MENTRE TUTTO CROLLA, LE TRISTI GARE DI BURLESQUE DI TRE LEADER SENZA MAGGIORANZA

1. TRISTI GARE DI BURLESQUE
di Antonio Padellaro per Il Fatto


Mentre le agenzie di rating declassano l'Italia pronosticando scenari di "profonda" recessione, conseguenza del risultato "inconcludente" delle elezioni, la politica dà come sempre il suo fattivo contributo al bene del Paese e si porta avanti con il lavoro.

Bersani, l'unico leader politico al mondo che è arrivato primo alle elezioni riuscendo a perderle (dopo un altro voto sfortunato parlò, con ardita litote, di non vittoria) vuole a tutti i costi farsi un giro da premier, ambizione legittima se non fosse che non ha la maggioranza al Senato e neppure, così si dice, il convinto sostegno di Napolitano.

Egli avrebbe perciò escogitato un astuto stratagemma per aggirare il Colle e con ingegnosi artifici insediarsi a Palazzo Chigi alla guida di un governo a prevalenza Pd, ma zoppo e sfiduciato. Per farne cosa, mistero.

Intanto, plotoni di esimi giuristi, supportati nei grandi giornali dalle truppe speciali del dialogo, architettano un governo del Presidente in versione automatica poiché il Presidente a capo del governo del Presidente dovrebbe essere il Presidente medesimo. Semplice e geniale.

Ma l'arma segreta per dare finalmente un governo all'Italia sta per essere perfezionata in una sorta di gabinetto del dottor Caligaris dove un'équipe di scienziati cerca di mettere a punto il Premier Grillesco. Progettato per ottenere il prezioso gradimento di Beppe Grillo, questo portento riunisce il meglio della società civile e del primato professorale da Rodotà a Settis, a Zagrebelsky.

Una soluzione di eccellenza che unisce competenza e onestà. Purtroppo il caro leader a 5Stelle persiste in un atteggiamento sarcastico (coerente, del resto, con la sua conclamata vena comica), cosicché circondato da alcuni simpatici picchiatelli si diverte un mondo a respingere al mittente i prototipi con pretestuose motivazioni.

A questo punto uno potrebbe chiedersi che fine abbia fatto Berlusconi, che resta pur sempre il potente capo della destra italiana. Ebbene, inseguito dalla implacabile pm Boccassini, egli ha trovato rifugio in un ospedale amico dove, tuttavia, il suo tentativo di darsi malato è stato smascherato da una impietosa visita fiscale.

Una scena spassosa quella del miliardario simulatore che bene s'inserisce in un contesto burlesque, con la politica che si diverte a perdere tempo mentre tutto crolla. Certo, c'è sempre l'esempio del Belgio che senza governo è sopravvissuto benone per 500 giorni e più. In attesa delle prossime elezioni e del prossimo avanspettacolo.


2. IL COSTO DEL NON-GOVERNO: 23 MILIARDI -
Roberto Petrini per Repubblica

«Stallo», come nel finale di un film di Quentin Tarantino. Una situazione che rischia di costarci cara: se lo spread per ora sembra sopito, Fitch ha fatto la faccia feroce declassando ulteriormente l'Italia con la motivazione di «elezioni inconcludenti». E Moody's ha avvertito che è pronta alla revisione del rating. Del rischio dovuto al fattore tempo è consapevole anche il presidente della Repubblica che ha ammonito: «La crisi non aspetta».

I costi del non-governo già si affacciano: la Cgia di Mestre li calcola in 23 miliardi, mentre la Uil Servizio politiche territoriali denuncia la prima stangata del 2013 per le addizionali Irpef regionali e comunali fin dalla busta paga di marzo.

Sommersa dalla polvere della polemica, la crisi economica è sempre più aspra. L'Italia è tra i pochi Paesi europei che potrebbe chiudere l'anno in forte recessione (dal meno 1 previsto dalla Ue al meno 1,8 stimato da Fitch). Senza un pilota nella cabina di comando.
L'anticipo delle elezioni ha provocato una pericolosa sovrapposizione tra la formazione del governo, l'elezione del Presidente della Repubblica e le importanti scadenze europee e di bilancio della primavera.

Il 10 aprile dovrà essere presentato il Documento di economia e finanza, check up strategico per i conti pubblici che fornisce indicazioni su una eventuale manovra: anche ammesso che la cura Monti non abbia lasciato crepe, bisognerà rifinanziare alcune spese (dal miliardo per la cassa integrazione in deroga alle missioni militari) e alcuni parlano di un totale di 7 miliardi.

L'agenda dell'Unione è ancora più impegnativa: la prossima settimana il Consiglio europeo fisserà le priorità delle politiche economiche del 2013: un appuntamento che sarà gestito dal governo in carica, ma Monti ha già sentito il bisogno di convocare i partiti per una verifica. A fine aprile l'esecutivo dovrà presentare al Parlamento e a Bruxelles il Programma di stabilità, dove si prendono impegni sulla sostenibilità dei conti pubblici, e il Programma nazionale di riforme.

E che dire di provvedimenti lasciati a metà strada come quello che dovrebbe estendere la riforma pensionistica Fornero a forze armate e di polizia e il cui decreto attuativo giace in Parlamento? Oppure della delicata partita delle nomine che a metà aprile dovrebbe investire Finmeccanica, Ferrovie e Cassa Depositi?

Ma la partita più grossa è quella delle tasse. Buona parte della campagna elettorale si è giocata sulla riduzione di Imu, Irpef, Iva e Irap, tant'è che l'insieme delle proposte - è stato calcolato - avrebbe toccato i 135 miliardi. Invece, in assenza di governo, le promesse non possono essere attuate e le stangate fiscali camminano inesorabili.

Nella busta-paga di marzo avremo il primo assaggio: la Uil Servizio politiche territoriali ha appurato che il saldo-acconto Irpef comunale e regionale quest'anno registrerà un rincaro del 13,3 per cento rispetto al 2012 per via degli aumenti decisi da sindaci e governatori. A grandi passi si avvicina la prima rata dell'Imu: il 18 giugno, tra tre mesi, un battito d'ali per chi ha a che fare con il bilancio familiare, si pagherà un acconto per un totale di 11,6 miliardi.

Neanche due settimane e la mazzata replicherà: dal primo luglio è previsto un nuovo aumento dell'Iva che passerà, in assenza di interventi, dal 21 al 22 per cento per un impatto totale sulla seconda metà dell'annodi circa 2 miliardi. Senza contare la Tares, la nuova tassa dei rifiuti, per la quale in luglio è previsto un acconto pari a 4 miliardi. Un costo del non-governo che sommato ad altri impegni elettorali, come la riduzione dell'Irap e i pagamenti arretrati dello Stato alle imprese, provocherebbe - secondo la Cgia di Mestre - un danno
da 23 miliardi di euro.

 

 

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