METTI UN MALTESE ALL’EUROPARLAMENTO – L’INFERNALE MACCHINA DEGLI EUROBUROCRATI TI PERMETTE DI FARE L’ASSENTEISTA PER CINQUE ANNI E FARTI RIVEDERE ALLA PROSSIMA CAMPAGNA ELETTORALE

Curzio Maltese per “Il Venerdì di Repubblica

curzio maltesecurzio maltese

 

Bruxelles. La prima sorpresa da cittadino infiltrato nel Parlamento europeo è che in realtà, volendo fare sul serio, si lavora moltissimo. Le giornate a Bruxelles, sede di gruppi e commissioni, e ancora di più al Parlamento di Strasburgo grondano appuntamenti, riunioni, votazioni, dossier da studiare, relazioni tecniche da compulsare o comporre.

 

Non bastasse, c’è la fatica di fronteggiare a petto nudo l’infernale macchina degli euroburocrati, un esercito di funzionari abilissimi nel complicare qualsiasi cosa, dall’accesso a internet alla richiesta di una copia di chiavi. Da settimane penso a due idoli della mia giovinezza milanese, che ho anche conosciuto bene. Uno era il grande Beppe Viola, che mi raccontava della Rai e degli uffici preposti alla complicazione delle cose troppo semplici. L’altro è Enzo Jannacci e una delle sue frasi geniali: «Ora mi toccherà imparare il belga».

martin Schulz martin Schulz

 

Perché qui certi giorni è proprio come dover imparare una lingua complicata che nella realtà non esiste: il belga. Ma come, si dirà, il Parlamento europeo non era il buen retiro dei Mastella di tutta Europa? Naturalmente per qualcuno o molti lo è ancora. Per chi non ha intenzione di disturbare i manovratori, il seggio di Strasburgo è una magnifica vacanza. Tutto incoraggia in tal senso. A cominciare appunto dalla celebre burocrazia europea.

 

I funzionari di Bruxelles sono feroci con chi si è messo in testa di fare il proprio lavoro, ma appena mostri segni di cedimento, di stanchezza e disinteresse, appena insomma fai il gesto di alzare bandiera bianca, stremato dall’ennesima pratica da compilare, allora diventano amabili, gentilissimi, perfino un po’ complici. Insomma ti accolgono finalmente nel novero di quelli che hanno capito come funziona il mondo.

 

La verità è che da decenni si combatte in Europa una sorda guerra a colpi di regolamenti e carte bollate fra i burocrati di Bruxelles, che si sentono non a torto i veri padroni di casa, e gli eletti dal popolo, visti come un fastidioso intralcio democratico al corretto funzionamento della macchina. Se proprio uno ci tiene a disturbare i conducenti, deve darsi parecchio da fare, circondarsi di collaboratori capaci e partire lancia in resta contro i mulini a vento. Altrimenti nessuno t’impedisce di fare l’assenteista per cinque anni e farti rivedere alla prossima campagna elettorale.

nigel faragenigel farage

 

Fra le altre curiosità che avevo da cittadino, me ne sono subito tolto una: i soldi. Quanto guadagna un europarlamentare? Circolano cifre discordanti, da 10 mila a 20 mila euro. Dipende dal grado di populismo del giornale. Ora finalmente lo so, mi basta guardare il mio stipendio.

 

A differenza del Parlamento italiano, dove privilegi e prebende non tassate costituiscono la gran parte del tesoretto personale – com’è stato costretto a rivelare in ultimo Giancarlo Galan – in Europa il calcolo è semplicissimo e assai trasparente. Un europarlamentare ha uno stipendio mensile di 6.200 mila euro, più un budget massimo di 4.300 euro di spese generali d’ufficio (affitto e bollette d’ufficio, cancelleria, computer ecc.) da giustificare come tali nei minimi dettagli. I controlli sulle spese d’ufficio sono molto severi e negli ultimi tempi sono caduti in scandali e scandaletti un po’ tutti, dal presidente del Parlamento, il tedesco Martin Schulz, fino al simbolo dell’antieuropeismo Nigel Farage.

GIANCARLO GALAN GIANCARLO GALAN

 

Questo regime è in vigore da pochi anni. Prima erano i Parlamenti nazionali a stipendiare i deputati, col risultato che gli italiani guadagnavano anche dieci volte più di lituani o polacchi. Ora lo stipendio è uguale per tutti. Sempre grazie alla finanza creativa di italiani e non solo, sono rigidamente controllate anche le spese per i viaggi a Bruxelles e a Strasburgo, dietro presentazione di carta d’imbarco.

 

Enzo JannacciEnzo Jannacci

Ai bei tempi, si fa per dire, molti parlamentari prendevano i voli Ryanair (90 euro andata e ritorno) e si facevano rimborsare la business Alitalia (1.200 euro), questo per tre o quattro volte al mese. Fate voi il calcolo. Nel complesso si potrebbero risparmiare molti altri soldi, almeno 200 milioni l’anno, se Parlamento e commissioni avessero come unica sede Bruxelles. Abolendo insomma l’inutile e magniloquente Parlamento di Strasburgo, ideato da un architetto con alcuni problemi, come si evince dalla forma ispirata alla feluca di Napoleone. Purtroppo lo sciovinismo francese continua a porre veti all’unificazione delle sedi.

 

Anche così comunque un europarlamentare costa al contribuente un sesto di un parlamentare italiano. Questo spiega perché da noi, fra tante chiacchiere sui costi della politica, non si pensa di fare la cosa più semplice e onesta: pagare senatori e deputati quanto un parlamentare europeo.

 

LUIGI DI MAIO E BEPPE GRILLO LUIGI DI MAIO E BEPPE GRILLO

Come si potrebbe tranquillamente decidere in una settimana qualsiasi, dando un dispiacere a Beppe Grillo, ma anche a troppi altri. Sistemati i conti con l’antipolitica, rimangono quelli con la politica: a che diavolo serve un parlamentare europeo? Dal momento che tutto il potere reale è nelle mani di istituzioni non elette da nessuno, come la famigerata trojka, e il Parlamento europeo non ha potere legislativo, che cosa rimane da fare a un eurodeputato? Non sarebbe stato meglio continuare a fare il giornalista e basta, un mestiere sempre meno importante, ma che almeno ha un potere di denuncia?

 

Sono domande che mi accompagnano dai primi giorni a Bruxelles, dove ho incontrato decine di politici dei quali non avevo notizie da anni. E mi sono detto: toh, ecco dov’erano finiti, al Parlamento europeo. Come in un film di Polanski, mi sono rivisto sdoppiato e dall’altra parte, fra cinque anni, con gli occhi di un neoeletto che m’incontra nei labirinti del Palazzo Spaak e chiede al vicino: ma quello non era quello di Repubblica?

alexis tsipras parla alla festa di sel  alexis tsipras parla alla festa di sel

 

Sono uscito da questi cattivi pensieri grazie a una speciale categoria della fauna di Bruxelles, probabilmente la peggiore: i lobbisti. Secondo una vecchia statistica, a Bruxelles ci sono sette lobbisti per ogni parlamentare, ma nel frattempo la quota pare sia salita a dieci. Io sono stato avvicinato da quattro o cinque lobbisti soltanto nelle prime settimane di mandato.

 

Emissari e funzionari di multinazionali, grandi banche e istituti finanziari, amministrazioni locali eccetera, la cui missione, assai ben retribuita, è quella di influenzare i singoli parlamentari su singole questioni, a prescindere dall’appartenenza politica. Se io alle prime armi, senza incarichi ufficiali e dentro un gruppo di opposizione (la sinistra radicale) sono oggetto di attenzione quasi ossessiva, figurarsi che cosa succede a quelli dotati di veri poteri di governo.

 

In ogni caso è escluso che le multinazionali buttino via i soldi che costa mantenere lussureggianti lobby a Bruxelles e a Strasburgo, quindi significa che i parlamentari a qualcosa servono. Mi auguro di scoprire presto a che cosa. Aggiungo che le lobby non sono tutte cattive, ve ne sono alcune buone. Per esempio le associazioni umanitarie, quelle che difendono i diritti dei rifugiati o i comitati antimafia, per dire.

alexis tsipras parla alla festa di sel alexis tsipras parla alla festa di sel

 

La differenza è che mentre quelle «buone» sono favorevoli a un registro ufficiale delle lobby, come esiste negli Stati Uniti, dal quale i cittadini possono sapere chi incontra chi e per che cosa, le lobby «cattive» vi si oppongono da decenni. Con successo e con la complicità delle istituzioni europee. Il motivo è piuttosto ovvio. Se i cittadini sapessero qual è il vero oggetto di alcuni trattati, per esempio il Ttip, quello di libero scambio fra Stati Uniti ed Europa, magari non ne sarebbero tanto contenti.

 

Un’altra prova indiretta dell’esistenza reale del Parlamento europeo è la massa d’impedimenti messi in campo per scongiurare una libera discussione fra deputati al di là di questa o quella appartenenza politica. Nella mia ingenuità di cittadino, e non essendo né un politico di professione né tantomeno un ideologo di natura, ho pensato che su singoli temi, poniamo la pace in Palestina o l’acqua come bene comune o i diritti del lavoro o la pubblica istruzione o la tutela del patrimonio artistico, fosse relativamente semplice trovare un’intesa fra un parlamentare eletto nella Lista Tsipras, uno del Pd e magari un grillino di sinistra e perfino un centrista sensibile alle questioni sociali.

 

alexis tsipras all ingresso della festa di selalexis tsipras all ingresso della festa di sel

Oppure, per allargare lo sguardo al continente, fra un deputato di Syriza, uno del Sinn Fein, uno dell’Spd e un democristiano tedesco di buon cuore. Ora, in teoria questo è possibile. Ma in pratica, appena provi a lanciare l’idea di costruire un intergruppo, cioè un gruppo di lavoro fra parlamentari di diverso orientamento per trovare una soluzione concreta a un problema, la macchina ti sommerge di carte bollate. Mentre se rimani all’interno della tua area di appartenenza, Bruxelles ti finanzia qualsiasi gita in comitiva per inutili convegni, dove tutti sono d’accordo con tutti e la sera quindi possono andare alla svelta a festeggiare in ristoranti con le stelle Michelin.

 

Ultima nota, mezzo allegra e mezzo amara, che riguarda i ragazzi italiani. Bruxelles, come Parigi, Londra, New York e ormai ogni capitale del vasto mondo, pullula di giovani italiani di qualità eccelsa, intelligentissimi, bravi, svegli, all’infaticabile ricerca di un posto di lavoro nelle istituzioni europee, vantando curricula da paura.

alexis tsipras saluta curzio maltese (2)alexis tsipras saluta curzio maltese (2)

 

Non tutti ce la fanno, ma tutti sono uniti dalla convinzione che in Italia sarebbe ancora peggio e finirebbero stritolati dalla macchina antimeritocratica di un Paese che ormai odia i giovani, soprattutto se di talento. Ma siamo davvero rassegnati a perdere in questo modo la nostra meglio gioventù?

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