1- IL MONTI BISCIONATO NESSUNO SE LO ASPETTAVA. E “REPUBBLICA” PASSA ALL’OPPOSIZIONE 2- AH, DESTINO CINICO E BARO: RIGOR MONTI, PARTORITO ED IMPOSTO PER FAR FUORI IL CAVALIERE INFOJATO, HA REALIZZATO IN POCHE SETTIMANE I PUNTI DEL PROGRAMMA CHE IL BANANA NON ERA RIUSCITO A PORTARE A TERMINE, MENTRE CDB E SCALFARI PENSAVANO CHE I BOCCONIANI FOSSERO UNA REPLICA DI GOVERNI TECNICI ALLA AMATO, ALLA CIAMPI 3- SCALFARI SPIAZZATO, EZIO MAURO IRATO: “MONTI HA APERTO UNA FAGLIA, UNA FRATTURA CHE VIENE IMPORTATA PER INTERO, PANTOGRAFATA, NELLE DUE ANIME DEI DEMOCRATICI” 4- NELLA NEVROSI CHE PERVADE “REPUBBLICA”, PASSERA È UN PROBLEMA NEL PROBLEMA. AMATO DA SCALFARI, DETESTATO DA CDE BENEDETTI, DEFINITO DALL’ESPRESSO “CANDIDATO A PREMIER DI COMUNIONE E LIBERAZIONE”, CORRADINO HA VISTO PRECIPITARE LE QUOTAZIONI DOPO LA FAGLIA SULL’ARTICOLO 18, RIFORMA INUTILE E DELETERIA PER CDB

Da "il Foglio"

Riunione di redazione senza fronzoli ieri a Repubblica (Rep.) dopo la disfatta della Cgil e del Pd quasi esautorati da Mario Monti ed Elsa Fornero sulla riforma del lavoro. Tensione da war room, anche se Ezio Mauro (d'ora in poi EM) ha scelto toni da scuola di partito sviscerando subito il problema dal punto di vista di Largo Fochetti: "Monti ha aperto una faglia, una frattura che viene importata per intero, pantografata, nelle due anime dei democratici".

Nulla nelle parole è lasciato al caso, non l'analisi delle due anime democrat ("che chiameremo l'una laburista, l'altra di cultura governativa e montiana"), e soprattutto non la conclusione: "Per Bersani e il Pd siamo alla prova del nove. Se è in grado di tenere al proprio interno, rimettere in gioco la Cgil e svolgere il suo ruolo di rappresentanza in Parlamento...".

Otto minuti su 12 di questo tenore, ravvivati solo dalla voce dal sen fuggita del capo del politico, Pietro Visconti, che la fa spiccia: "Là dentro ci sono quelli come Ichino che dicono che la riforma è vicina alle loro idee, e quelli come Fassina che parlano apertamente di sapore di governo berlusconiano". Al che il direttore ha un guizzo, un lampo nello sguardo: il suo caporedattore sta dicendo ciò che magari avrebbe volentieri detto lui. Ma ancora non si può.

E' tabù, benché sia tempo di tabù infranti e da infrangere come ha profetizzato, partendo dall'articolo 18, nelle due fondamentali righe finali dell'editoriale espressamente citate da EM il vicedirettore Massimo Giannini (d'ora in poi MG): "Caduto un tabù può cadere anche un governo". Sopra, intorno e dentro Rep. divampa sempre più la dialettica tra gli ultimi montiani, gli a-montiani e gli antimontiani.

Il problema, come è noto, è che il Fondatore è tuttora montiano, benché nell'editoriale di domenica abbia un po' sottilizzato ma solo sul contorno, mentre sulla sostanza ha sposato la causa governativa del "fare la Tav", nonché della discesa rapida dello spread: "Dito medio per lo spread e dito medio per il mercato", è l'incipit scandalizzato del domenicale scalfariano. "Dito medio per le banche e dito medio per la Tav. E infine dito medio per la politica, i partiti, la casta. La Repubblica parlamentare deve scomparire e deputati e senatori insieme con lei".

"Il popolo sovrano - ha aggiunto Scalfari - non delega ma decide direttamente con lo strumento del referendum". Pare di sentire la denuncia anti sfascista di Monti, ma anche di Corrado Passera (a proposito di tabù). La conclusione è inequivocabile: Scalfari è per "mobilitare tutti coloro che hanno in mente un altro destino per l'Italia e per l'Europa. Noi siamo con loro e speriamo di farcela".

Quanto allo spread, "scenderà ancora e ne avranno beneficio le imprese, la produzione, l'occupazione". E qui "la faglia viene importata, pantografata" tra Fondatore, direttore ed editore. Ieri EM ha detto: "Il governo voleva fin dall'inizio lo scalpo del maggiore sindacato da esibire ai mercati". Ma sempre ieri il Fondatore sul sito di Rep. ha lodato la riforma del lavoro, "molto positiva" e a favore dei giovani.

Quanto a Carlo De Benedetti (d'ora in poi CDB), restano agli atti l'intervista al talk show santoriano "Servizio pubblico": "Le liberalizzazioni di Monti sono all'acqua di rose"; e soprattutto l'organizzazione, il finanziamento e la partecipazione in prima fila al convegno di Libertà e Giustizia al teatro Smeraldo di Milano, nel quale contro Monti se ne sono sentite di tutte. Ed è aleggiato il dito medio che non piace a Scalfari.

La faglia politico-proprietaria di Rep., così pantografata, fa passare in secondo piano l'analisi nel merito delle riforme. Eppure il giornale ha reclutato una schiera di vigorose firme liberiste: da Alberto Bisin, professore alla New York University e animatore del sito Noisefromamerika, che accusava il Cav. di liberismo parolaio e poco fattuale; ad Alessandro De Nicola, presidente di Adam Smith Society; per non parlare di Alessandro Penati e Tito Boeri, apprezzate firme d'impronta liberista.

Ma almeno in prima battuta l'esame in chiave economica ha ceduto totalmente alla ragion politica pantografata all'interno del Kombinat Pd-Cgil. Per cui sull'argomento liberalizzazioni valgono sempre le considerazioni di CDB: che oltre all'acqua di rose di Monti prendono di mira il ministro dello Sviluppo, Corrado Passera. La sua decennale esperienza di top manager di Cir, Mondadori, Olivetti e dello stesso Espresso è così stata liquidata da CDB: "Era un ragazzo di 26 anni, aveva mancato la promozione a partner della McKinsey, era un po' depresso, mi era stato presentato dal suo capo. Bilanciava il mio temperamento focoso: lui era democristiano".

Nella nevrosi che pervade Rep., Passera è un problema nel problema. Garantito dal Fondatore, con il quale resta l'amicizia, gratificato di intervista sistemica da MG, definito però dall'Espresso "candidato a premier di Comunione e Liberazione", il ministro ha visto precipitare le quotazioni dopo la faglia sull'articolo 18, riforma inutile e anzi deleteria per CDB. I retroscenisti di Largo Fochetti lo descrivono protagonista di una "battaglia dietro le quinte giocata dalla Confindustria con tutte le sue sponde nel governo, da Passera al viceministro dell'Economia Vittorio Grilli".

Ma, riferiscono le voci interne a Rep., il cortocircuito non finisce qui: "Dopo anni di asse con il Quirinale, non si sa come giudicare Giorgio Napolitano. Ed è sempre più forte il timore che Monti realizzi in poche settimane i punti del programma che il Cav. non era riuscito a portare a termine, mentre CDB e Scalfari pensavano che i bocconiani fossero una replica di governi tecnici alla Amato, alla Ciampi, perfino alla Dini. Tutta gente alla quale si dava del tu, specie i primi due.

Con l'illusione che la traiettoria di Monti potesse infine essere pilotata da terra, come dal ground control di Houston, alla stessa maniera di quella di Oscar Luigi Scalfaro, un perfetto conservatore finito, dal Quirinale, a fare l'ultrà dell'antiberlusconismo". Il Monti non anti Cav., o addirittura post Cav., nessuno se lo aspettava. Il più spiazzato è il Fondatore, il più rassegnato è EM, ormai desideroso di lasciare il timone a quello che in tempi normali sarebbe stato l'erede logico, vale a dire MG.

Ma ora siamo in nuova emergenza democratica, e CDB è alla ricerca di qualcosa di forte. Del resto l'editore del gruppo, che pensa anche che l'opposizione hard renda di più, lo ha detto: "La gente vuole uscire da questo periodo. Chiede novità. Dice il manifesto di Libertà e Giustizia: dipende da noi".

 

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