1. IL PIANO A E PURE IL PIANO B DEI TALEBANI DI BERLUSCONI IN CASO DI CONFERMA DELLE SENTENZE MEDIASET DA PARTE DELLA CASSAZIONE. ENTRAMBI CLAMOROSI, CON PESANTI RIPERCUSSIONI SUL GOVERNO E SULLA CONDIZIONE ECONOMICA DI UN PAESE IN GINOCCHIO 2. PIANO A: DEPUTATI E SENATORI DOVREBBERO IMMEDIATAMENTE PRESENTARE LE PROPRIE DIMISSIONI PERSONALI PRESSO LE SEGRETERIE GENERALI DI CAMERA E SENATO, CON LO SCOPO DI PROVOCARE UN CORTO CIRCUITO AL SISTEMA PARLAMENTARE 3. PIANO B: IL RITIRO DELLA DELEGAZIONE PDL DAL GOVERNO E LA REVOCA ALLA MAGGIORANZA 4. IN AMBEDUE I CASI, E’ CERTA LA DIASPORA DEL PDL CON DUE REALTÀ DI CENTRO DESTRA. DA UNA PARTE. DALL’ALTRA, DIMISSIONI DI RE GIORGIO E VIA LIBERA A ROMANO PRODI

DAGOREPORT

Ecco il piano A e pure il piano B dei talebani di Berlusconi Silvio in caso di conferma delle sentenze Mediaset da parte della Cassazione. Entrambi clamorosi, con pesanti ripercussioni sul governo e sulla maggioranza e sulla condizione economica di un paese in ginocchio. Ecco quanto si sta preparando, prendendolo alla lontana perché è necessario ricostruire tutto il contesto.

Nel Pdl è tutto un ribollire di ipotesi, congetture, iniziative, reazioni, dubbi. Ma non pochi sono coloro i quali ripetono ancora sottovoce che "bisogna riconoscere che ormai il problema è Silvio". Naturalmente tale dubbio è presente nella stragrande maggioranza del popolo di centro destra, sia a Roma che in periferia e naturalmente, tale indirizzo è condiviso, temuto o contrastato a seconda delle sensibilità interne al partito.

Non a caso, i falchi di recente più propriamente battezzati talebani, sono in seduta permanente e fanno sentire forte la propria presenza e il proprio calore al leader silenzioso e pensoso, dichiarandosi pronti a mettere a ferro e a fuoco parlamento e Paese con iniziative clamorose.

I neo talebani come prima clamorosa iniziativa stanno verificando uno per uno (riscontrando consensi ma anche perplessità, ritrosie e contrarietà) con i deputati e i senatori una circostanza precisa: se il 30 la Cassazione conferma senza rinvio le sentenze Mediaset, deputati e senatori dovrebbero immediatamente presentare le proprie dimissioni personali presso le segreterie generali di Camera e Senato, con l'intendimento di provocare un corto circuito al sistema parlamentare.

Una iniziativa clamorosa che stuzzica la pancia del Cav guerrigliero e battagliero ma che contrasta con gli interessi dello stesso, con il buonsenso, con la tattica e la strategia politica e, soprattutto, con la realtà.

Ma se questa dovesse essere davvero l'indicazione dei Verdini, delle Santanchè, dei Capezzoni, dei Bondi, e forse anche degli Schifani, e chi più ne ha più ne metta, ci troveremmo di fronte con tutta probabilità ad uno dei più grandi movimenti di insubordinazione ai propri leader della storia del nostro Parlamento: sarebbero troppi infatti i deputati e i senatori che non seguirebbero questa linea, provocando a quel punto una diaspora definitiva del fronte berlusconiano e facendo sì che la separazione realizzi anche due realtà di centro destra, una più filo governativa capeggiata dai Lupi e dagli Alfano (per quanto ammaccato), ma soprattutto da gente come Fitto Raffaele che non ne può più né di Verdini né di Alfano e che può contare su di una discreta base parlamentare.

I tre si intesterebbero a quel punto un contenitore moderato ripulito dall'ala giudiziaria che provoca sin dall'inizio di questa esperienza governativa violenti mal di pancia nel Pd, facendo così un grande favore a Letta Enrico che vedrebbe d'un tratto azzerati gli argomenti dal fronte del centro sinistra ostili alle larghe intese e all'ingombrante rapporto con il Cav.

Insomma un clamoroso autogol che spingerebbe Berlusconi Silvio e il suo manipolo sempre più su posizioni alla Le Pen lasciando ad altri una prateria centrista o, meglio, centrale che immediatamente guarderebbe con interesse al futuro post berlusconiano per esserne protagonista e per condizionarne le scelte.

Tutto ciò mentre il governo Letta nipote dopo pericolosi sobbalzi agostani e dopo numerosi giri che sarà costretto a fare sulle montagne russe della politica italiana ne uscirebbe rafforzato, anche e soprattutto in virtu' del fatto che a quel punto si staglierebbe nell'orizzonte politico italiano le sembianze di un neo centro-sinistra (col trattino) moderno e fuori dalle logiche più rigide dei due schieramenti, evento che potrebbe far prendere al disastrato paese nostro una rotta verso lidi più tranquilli.

Insomma, d'un colpo solo la formidabile intuizione dei talebani del Pdl determinerebbe un sostanziale cambiamento nel sistema politico che finora nessuno ha mostrato di essere in grado di realizzare.

Nel caso in cui Berlusconi Silvio impedisse tale iniziativa temendo un flop o un suo fallimento, i talebani hanno pronto il piano B e lo hanno già spiegato bene al Cavaliere in attesa del Palazzaccio: il primo agosto dopo una delle solite finte riunioni del fantomatico ufficio di presidenza del Pdl dove ormai vengono invitati solo i famigli, un documento politico annuncerebbe il ritiro della delegazione pdl dal governo e la revoca dell'apporto parlamentare alla maggioranza. Un vero e proprio terremoto.

Ma qui iniziano i problemi, e soprattutto le domande: siamo sicuri che tutti i ministri del Pdl si dimetterebbero? Siamo sicuri che tutti i viceministri e sottosegretari si dimetterebbero? Siamo sicuri che i gruppi parlamentari Pdl di Camera e Senato rimarrebbero compatti e inermi di fronte alla circostanza che il pifferaio rischia di condurli verso il baratro? Siamo sicuri che dalle costole del Pdl non nascerebbero immediatamente nuovi gruppi parlamentari sia alla Camera sia al Senato?

Tuttavia, mentre la politica cercherebbe di rispondere a queste domande il nipote di Letta Gianni dovrebbe in ogni caso, immediatamente, riprendere la sua amata Vespa e salire immediatamente al Colle ovvero recarsi sull'arco alpino per rassegnare nelle mani del presidente della Repubblica (che lì trascorre le vacanze) le proprie dimissioni essendo venuta meno, almeno sulla carta, la maggioranza sui era nato il suo governo.

Ma Re Giorgio II ha anch'egli un piano pronto: le dimissioni non sarebbero accolte ed il presidente del Consiglio Letta verrebbe immediatamente invitato a presentarsi davanti alle Camere per verificare nell'unico luogo titolato per farlo se il suo governo ha ancora la maggioranza.

E nel presentarsi alle Camere in questo quadro confuso e con il Berlusconi Silvio definitivamente sulla via del tramonto si potrebbe realizzare in modo quasi indolore un nuovo miracoloso mutamento del quadro politico nazionale: il governo Letta, o quello che ne rimarrà dopo le eventuali dimissioni di qualche ministro o sottosegretario si troverebbe con una larga maggioranza alla Camera e al Senato frutto della non condivisione di un percorso suicida che nelle intenzioni dell'ala talebana del Pdl dovrebbe portare alle elezioni politiche anticipate, cosa cui ovviamente tutti i deputati e i senatori, nessuno escluso, proprio non vogliono. Dunque, anche in questo caso diaspora del Pdl.

Ma c'e' chi ragiona che anche questa ipotesi possa per qualche motivo fallire nel qual caso, ormai lo sanno anche le pietre il presidente del Consiglio dimissionario on Lettaenrico la mattina sarebbe invitato a rimanere in carica per gli affari correnti da un pres della repubblica nel pieno della sua legittimità e dei suoi poteri.

Ma la sera dello stesso giorno a reti unificati Re Giorgio II spiegherebbe al paese le ragioni delle sue irrevocabili dimissioni da presidente della repubblica essendo irrimediabilmente venute meno le ragioni sulla base delle quali egli aveva accettato la rielezione, non a caso chiaramente chiaramente condizionata ad una serie di circostanze esplicitamente espresse davanti al Parlamento in seduta comune all'atto del suo insediamento.

Talche' ci troveremmo di fronte a tale situazione: dimissioni del presidente della Repubblica, governo in carica per gli affari correnti, una condizione politica inedita per il nostro paese. Ed il parlamento sarebbe chiamato a procedere con ordine secondo la costituzione: il primo atto diverrebbe dunque quello di eleggere un nuovo capo dello Stato, e non ci vuole certamente il mago Merlino per immaginare che dopo tanti clamorosi autogol del Pdl, condito da tanta irresponsabilità nessuno sarebbe più in grado di sbarrare la strada ad un presidente della Repubblica che a quel punto avrebbe solo un nome e cognome. Prodi Romano, con tutto quello che si porterebbe dietro in termini di nuovo governo e di nuova maggioranza. Insomma una waterloo per Berlusconi e i suoi talebani che sicuramente potrebbe anche appannare per le modalità in cui tutto ciò avverrebbe lo storico confronto con la waterloo di Napoleone.

 

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