchio così si chiude, e il 18 luglio le nostre ambasciate devono fare le capriole per arginare il contenuto esplosivo dell'atto firmato da Aliyev e Renzi. Con il primo che già sventola nel suo paese l'accordo presentandolo come un importante risultato politico, mentre noi stiamo ancora discutendo della bontà di un atto che abbiamo firmato ma non ancora ufficializzato. Un disastro totale.

GASDOTTI NABUCCO NORTH E SOUTH STREAM GASDOTTI NABUCCO NORTH E SOUTH STREAM

 

Sullo sfondo ci sono le enormi pressioni che l'Azerbaigian sta facendo sull'Italia per la costruzione del Tap (Trans Adriatic Pipeline), ovvero il gasdotto che dovrebbe portare il gas dal Caspio alla Puglia passando per Turchia e Grecia (e che dovrebbe fare concorrenza al South Stream, l'altro gasdotto in cui sono coinvolte Eni e Gazprom). Del resto la stessa dichiarazione congiunta cita il Tap in un passaggio.

 

Partita delicata, con l'Italia che a quanto pare sponsorizza il legame con l'Azerbaigian soprattutto attraverso Armando Varricchio, consigliere diplomatico di Renzi che in molti indicano come il gestore di tutta la partita. Intanto Renzi ieri ha incontrato per oltre un'ora, a Palazzo Chigi, Massimo D'Alema. E il capogruppo socialista a Bruxelles Gianni Pittella ha chiarito il punto: «La nostra candidata è la Mogherini, altrimenti c'è D'Alema». E Juncker aspetta.

 

 

armando varricchio armando varricchio

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